Tre tentazioni e tre virtù per i cattolici impegnati in politica. Da evitare: fretta, paura e alibi. Da coltivare: pazienza, coraggio e speranza.
La ricetta è stata dettata una decina di giorni fa dal vescovo Daniele Gianotti in chiusura del Corso per aspiranti amministratori comunali.
Quattro incontri organizzati dalla Pastorale sociale del lavoro della diocesi di Crema e accesso consentito a tutti. Esempio d’inclusività. Di disponibilità all’ascolto e al confronto. Di apertura al dialogo. Una ricetta ecumenica, ritagliata su misura per cattolici, ma utilizzabile per l’universo tutto della politica, senza distinzione di fede e schieramento. Priva di controindicazioni per donne e uomini di buona volontà.
Precisa e semplice, la ricetta può essere utilizzata da ex democristiani e democristiani di ritorno. Da ex comunisti e comunisti delle riserve rosse, nicchie in via di estinzione. Da meloniani fatti con lo stampino. Da forzisti, orfani di Silvio Berlusconi, che ancora vive e lotta con loro. E paga i debiti del partito. Da piddini nostalgici, armocromisti e spritztisti. Da pifferai che dal Sud chiamano il Nord. Dagli Alberto da Giussano scesi al Sud e qui giunti, come la vispa Teresa, hanno gridato «L’ho preso, l’ho preso». Ma non era ciò che pensavano.
La fretta «induce il viandante a passare oltre» ha sottolineato Gianotti. Un detto popolare ammonisce: la gata frezùsa l’a g’a fac i micì òrp.
La fretta è la fregola di qualche unto dal Signore di partecipare ad un bando regionale per un forno crematorio da realizzare a Rivolta d’Adda e attribuire all’Area Omogenea cremasca un consenso mai concesso. Questione mai discussa nel direttivo dell’organismo territoriale, mai sfiorata manco di striscio.
La fretta è la cessione di Lgh ad A2A.
La fretta è l’assenso dell’Amministrazione comunale al nuovo ospedale di Cremona: più veloce di Beep Beep e Willy il Coyote. È la scomunica ipso facto. Il cartellino rosso rifilato da alcuni sindaci del Cremasco a colleghi dissonanti dal pensiero dominante. Penalizzazione inflitta senza aver contato fino a dieci, visionato la moviola e ascoltato le ragioni del dissenso.
La fretta è la pratica del biometano lanciata in orbita da A2A e rallentata solo grazie alla costituzione di un comitato che la contesta.
La fretta è l’onorificenza proposta dal Comune per Angela Cauzzi e da lei giustamente rifiutata. E’ Chanel numero 5 tarocco per coprire l’olezzo del letame calpestato. Pezza peggiore della minchiata commessa. Pater ave e gloria recitati di corsa e nessun pentimento per essere perdonati e proseguire, sulla china della perdizione e affrancati dai rimorsi. Un’alzata di spalle, un chissenefrega e avanti tutta. Come prima. Più di prima.
La paura è il braccino corto nel donare un po’ del proprio tempo al bene comune. L’ostacolo nella formazione delle liste elettorali. La rinuncia a una candidatura a sindaco. La difficoltà nei piccoli Comuni a rispettare la parità di genere nelle istituzioni.
La paura è la resistenza della Repubblica del Marubino a dialogare con quelle del Tortello e del Pomodoro.
La paura è il guru che manda avanti l’allievo. La scimmia sulla spalla di chi gioca se vince facile. Lo spartiacque tra il voler incidere e il sembrare di incidere. Il discrimine tra partecipare e il fingere di partecipare.
La paura è zona grigia, terra di nessuno, stagnazione dei propositi di cambiamento. È palude dei sogni di gloria. Antitesi della fuga per la vittoria. È cacadubbi.
La paura è il giovane Holden refrattario alla perdita dell’innocenza. È Peter Pan eterno bambino. La paura è il tempo delle passioni tristi. È frustrazione.
L’alibi, ha spiegato Gianotti, è la giustificazione di chi vede il malcapitato sul ciglio della strada e dice: «Sì, bisognerebbe intervenire ma non riesco, non ho tempo, non ho competenze, ci pensino gli altri».
L’alibi assolve l’elezione di un segretario di partito non eccelso «perché nessuno lo vuol fare». Legittima un consiglio di amministrazione disastroso «perché quello passa il convento della politica». Permette ai burattinai, in disaccordo sulla spartizione di posti, di convocare l’assemblea dei soci di Padania Acque, rinviarla e riconvocarla dopo quindici giorni. Consente al Comune di presenziare all’inaugurazione della sede di Alleanza Nazionale e di rimanerci senza protestare quando uno dei partecipanti prende la parola e scandisce un motto fascista.
