È il momento di Andrea Bajani, vincitore del Premio Strega 2025, con il romanzo ‘L’anniversario’, edito da Feltrinelli. A cavallo fra autobiografia e finzione narrativa l’autore romano indaga fra le pieghe di una famiglia disfunzionale, svelando, per sottrazione, sfuggendo ad ogni retorica, i retroscena della violenza domestica e le sue ripercussioni. Domina la scena un padre aggressivo, vittimistico e manipolatore, occupa il vuoto una madre senza sguardi, senza vita, anaffettiva, completamente prona: azzerati i suoi interessi, la vita sociale, in una sottomissione donata supinamente per evitare scatti d’ira e reazioni incontrollate.
“Lui voleva che lei fosse niente, per potere essere lui qualcosa, e lei voleva essere niente, perché essere niente era almeno qualcosa”. Questo era il loro patto, mai espresso.
Il clima in casa era concentrazionario, vigeva il terrore, l’isolamento, la chiusura sociale, la dipendenza economica, i figli si spartiscono le colpe: lei, la sorella dell’io narrante, vorrebbe una lotta reazionaria che non riesce di fatto a fare e taglia prestissimo i ponti, lui cerca codardamente di non reagire, getta acqua sul fuoco, aiuta la madre a rassettare la casa, le sta accanto in un silenzio asfissiante e come la madre è esposto, fino alla decisione di scappare, a una rassegnata accettazione. Una rabbia repressa che sfocerà in una ribellione psicosomatica nel suo corpo e nella sua psiche che curerà, creandosi una rete di relazioni, un po’ di magia, che a Torino non può mancare, e una psicoterapia bizzarra. Nessuno spoiler, l’autore stesso dichiara nel primo capitolo: “Dieci anni fa, quel giorno, ho visto i miei genitori per l’ultima volta. Da allora ho cambiato numero di telefono, casa, continente, ho tirato su un muro inespugnabile, ho messo un oceano di mezzo. Sono stati i dieci anni migliori della mia vita”. Dichiarazione, che sfida tabù atavici, ripresa nel retro di copertina, destrutturando secoli di devozione e sacralità della famiglia in nome di una volontà specifica dello scrittore: “Offrire il punto di vista maschile al patriarcato”. Un contributo necessario in un’epoca, la nostra, che raccoglie i retaggi di decadi passate, focalizzando nel racconto gli anni ‘70, del secolo scorso.
Bajani per omaggiare questa madre, che è un sacco vuoto, toglie, stringa, riduce, per cercare un contatto con un’anima la cui essenzialità e pienezza appaiono irrimediabilmente perdute, in un mondo chiuso e soffocante, un regime dittatoriale che rimanda, aprendosi all’universale, con allusioni sociologiche, al fascismo. È così che nasce la privazione della libertà. Ne racconta chirurgicamente le ferite, con una narrazione scarna, psicanalitica, fredda. Malgrado la narrazione in prima persona, la confidenza con il lettore è minima. La scrittura è originale, ma non scatta l’empatia. Neppure quando gli eventi sono drammatici. Li racconta con distacco. Come se li si fosse strappati dal cuore per metabolizzarli sulla carta. Non c’è emozione. Minima la contestualizzazione. I toponimi sono citati senza quasi atmosfere: Roma, Torino, le valli, Parigi, un altro continente, toccando i temi dell’emigrazione dei dipendenti pubblici, anche quando è una fuga al contrario come quella del padre. I personaggi non hanno nome in una spersonalizzazione ostinata, verso macrocosmi più ariosi in cui viene rinviata ogni possibile identificazione umana e politica.
Non è un biotic, non è un memoir: è qualcosa di unico, che sceglie l’autobiografia per sabotarla con la finzione. Si respirano gli echi della letteratura anglosassone. Come non pensare a Virginia Wolfe, nel romanzo del flusso di coscienza, come non pensare, in poesia, a W.H. Auden, con i suoi paesaggi senza nome usati per descrivere l’animo umano scompaginato in id, es, ego e superego, dalla psicanalisi di Freud.
‘L’anniversario’ non divide fra caramelle e carbone: non c’è redenzione, né assoluzione. E’ lontanissimo dal romanzo classico che destruttura abilmente. E’ un racconto moderno, di 127 pagine dense. Resta il sottile dubbio che sia un esercizio di scrittura.
Francesca Codazzi
6 risposte
Naturalmente, Tu Francesca, invece rendi tutto semplice nella comprensione di questo scrittore.
Come sempre sei insuperabile.
Ti abbraccio
Raffi
Non ho letto il libro, ma affrontare con coraggio un tema enorme come la preponderante presenza famigliare delle famiglie patriarcali è di per sé coraggioso. Lo dice chi, uomo, venera come eroico l’impegno silenzioso e decisivo di sua madre, che a me ha insegnato “il senso del dovere”, concetto non preteso per diritto di nascita, ma come liberazione dagli schemi preconfezionati di una società che non è più, vinta dall’interno, dal sostanziale impegno di donne che hanno cresciuto figli orgogliose di loro. Loro sono la vera rivoluzione e il nostro orgoglio.
Francesca, lo leggerò sicuramente
Non conosco l’autore né il libro,ma la tua recensione è esaustiva. Come sempre sei precisa ed accattivante.
Complimenti.
“Lui voleva che lei fosse niente, per potere essere lui qualcosa, e lei voleva essere niente, perché essere niente era almeno qualcosa”. Questo era il loro patto, mai espresso.
Questa frase è la triste rappresentazione di ancora troppe realtà…non evidenti, spesso, nemmeno agli occhi e alla mente di chi vive questa realtà.
Una realtà che si adatta a modelli famigliari patriarcali come a relazioni contaminate dal narcisismo o a dimensioni di finto comodo che annientano persone e sentimenti.
Recensione chiara, incuriosisce alla lettura…tuttavia, sono temi che mi provocano reazioni forti che andrebbero a scontrarsi con un razionale senso di impotenza…passo.
Come ho scritto la narrazione non è empatica, non suscita sentimenti. Sai che il percorso dell’io narrante è doloroso, ma si instaura un patto di grande distacco emotivo. Io sono facile alla commozione, ma niente.
Franci, è sempre un piacere leggerti. Comunque non penso che leggerò, almeno nell’immediato, questo libro. Si parla tanto di patriarcato facendo finta che non esista anche il matriarcato e io ho tanti esempi in mente. Ci sono uomini e donne psicopatici e uomini e donne che sacrificano la propria personalità , la propria vita per l’altra metà. Bisognerebbe entrare nella psiche della gente per capire. A
mio modesto parere questo libro è stato scritto cavalcando l’onda del tema “patriarcato” che adesso va molto di moda, da qui la totale mancanza di empatia che si tocca con mano nel romanzo. Ti ho mandato su telegram un articolo che trovo interessante perché supportato da dati e numeri.
Un abbraccio, amica bella