Un territorio più unito per una provincia più forte. Uno slogan. Un programma. Un progetto. Una speranza. Una sfida. La settimana scorsa al teatro San Domenico di Crema, l’Area omogenea cremasca è stata insignita della laurea di modello funzionale per il futuro dell’intera provincia. L’assessore regionale Massimo Sertori e il presidente di Anci Lombardia Mauro Guerra hanno apprezzato e condiviso il lavoro svolto in riva al Serio. Il prossimo obiettivo è il riconoscimento di Comunità di pianura.
Per avere una provincia più muscolosa e gagliarda è auspicabile che Cremonese e Casalasco seguano l’esempio del Cremasco. Scelta non semplice. Coraggiosa e lungimirante. Necessaria per migliorare il dialogo di un territorio allungato oltremisura. Divisa in tre aree precise e distinte, ognuna caratterizzata da cultura, storia e tradizioni proprie, la provincia non è mai stata veramente unita. Mai veramente coesa. Mai veramente compatta. E il problema sta nell’avverbio: veramente.
L’aneddotica istituzionale veicola narrazioni inneggianti l’unità. Storytelling indispensabili ai partiti per rimanere sulla tolda di comando. Ai politici e amministratori pubblici per mantenere il proprio deretano su poltrone che elargiscono prestigio e prebende. I tempi suggeriscono di cambiare rotta. Di trasformare in realtà racconti farlocchi. Di trovare unità non fittizia da Rivolta d’Adda a Spineda, 1 ora e 35 minuti di macchina, se non piove e senza Tir da superare. È l’occasione per provare a uscire dall’angolo.
Tre aree omogenee e la provincia che tiene il mazzo, potrebbe risultare la soluzione per superare le difficoltà di un territorio uno e trino, troppe volte con padre, figlio e spirito santo in contrasto tra di loro. Con forzatura semantica e priva di agganci legislativi, si potrebbe ipotizzare una provincia federata, primo esempio in Lombardia.
Previste dall’articolo 9 dello statuto provinciale, datato 23 dicembre 2014, con un regolamento approvato il 19 febbraio scorso, il decollo delle aree omogenee dipende esclusivamente da sindaci e consigli comunali e dal loro convincimento sulla utilità di questa aggregazione.
Il successo del progetto è legato alla risolutezza e all’entusiasmo dei protagonisti. Alla disponibilità d’iniziare un cammino politico, burocratico e ammnistrativo lungo quanto quello per Santiago di Compostela. Ma più noioso e stressante.
I partiti possono accelerare il processo con il ruolo di facilitatori, termine oggi alla moda, la cui applicazione lascia ampi spazi all’interpretazione del compito. Gli ostacoli da superare sono molti. Implicano uno scontro con concetti radicati. Impongono una rinuncia agli interessi di bottega a favore di altri più generali. Più comunitari.
Sono un videogioco. Terminato un livello si passa al successivo.
Se il Cremasco è riuscito a raggiungere il traguardo, a maggior ragione possono arrivarci il Cremonese e il Casalasco. Avvantaggiati dall’esperienza dell’apripista, dispongono di un esempio per limitare errori e accorciare i tempi.
L’8 e il 9 giugno, 87 comuni, compreso Cremona, andranno al voto per eleggere sindaco e consigli comunali. Un’occasione per i candidati di inserire nel programma il proprio impegno per le aree omogenee. Un’opportunità che se colta dal capoluogo avrebbe un peso determinante per il buon esito dell’unità territoriale.
Cremona è il Comune leader della provincia. Se vuole essere riconosciuta tale e ci crede batta un colpo. In questi ultimi dieci anni gli amministratori del capoluogo hanno guardato al proprio ombelico. Con la puzza sotto il naso, non hanno filato il contando. Anzi, hanno segnato le porte dei quartieri con quattro totem più adatti a un film sul day after atomico che a celebrare la storia della città.
«Whatever happens here, stay here» è il geniale slogan di Las Vegas. Al contrario, quello che succede a Cremona resta a Cremona è una cazzata. E’ tafazziano.
La capitale della Repubblica del Marubino non ha dialogato con quella del Tortello. Quando si sono parlate è stato per bon ton. Spesso si sono ignorate.
Entrambe hanno seguito l’insegnamento evangelico: la mano destra non sappia quel che fa la sinistra. Il confronto implica almeno due interlocutori disponibili, condizione che quasi mai si è avverata. Per lo stesso motivo San Martino non compare tra le reliquie baciate dall’attuale amministrazione di Cremona. Raramente ha diviso il proprio mantello con altri Comuni.
