Giovedì, a las cinco de la tarde, niente toro nell’arena, niente brividi, niente emozioni. Solo una noiosa e scontata apoteosi dei riti del provincialismo conservatore, anche se l’oggetto della riunione trattava il futuro della provincia. La presentazione della costituzione dell’Associazione temporanea di scopo (Ats) per l’implementazione del Masterplan 3c, spacciata per la pietra angolare sulla quale costruire il domani del nostro territorio, si è rivelata una fiera del già sentito, con qualche variante poco significativa sull’impianto di partenza. L’appuntamento si è caratterizzato per la prevalenza della forma sulla sostanza. Per l’affossamento delle aspettative di alcuni partecipanti. Per la delusione di constatare quello che doveva essere e non è stato. Non è. Forse, non sarà. La presentazione, più vicina ad una convention aziendale che a una comunicazione sobria, rigorosa e precisa, si è rivelata un momento per fidelizzare i dipendenti. Per motivare i promotori finanziari sul prodotto da piazzare. Per persuadere Comuni e associazioni della validità dell’investimento in Ats. Organizzata dall’Amministrazione provinciale con un format da evento epocale, l’adunata discreta e non oceanica, si è dimostrata il valzer delle pietanze riscaldate in una pentola Alessi. Spettacolo per sala parrocchiale, rappresentato al teatro Ponchielli. La scenografia, la scansione dei tempi, l’ordine di apparizione degli oratori, l’uso delle tecniche multimediali non sono servite a cancellare l’impressione di artefatto e di eccessivo. Un po’ come il villico vestito della festa, griffato, che al volante di una Porsche si reca in città convinto di essere fichissimo e di fare sfracelli, ma al primo contatto con i ganzi metropolitani è sgamato e mazziato. Tu vo fa l’americano, ma sì nato a Cremona. Renato Carosone insegna.
L’incontro non ha offerto molto di corposo e succulento. È stata riproposta la fotografia del territorio pubblicata dal Masterplan 3c nel maggio del 2019, con le relative azioni consigliate per sfruttare al meglio le potenzialità della provincia e quindi per rilanciarla. Un dejà vu vecchio di tre anni con alcuni aggiustamenti resi necessari dall’emergenza covid. Non sono state fornite tempistiche, cifre e indicazioni su chi fa che cosa. Un mare di parole, una dichiarazione d’intenti e l’illustrazione del modello organizzativo dell’Ats non hanno salvato l’appuntamento dall’essere quasi inutile. L’associazione avrà un comitato di gestione, un consiglio degli associati, tre team di progetto con relativo supporto scientifico e un quarto per il monitoraggio ed avanzamento lavori. Sconosciuti i costi per sostenere ambaradan e l’ammontare delle risorse raccolte con il versamento delle quote dei soci aderenti all’iniziativa. Segreto di stato l’indicazione del loro impiego. Chi è salito sull’Ats ha iniziato un viaggio con molteplici mete, senza sapere quali verranno raggiunte. Un mistero i tempi di percorrenza e il prezzo da pagare. È il gioco della mosca cieca. Se per Elon Musk e quelli della sua categoria, puntare al buio può essere un’avventura esaltante, un po’ meno lo è per gli amministratori pubblici. Improponibile per i sindaci. Pagare moneta, vedere cammello. A tutt’0ggi i soci sono certi di pagare la propria quota, ma la visione del cammello non sarà né semplice, né scontata. Potrebbe essere un miraggio.
Stefano Allegri, presidente dell’associazione industriali, alla quale va il merito di avere pagato una vagonata di euro per la realizzazione del Masterplan 3c e il demerito di averlo imposto alla Provincia, ha sottolineato: «Siamo ad un traguardo che è anche il punto di partenza di quello che può definirsi il Pnrr del territorio cremonese» (La Provincia, 15 aprile). Bella immagine. Intrigante. Ma il presidente dimentica che il Pnnr stanzia fondi per realizzare progetti. L’Ats li chiede per presentare progetti da finanziare con il Pnnr. Non è la stessa cosa. Posti riservati in prima fila alle autorità civili e militari e ai componenti della nomenklatura locale. Sindaci dietro, sistemazione migliore di un esilio in loggione. Ignorati per oltre tre quarti della riunione, i primi cittadini di Cremona, Crema, Casalmaggiore, Stagno Lombardo e Agnadello sono stati chiamati sul palco e fatti accomodare in poltroncine rosse rimaste inoccupate fino a quel momento, omaggio al kitsch in salsa cremonese. A ciascun sindaco è stata concesso il tempo per esporre in sintesi il proprio pensiero, poi tutti insieme sono stati rimandati in platea. Passerella degna di una sagra, o di un concorso per i migliori del bigoncio, non è stata un’idea brillante. Non erano questi i 15 minuti di celebrità che Andy Warrol aveva previsto per ognuno di noi. Una caduta di stile che Stefania Bonaldi, sindaco di Crema, in versione gazzosina alla menta, priva di timori reverenziali, ha sfruttato con abilità. Con tatto ha evidenziato che a pochi fotogrammi dai titoli di coda, ancora non era stato ricordato il ruolo dei sindaci. Nessuno ha controbattuto. Nessuno si è giustificato. Nessuno si è scusato. Otto alla Bonaldi, quattro agli smemorati. Leggeri come piume, inconsistenti quanto il pappo di un dente di leone, gli interventi introduttivi non hanno fatto storia.
A Mirko Signoroni, presidente della Provincia, occorre però riconoscere il pregio di essere stato rapido ed essenziale, nient’affatto ridondante. I ringraziamenti si sono sprecati con Gian Domenico Auricchio, icona della Camera di commercio, tra i più generosi a elargire gratitudine al mondo tutto. Lorenzo Tavazzi, di European house di Ambrosetti, firmataria del Masterplan 3c, ha illustrato il progetto. Esposizione impeccabile, prerogativa di quelli che lavorano per una società di consulenza e nel settore la Ambrosetti è ai vertici. Professionisti abituati a trattare con il meglio dell’industria e della finanza italiana e internazionale. Tavazzi ha sostenuto il prodotto da par suo. Ha concluso con una citazione di San Francesco d’Assisi. Citazione che probabilmente si sarebbe risparmiato al Forum di Cernobbio, fiore all’occhiello della European house di Ambrosetti le cui consulenze hanno poco da spartire con il poverello di Assisi. Ma per vendere, anche San Francesco è utile. E poi la platea di Cremona non è quella di Cernobbio. Non poteva mancare lo slogan-logo dell’Ats: io ci credo. Una dichiarazione impegnativa. Per ora, un atto di fede, in attesa di essere raggiunto dalla speranza e dalla carità e completare il trittico delle virtù teologali.
Guido Guidesi, assessore regionale allo sviluppo economico, ha chiuso la riunione. Nominato in tutti gli interventi, meriterebbe la santificazione immediata. Non ha detto nulla di sconvolgente. Ha ribadito fino alla nausea il suo orgoglio di essere lombardo. Questo è importante. Un punto fermo. Per la statistica hanno aderito all’Ats 70 su 113 Comuni della provincia. Quattordici, invece le associazioni di categoria che hanno scommesso sull’iniziativa. Hanno diretto le danze Ilaria Massari di Reindustria Innovazioni e Paolo Rizzi, docente della Cattolica, ma è non il loro mestiere e si è notato. Non ci si improvvisa Giorgio Mastrota.
Finale con i presenti in piedi in platea per la foto ricordo. You are the champion non è partita. I coriandoli non sono scesi dal soffitto. Nessuno è perfetto.
Dunque, io ci credo. Io no. Giovedì, a las cinco de la tarde, al Ponchielli io c’ero.
Antonio Grassi
4 risposte
Vorrei piangere.
Sempre più grande e bravo e sopratutto senza peli sulla lingua … un vero matador….a las cinqo de la tarde. Voto 10 !!!
Continuare ad essere disfattisti non aiuta a costruire. Fare la critica è esercizio facile … per questo nel nostro paese è più semplice fare opposizione! Arriva un momento in cui occorre “fare” ed ognuno ha , a suo modo, la possibilità di mettere un mattoncino. Questo territorio ha gli ingredienti per costruire sviluppo dobbiamo però amalgamarli. L’altro giorno è stata presentata la ricetta! A tutti noi il compito di cucinare. Anche Antonio Grassi se vuole può essere uno chef
Sono anni e anni che le parole si sprecano. La realtà provinciale è ben diversa da quella che viene dipinta in questi studi calati dall’alto. Tutti sanno come dovremmo muoverci, ma preferiscono prendere altre strade. A la cinco de la tarde non sempre vince il torero.