Il libro. “Io che ti ho voluto così bene”, un turbinio di emozioni

29 Luglio 2025

‘Io che ti ho voluto così bene’, edito da Rizzoli, è la seconda prova di un’autrice elegante e sensibile, è un libro che travolge e si fa divorare, con le lacrime agli occhi, in una maratona di emozioni.

Roberta Recchia, dopo il successo planetario della prova d’esordio ‘Tutta la vita che resta’ prende Luca, un personaggio che appare defilato nel primo romanzo, comparendo nelle ultime pagine, e lo rende il protagonista della nuova trama che non è un sequel, è piuttosto uno spin off: una costola del primo libro, se possibile persino più bello.

“Luca stava lì, schiacciato al lato dell’uscita per non intralciare troppo la discesa degli ultimi passeggeri. Guardava il pavimento della banchina, l’aria di uno che non si decideva a venire giù, come se da quello scalino lo aspettasse un salto nel vuoto per cui non si sentiva pronto”.

Sullo sfondo resta l’orribile delitto di Betta Ansaldo a Torre Domizia, sul litorale romano. Luca l’aveva incrociata al Lido più volte, era la sua cotta giovanile, il primo amore adolescenziale, un sogno erotico pervasivo, irraggiungibile, per timidezza, per un breve distacco anagrafico che a quell’età sembra un abisso.

Luca e la sua famiglia sono dentro mani e piedi in questa tragedia. L’abile scavo psicologico ci porta nelle vite dei protagonisti, fra causa ed effetto, in un susseguirsi di drammi personali, rimozioni, memorie che si riaffacciano prepotentemente e domandano con forza di essere affrontate.

Betta è l’amore che gli resterà conficcato nella carne, come una spina, per tutta la vita.

Il tema è quello dei legami famigliari, nel bene e nel male. Il tema è il perdono, che significa anzitutto perdonarsi. Il tema è anche quello della guida, del maestro, dell’educatore. Padre Lodoli è la figura che, davanti al baratro, dovremmo incontrare tutti.

L’autrice conferma grande abilità narrativa con un libro ben scritto, il suo, capace di rendere catartiche e dolcissime anche le ferite più dolorose.

Il libro commuove, sa toccare e far vibrare in profondità corde che il lettore ignorava persino di avere. Ci riesce, sulla distanza, mantenendo alto il livello emotivo dall’inizio alla fine, non proprio perché il dolore scaturisca da lotte drammatiche dunque dai fatti, quanto piuttosto da una capacità espressiva empatizzante ed emozionante, dai dialoghi potenti e vivi, da una poetica aggraziata, garbata e gentile.

 

Francesca Codazzi

Una risposta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *