Il legame, senza fare la voce grossa, si presenta come un piccolo film horror (piccolo, s’intende, per quanto riguarda la produzione, nonostante la presenza di Riccardo Scamarcio nelle vesti di protagonista e di produttore), ma può legittimamente candidarsi come una delle opere più significative di una tendenza spiccatamente italiana nell’ambito della produzione dei film di paura: calare l’horror, con la sua struttura tipica e i suoi stilemi caratteristici, all’interno del patrimonio folclorico italiano (specialmente del Sud). In questo film (attualmente fruibile sulla piattaforma Netflix), l’intento appare esplicito fin dai titoli di testa, che citano una frase del grande etnologo Ernesto De Martino per illustrare il rito del legamento, o fattura, cioè la relazione magica, e sempre negativa, tra una potenza soprannaturale maligna e una persona comune contro cui si scarica l’ostilità e il malanimo vendicativo del mago. A conferma della volontà di pescare nel torbido di una mitologia spaventosa, ma ben documentata a livello antropologico, nei titoli di coda risaltano le foto di donne invasate, ossesse o “tarantate”, che provengono direttamente dai volumi scritti da De Martino (in particolare da quel capolavoro che è La terra del rimorso, ambientato in Puglia, come il film).
La trama prevede, come s’è detto, momenti ampiamente sfruttati da questo tipo di cinema, come il ritorno alla masseria natale di un uomo (Scamarcio) che si è allontanato da giovane dalla regione, è diventato un celebre musicista, deciso a trascorrere la sua vita in un ambiente diverso, senza mai dimenticare del tutto l’eredità della sua terra e della sua cultura originaria. La compagna e la figlia, che dividono il viaggio con lui, appaiono ancor più estranee all’ambiente e riproducono il punto di vista sconcertato dello spettatore che nulla sa delle credenze e dei rituali che si svolgono in quella campagna isolata, popolata di ulivi centenari dalle strane forme. Al contrario, tutti gli abitanti ne sono consapevoli ed in essa si riconoscono, anche il prete, legati insieme da una muta complicità.
Il legane è strutturato in crescendo, con il fascino iniziale che l’ambiente esercita sui nuovi venuti, e il progressivo apparire di fenomeni inquietanti che rivelano in modo sempre più esplicito l’incomprensibilità e l’ostilità di quel mondo arcaico. fino al deflagrare dell’orrore, provocato dal legame demoniaco di una strega (vittima a sua volta di un rituale sbagliato)) con la figlia del protagonista. Il film non nega, quindi, all’appassionato di horror quanto può legittimamente aspettarsi. I trucchi del mestiere ci sono tutti: luoghi claustrofobici, volti deformi, rumori inquietanti, oggetti fuori posto, e un ritmo sempre più convulso man mano che si arriva allo scioglimento dell’azione.
Tuttavia, non sta qui il valore del film, quanti piuttosto negli elementi di contorno che arricchiscono la trama. Il legame si regge sul fascino di una ambientazione stregata, sull’inquietudine di un luogo chiuso e remoto, gelosamente custodito dal patto di complicità degli abitanti, sull’immagine di una campagna brulla, punteggiata da ulivi “malati”, che la magia può risanare, sul brivido provocato da crepacci e rocce, rifugio di esseri maligni, che non sembrano incontrare ostacoli, Un Sud arcaico, dunque, non lontano dalle osservazioni di De Martino, qui utilizzato per rinvigorire e dare originalità ad un genere che marca la distanza dai modelli americani.
Vittorio Dornetti
https://www.youtube.com/watch?v=4USuVdFiYyc
https://www.youtube.com/watch?v=LVPX1WXkfzE