Magnifico autunno! E’ la stagione prediletta per la raccolta e il consumo dei funghi, e infatti io li mangio solo al ristorante. Ho pensato perciò di introdurre qualche nota sulla loro tossicità, per allertare i non provetti ricercatori sul consumo alimentare, ma anche per affascinare chi a questo mondo tanto splendido quanto misterioso si vuole accostare con un sguardo più elevato. Dalla pancia alla testa! A parlare di velenosità viene subito in mente il fungo più famigerato, l’Amanita phalloides (Vaill. Ex Fr.: Fr) Link 1833 qua inquadrato in numerosi esemplari sotto carpino in un quartiere periferico della città nella straordinaria formazione a cerchio delle streghe. (foto 1)
Ma è dei funghi cosiddetti commestibili che dobbiamo innanzitutto preoccuparci.
Da una tabella della Regione Lombardia relativa ai casi di avvelenamento dal 2003 al 2006, si evince che ai primi posti ci stanno non quelli dai funghi sicuramente velenosi, bensì proprio da quelli ritenuti commestibili e ampiamente consumati: il chiodino, Armillaria mellea(Vahl : fr.) P. Kumm. 1871 (foto 2 effettuata nella campagna cremonese), con 102 casi seguito dai porcini con 78 casi.
L’Amanita phalloides sta molto più indietro con 17 casi e l’Amanita muscaria ( L.: Fr) Lam. 1783, trovata in questi splendidi esemplari a due passi dal Duomo di Cremona (foto 3 ), sta oltre ancora con 12 casi.
Scritta così però la tabella non è precisa perché confonde le specie con i generi. Sarebbe stato più corretto indicare quale delle specie di porcini è più implicata nelle intossicazioni.
E’ vero anche che l’Amanita phalloides suscita gli avvelenamenti più gravi e spesso fatali, per cui piuttosto che patirli, meglio qualche diarrea che passa e va. In realtà non è che per evitare un male maggiore se ne sceglie uno minore. Si sceglie il bene punto e basta, quando è possibile. Ed in questo ambito sembra esserlo: basta prestare attenzione ad elementari regole di prudenza e di conoscenza, se proprio si vuole mangiarli. Perciò sono da sfatare tutte quelle credenze fantasiose che da tempi ancestrali tristemente costellano di croci la bramosia mangereccia di tanti. Quale quella di credere che cucinare i funghi con cucchiai o monete d’argento, prezzemolo o aglio, possa garantire la loro innocuità. O anche il raccoglierli in luoghi bui, presso ferri arruginiti o in vicinanza di serpi. Meglio ancora se già mangiucchiati da lumache o altre bestie.
Riguardo al buio, questo prataiolo trovato lungo il corso Vittorio Emanuele a Cremona (foto 4) , pur crescendo in un luogo costantemente poco illuminato come si può ben intuire dalla foto scattata alle 14.38 del 27 settembre scorso, appartiene ad una specie tossica, l’Agaricus bresadolanus Bohus 1969. Tossicità facile da riconoscere per il forte ingiallimento della base del gambo.
Emerge pertanto che esiste un solo criterio basilare scientificamente valido ed universalmente riconosciuto e cioè il corretto riconoscimento della specie e delle sue peculiari caratteristiche. Dunque basta individuare le specie commestibili e si va sul sicuro. Questo è senz’altro vero ed è il punto imprescindibile di partenza, ma fosse così semplice, saremmo a cavallo!.
Questa tappa che vorrebbe quindi por fine ai problemi, in realtà segna l’inizio di nuovi.
Non è da trascurare il fatto che per diverse specie si disserta se e in che misura siano da considerarsi velenose o al contrario commestibili; ci sono casi eclatanti che citerò alla fine e questo può mandare in confusione, o meglio indurre in tentazione, ma nei casi di velenosità certa e direi anche dubbia, il mio consiglio spassionato è di evitarli tutti, questi, comunque.
Su alcuni funghi fortunatamente dubbi non ce ne sono, universalmente! Ad esempio, se sappiamo che il fungo che abbiamo trovato è l’Amanita phalloides, non c’è grado di cottura, oscurità del luogo di ritrovamento, cucchiaio o moneta d’argento , vicinanza di serpi o di ferri arruginiti e infine dissertazione mistica o politica che tengano; quel fungo rimarrà potenzialmente letale sempre e comunque, e non val la pena neanche cercare di fare esperimenti per smentire questa affermazione, perché le sue tossine non sono eliminabili dal fungo e neutralizzabili dall’uomo, e ne basta una piccola dose per produrre gli effetti malefici.
Ma qualcuno obietta che le lumache l’Amanita phalloides se la mangiano. A parte che nessuno ha mai visto quelle lumache dopo aver pranzato con l’Amanita, tuttavia che possano mangiarsela tranquillamente non sorprende affatto, perché ci troviamo di fronte a metabolismi diversi, per cui quello della lumaca riesce a distruggere le tossine mortali del fungo, cosa che invece il nostro organismo non è in grado di fare.
