Chi desidera immergersi in una storia tutta azione, adrenalinica, che letteralmente non lascia tregua, ricorra pure con fiducia a questo Il giorno sbagliato di Derrick Borte (pubblicato recentemente in Dvd), senza però pretendere un plot particolarmente originale. Si tratta infatti ancora di una storia di persecuzione da parte di un folle dalla mente completamente deragliata ai danni di una donna, non completamente innocente, ma che paga a carissimo prezzo un suo gesto di scortesia. Il rifiuto di chiedere scusa provoca una spirale di violenza che assume, nel suo crescendo, un andamento da film horror (come è stato giustamente detto). Sceneggiatura e ritmo sono le grandi risorse del film, ma non va trascurata la performance di Russel Crowe, qui in una delle sue interpretazioni migliori, benché appesantito nel fisico, addirittura massiccio, che mostra nei primi piani uno sguardo vitreo, da folle, ma anche, in momenti quasi patetici, un viso stravolto dalla rabbia e dall’angoscia. Per di più, con un’intuizione registica che va riconosciuta, la presenza ingombrante del persecutore contrasta con il corpo minuto, tutta scatti e nervosismo, della protagonista, la graziosa Caren Pistorius, che alla fine, secondo copione, da vittima si trasforma in carnefice.
Il film si scosta però, nettamente, dalla produzione di genere più corriva grazie alla sua ambizione di fare della trama una dimostrazione, nel complesso convincente, del difficile modo di vivere a cui è costretta una società perennemente in corsa (ma bloccata dalle code interminabili sulla tangenziale), dalle relazioni ambigue e approssimative, dalla solitudine che traspare dall’incapacità di costruire legami basati sul riconoscimento dell’altro, e segnati invece dall’aggressività, dagli scatti d’ira, dall’insofferenza. Una società schizofrenica, come avverte fin dai titoli di testa il regista, che rappresenta, in immagini spezzate e tagliate da linee trasversali, immagini si rissa e di violenza urbana. Sia pure sottotraccia, il tema attraversa l’intero film, e sembra confermare che il caso patologico rappresentato serva soprattutto a rivelare, con il massimo dell’incisività, come l’automatismo dello scontro e dell’aggressività siano un dato comune. Da questo punto di vista, il centro del film sta proprio nella richiesta ragionevole del ‘pazzo’ di ottenere delle scuse, e nel rifiuto ostinato, ed arrogante, della donna a concedergliele, Se il mondo va alla deriva, sembra suggerire il cupo film, è di certo la gentilezza che lo salverà.
Vittorio Dornetti