Il capoluogo ha creduto di fare un affare con la vendita dei gioielli di famiglia a bresciani e milanesi. Si è ritrovato maggiordomo. L’intera provincia è stata penalizzata.
A Cremona i candidati parleranno di nuovo ospedale, dell’autostrada Cremona-Mantova, di biometano e di altre questioni specifiche della città. Lisceranno il pelo a comitati di protesta. Faranno campagna acquisti tra i contestatori. Incroceranno le dita, esorcismo per evitare una lista di coloro che dicono no. Dei non omologati.
Tutto giusto, corretto, ineccepibile. Un errore scordarsi che nessun uomo è un’isola.
Guardare oltre il perimetro della propria monade potrebbe essere la carta vincente.
E quando Andrea Virgilio, l’attuale vicesindaco e candidato sindaco del Pd, sostiene che il tema della «continuità e discontinuità è una stupidata» (Cremonasera, 27 febbraio) viene il sospetto che il suo sguardo, abituato a guardare l’ombelico, si sia spostato più in basso.
E allora ogni discorso sulle aree omogenee, su un territorio più coriaceo, su una provincia meno emarginata diventa un’utopia. Ogni tentativo di dialogo tra Cremona, Crema, Casalmaggiore, di scambio di esperienze, di vasi comunicanti rientra tra le fallacie argomentative. Ogni sogno di gloria per questo territorio svanisce ancora prima dell’alba.
E la voglia di riascoltare Eve of destruction di Barry MacGuire è forte. Fortissima. E il progetto, la speranza, la sfida da buttare nel cesso. Con la speranza di sbagliare.
Antonio Grassi
4 risposte
Caro Grassi, il problema spesso sta nel fatto che ci sono sindaci che non accettano di essere meno protagonisti di altri. Ci sono sindaci che vivono il loro ruolo non per il bene dei cittadini e del loro comune, ma come un palcoscenico per promuovere se stessi. E ci sono alcuni che li sostengono. Se pensiamo che è di questi giorni l’uscita di Pozzaglio dal gruppo di cui faceva parte insieme a Castelverde perché si sentiva discriminato… E questi due comuni sarebbero nell’ipotetica area omogenea cremonese! Il cremasco è evidentemente più unito e ” omogeneo” , una fortunata serie di coincidenze, una particolare congiuntura astrale. A volte le motivazioni negative sono più forti di quelle positive, “guardate cremonesi quanto siamo e siamo stati bravi noi!”. Tutti insieme i sindaci omogenei guardano l’ombelico dell’area omogenea prendendo le distanze dall’ odiato capoluogo di provincia. Senza nulla togliere alla miopia dei “politici” che si sono succeduti a Cremona…
Ma sì, abbiamo capito. I cremaschi sono i più bravi della classe! Sarà l’aria più Metropolitana che li rende così. Da quanto tempo ci lavorano a quest’area omogenea? È casuale che il progetto sia andato in porto e abbia subito un’accelerazione ora che c’è un sindaco diverso? Potrebbe essere che prima il centro intorno al quale il tutto ruota non fosse così omogeneo con il resto dell’area omogenea. Mi dica lei, Grassi, che da anni è Sindaco.
Tanti tanti anni fa lavoravo in un ente del territorio e nei corridoi si sentiva sempre sussurrare, da voci neanche troppo invisibili, ” prima Crema, prima Crema” oppure “non dimentichiamoci che Cremona, piaccia o no, è il capoluogo” oppure ” il casalasco è terra di nessuno, certo non si sentono Cremonesi ma mantovani o parmensi”
Detto questo, con diatribe più o meno sanguinose e più o meno sottotraccia che durano da secoli, che aspettarsi da una provincia che è divisa attorno a 3 campanili e dove il capoluogo non trova accordo neanche sulla forma del marubini?
Vedremo se cambiare sindaco aiuterà Cremona a essere punto di unione della provincia (e a essere considerata meno altezzosa da parte dei cremaschi).
Anche se la vedo dura con i due candidati attuali. L’uno è una versione riveduta e corretta dell’attuale sindaco e, pur essendo una persona diversa, ha gli stessi sostegni politici e i soliti mentori occulti. L’altro ha alle spalle un partito o coalizione che l’ha adottato quasi a scatola chiusa non sapendo che pesci pigliare e che quindi ha ben altri problemi interni da affrontare!