Nel caso di funghi sconosciuti, rispetto alla tentazione culinaria, è d’obbligo farli vedere all’Ispettorato micologico territoriale, nel nostro caso di competenza dell’ATS Val Padana.
Tuttavia ho anticipato che non basta riconoscere esattamente la specie per consumarla. Potrebbe anche essere la migliore commestibile di questo mondo, ma non consigliabile se ad esempio cresce in ambienti inquinati, essendo i funghi come delle spugne che tendono ad assorbire tutto quanto trovano attorno a sè, compresi metalli pesanti pesticidi, erbicidi.. E conoscendo il nostro territorio, ben poco si salva per poter dire di aver raccolto un fungo “sicuro”.
Ma ci sono altre variabili da prendere in considerazione, come lo stato del fungo. Se è troppo maturo non è più da consumare. Idem se ha perso le sue caratteristiche tipiche in quanto a colorazione, consistenza, integrità… Se peggio ancora è infestato da parassiti, muffe, come questi chiodini di montagna (foto 5) è assolutamente da evitare, perché queste muffe possono essere a loro volta molto dannose, anche se il fungo ne viene ripulito.
Ovviamente anche funghi non freschi, mal conservati andrebbero eliminati. E’ il motivo per cui si consiglia di fare modeste raccolte, oltre che un consumo moderato anche perché, tossicità a parte, i funghi sono generalmente non ben digeribili, per cui l’organismo umano non va sovraccaricato.
A proposito di dubbi sulla velenosità, si è creata una categoria intermedia che è stata definita a “commestibilità condizionata”. Si tratta di funghi tossici all’esordio ma la cui tossicità può essere eliminata attraverso determinati processi fisici. Tra questi il chiodino già citato la cui micotossicologia è tra le più complesse e questo spiega il perché del primo posto tra gli avvelenamenti riportati in Lombardia. Alle sue tossine, le emolisine, si attribuiscono due proprietà, di essere idrosolubili e termolabili.
Per eliminarle bisogna quindi prebollire il fungo per circa 15/20 minuti a pentola scoperta, altrimenti le tossine che si liberano col calore rimangono in pentola. Quindi l’acqua della prebollitura va buttata via altrimenti vi rimangono attive benché sciolte quelle altre idrosolubili. Quindi il fungo può essere cotto in padella per circa 40 minuti, un tempo lungo essendo particolarmente indigesto, e avendo cura di togliere il gambo perché duro, fibroso.
Ma non è finita qui. Particolari accorgimenti vanno presi anche riguardo alla conservazione. Se conservato crudo nel congelatore, le sue tossine resistono all’eliminazione tramite prebollitura perché vengono fissate al fungo per cui va precotto prima di metterlo via. Per lo stesso motivo anche che la raccolta dei funghi in ambienti gelati, è controindicata.
C’è poi tutto il campo delle allergie che va determinato caso per caso. e che, essendo reazioni individuali, si possono verificare anche se le fasi di preparazione del prodotto sono state correttamente effettuate. Ho accennato anche ai porcini, rintracciabili non solo nelle nostre campagne, ma anche in città. Tra queste, specie a commestibilità condizionata come il chiodino, o francamente velenose.
Delle prime la più comune è il Suillellus (ex Boletus) luridus (Schaeff.: Fr.) Murrill 1909. (foto 6, presso la società sportiva Stradivari), Ve ne risparmio la descrizione per non tediarvi. Vi dico solo che ha un gambo tipicamente decorato da un rete di maglie larghe e allungate, e i pori che da gialli rapidamente diventano arancione rossi ma poi blu al tatto come il resto del corpo. Un fungo arlecchino dunque, ma non è la colorazione che lo rende tossico all’esordio, com’è nel pensiero comune, visto che ci sono funghi arlecchino come gli Xerocomus ampiamente commestibili, ma le sue tossine termolabili csi eliminano con adeguata cottura, per cui non va assolutamente mangiato crudo. Ciò nonostante, se assunto crudo assieme a copiose dosi di alcool, ma la cosa è controversa, darebbe una sindrome coprinica, oltre quella tipicamente gastroenterica, ossia un’affezione acuta cardiovascolare e neurologica simile all’effetto dell’ Antabuse, il disulfiram impiegato per la disassuefazione degli etilisti, nel caso in cui costoro abbiano comunque bevuto.
Insomma ce n’è sempre una ed effettivamente ogni fungo è un caso a sè, pur nella similarità con altre specie. Ma tra i porcini di casa nostra si possono trovare anche quelli velenosi e ci mancava che ci fosse ancora il diavolo di mezzo, perché il fungo in questione si chiama Rubroboletus satanas (Lenz) Kuan Zhao e Zhu L. Yang, 2014 (foto 7)., benché nel sud Italia, Calabria in particolare, venga ampiamente consumato. grazie presumibilmente alla particolare costituzione chimico fisica del substrato che ne attenuerebbe la tossicità.
