Quando, la sera di martedì 2 febbraio il presidente della repubblica Mattarella ha invitato Mario Draghi al Quirinale per conferirgli l’incarico di formare il governo, sono sobbalzato.
La mia è stata una reazione istintiva generata da un misto di compiacimento e orgoglio.
Mario Draghi è stato il mio docente di economia e politica monetaria presso l’università di Firenze. Nell’autunno 1980 iniziava quel corso per l’anno accademico 80/81. Ci venne comunicato che il docente era cambiato e che il nostro professore sarebbe stato Mario Draghi.
Quando arrivò la sorpresa fu grande. Era poco più che trentenne e aveva già un incarico oltreoceano al Mit di Boston. Prese una materia marginale – imperava il Keynesianesimo in quegli anni anche a Firenze – e la trasformò in un corso corposo e importante. Fu un doppio salto, di metodo e di sostanza.
Nel metodo applicò il sistema in uso nelle università anglosassoni di verifiche scritte costanti e periodiche che formavano una base di voti che si concludevano con la verifica orale che aggiungeva qualcosa al voto finale. Nella sostanza adottò come testo base Macroeconomics di Dornbusch e Fisher. L’ho scritto volutamente in inglese perché non era ancora stato tradotto, per cui dovemmo studiare nelle dispense in lingua originale forniteci dallo stesso docente. Studiammo la teoria monetaria che si stava formando negli Stati Uniti e che poi con Reagan e la Thatcher in Gran Bretagna si dispiegò nelle politiche occidentali. Portando gli Stati Uniti a primeggiare per crescita e il Regno Unito a recuperare le posizioni perdute.
Nell’Europa continentale purtroppo l’assenza di una moneta unica e di una banca centrale unica ha bloccato per vent’anni l’adozione di queste teorie.
Quando poi adottammo sia la moneta unica e la BCE divenne la nostra banca centrale ci furono i veti tedeschi e dei Paesi nordici a bloccare l’adozione di una politica monetaria di stimolo. Fino a quando non arrivò Draghi alla BCE e rese irreversibile l’euro e la politica monetaria di stimolo e supporto alla crescita.
Whatever it takes.
Noi studenti ventenni dell’80 facemmo un doppio salto per allinearci ai migliori standard internazionali. Anche l’Italia deve fare un doppio salto e allinearsi ai migliori e più avanzati Paesi del mondo.
Draghi ha sicuramente le competenze e le capacità per guidarci lungo questo percorso.