L’alibi trasforma i colpevoli in fantasmi. Non è il fine che giustifica i mezzi. Non è realpolitik. È l’assicurazione gratuita contro le cazzate.
La pazienza, ha precisato il vescovo, non è solo sopportazione, ma «capacità di fare i conti realisticamente». È l’onere di «prendersi il tempo per informarsi, documentarsi, acquisire competenza».
È l’accettazione pragmatica di Crema che guarda a Milano e Lodi e di sguincio sbircia Treviglio. È la presa d’atto del fascino esercitato da Parma su Casalmaggiore. È l’ammissione che Cremona perde i pezzi in favore di Mantova, ultimo esodo in direzione Mincio la sede della Camera di Commercio.
La pazienza è la lungimiranza di lavorare per la formazione di leader politici credibili e relativa classe dirigente, merce rara nel nostro territorio. È il rifiuto d’incoronare arrampicatori sociali e approfittatori arrivati dal nulla, tanta immagine e poca sostanza. C’erano nani e ballerine, disonore e macchia da cancellare. Oggi, sotto il Torrazzo, in riva al Serio e sul Listone sono rimaste le ballerine di terza fila. I nani sono scomparsi. Non sono stati sostituiti né da giganti né da normodotati. E’ il vuoto pneumatico. E’ la normalità.
Il coraggio, ha ricordato Gianotti citando i Promessi sposi, «uno non se lo può dare».
È coraggio la coalizione dei Cinque Stelle e i civici di Cremona cambia musica. Alle prossime elezioni comunali presentano due liste separate. Candidato sindaco in condominio.
È coraggio affrontare una campagna elettorale con pochi mezzi economici e la grancassa mediatica dell’establishment amica degli avversari. I temerari saranno definiti contras, comunisti, rifondatori. Destabilizzatori del sistema. Non è da escludere, sfigati.
Sono il sasso dello stagno. Sono il diavolo, ma non vestiranno Prada. Sceglieranno il verde, il rosso, l’arcobaleno e tutti gli altri colori. Non importa l’abbigliamento e l’acconciatura. Rilevante è la promessa coraggiosa e indirettamente dichiarata con la discesa in campo. Noi ci siamo, scassapalle e propositivi. Il bene comune prioritario. Non rinunceremo al nostro ruolo.
«Vogliamo sottolineare ancora una volta che noi andremo a Chicago in pace, ma che ci diano il permesso o no, noi andremo» (Il processo ai Chicago 7).
Il coraggio appartiene ai comitati del biometano, dell’ospedale, dell’autostrada Cremona-Mantova. Il coraggio è la decisione di non stare schis in un ambiente permeato dalla regola del stum schis. Il coraggio è uscire dalla comfort zone garantita dalla fedeltà a un partito, a un gruppo di potere e – più in generale – a un sistema di relazioni e amicizie consolidate negli anni. Il coraggio è scegliere senza compromessi. Senza turarsi il naso.
Per la speranza, Gianotti si affida alle parole del cardinal Martini, coinvolge Charles de Foucauld, Jacques Maritain, papa Francesco. Parte più raffinata e più confessionale della ricetta, merita una riflessione anche per gli allergici all’incenso.
La speranza è sognare una politica interventista sulla qualità dell’aria. La speranza sono le associazioni ambientaliste mutate da fabbriche di documenti arzigogolati a marines operativi. La speranza è la conversione in medicina preventiva dei numeri e delle percentuali degli studi epidemiologici.
La speranza è una politica che non contempli l’ipotesi di ricorsi dei cittadini al Tar per scelte che, invece, le competono.
La speranza è di non leggere in futuro considerazioni di questo tipo. «Il tema (del biometano ndr) è che la strada è ancora lunga, serve la VIA (Valutazione Impatto Ambientale, ndr), che dovrà essere rigorosa. Dopodiché immagino che si ricorrerà ad altri strumenti, ricorsi al Tar, ad esempio, che sono assolutamente nei diritti dei cittadini (Luciano Pizzetti intervistato da Cremonasera, 29 marzo)
La speranza sono i complimenti al politico che si è fermato un attimo prima di imboccare il Sunset Boulevard.
La speranza sono i giovani che si avvicinino alla politica con spirito di servizio, concetto abusato, ma sempre meno applicato. Sono gli apprendisti stregoni disposti a fare la gavetta e privi della spocchia d’essere dei fenomeni.
La speranza è una Pasqua, un passare oltre, perenne. Una Pasqua che non duri un giorno, ma l’intero anno.
Un grazie al vescovo di Crema per la ricetta da chef stellato.
Antonio Grassi