Rimane comunque un fungo velenoso, essendo stati registrati numerosi casi di avvelenamento e quindi da evitare. Concludendo, è evidente che l’approccio culinario non è scevro da rischi e contraddizioni, sebbene come detto all’inizio una corretta anche se non semplice conoscenza può essere un salvavita; è fondamentale tuttavia ricordare che quello culinario non è l’unico approccio al mondo dei funghi anzi, se mai, il più deteriore.
I funghi non sono nati per essere messi nella pancia dell’uomo, ma per svolgere funzioni fondamentali negli equilibri naturali.
La loro bellezza, poi, vedi il fungo di Biancaneve e il fungo di Satana, benché tossici, entusiasma non poco dal punto di vista artistico: la forma, i colori che hanno ispirato anche le fiabe, e non è poco!!
Vale la pena dunque non fermarsi al livello della pancia, c’è molto da guadagnarci, da tutti i punti di vista!!
Stefano Araldi
7 risposte
Per mia fortuna non mi è mai passato per la mente di raccogliere i funghi!!! Grazie a questo articolo così ben chiaro sulla loro pericolosità rimango della mia idea di comprare i funghi al supermercato!!!! Concordo con l’autore che è meglio ammirare e stupirsi di ciò che la natura ci regala ogni giorno,
Ancora grazie per un articolo così completo, semplice e comprensibile, ma soprattutto molto utile! Non immaginavo che anche la nostra pianura fosse così…. ricca di funghi! Certo raccoglierli in montagna è tutt’altra cosa, sebbene l’attenzione debba essere massima comunque. Fortunatamente in famiglia avevamo il famoso zio Andrea, esperto raccoglitore e conoscitore affidabile di funghi commestibili e non! Provata inoltre con mano l’intolleranza ai chiodini da parte di mio padre.
Grazie dunque per la precisione! Consigli preziosissimi!
Bell’articolo e ben articolato,sono d’accordo su tutto.Come si può evincere dalle fotografie i funghi sono moltissimi.multiformi e spesso coloratissimi e vederli nel loro ambiente è come vedere i fiori gli animali o i paesaggi.
Vorrei aggiungere solo una cosa.spesso ho visto funghi calpestati e distrutti perché ritenuti velenosi.ma essi non avvelenano nessuno è chi li mangia che si avvelena. Sono deputati a svolgere un’importantissima funzione biologica.Per cui ,quando è inutile.cerchiamo di non distruggere ciò che serve loro per riprodursi.
Articolo completo che denota una profonda conoscenza, da parte dell’autore, del mondo vegetale e in particolare dei funghi. Non immaginavo che da noi si potessero trovare cosi’ tante varietà, alcune particolarmente belle per i loro colori e sicuramente fondamentali per l’equilibrio ambientale.
Grazie infine all’autore per i suoi preziosi consigli, imprescindibili per la tutela della nostra salute.
L’articolo è uno spettacolo, veramente interessante.
Quello che mi è piaciuto è la contestualizzazione anche con il nostro territorio e addirittura con la città, fino al Duomo!
E poi, le circostanze border line dei chiodini: un fungo quasi mitologico, al pari dei laur-tìis: ne sentivo parlare fin da bambino come di un target per veri intenditori…
Prenderli solo al supermercato? Non credo proprio si trovano tutte le specie menzionate come edibili, anzi nemmeno una minima parte
Una volta li vedevo dal mitico ortolano, razza distributiva in via di estinzione: sacrificata come molti altri esercizi commerciali sull’altare dei tributi urbanistici procacciabili dalle costanti aperture di centri commerciali, discount, …
Grazie a Stefano per il bellissimo articolo
Bell’articolo. Mi ha fatto tornare bambina, quando lo zio andava via alla mattina presto e tronava con un bel cesto, o con due cesti di funghi.
Mai saputo dove li avesse colti: “mah, sono andato con degli amici, abbiamo fatto un giro lungo, …”
Sarebbe interessante parlare della sindrome del “posto segreto”: una costante di ogni fungaiolo che si rispetti!
Lo zio Gigi era un grande appassionato di cucina e li elaborava alla grandissima: mai finiti in congelatore!
Stefano, per favore un bell’articolo sulle lumache.
Ottimo articolo che, come altri dello stesso autore, denota una profonda conoscenza e passione per un mondo “fatato” quale è quello dei funghi, parte integrante di una natura meravigliosa che va rispettata e curata. Molti sono gli spunti proposti, mi piace però si sottolinei che la funzione dei funghi sia quella di svolgere funzioni fondamentali negli equilibri naturali, e non quella di essere semplicemente mangiati…. Grazie Stefano per questo tuo impegno, che va valorizzato e considerato!