Lunedì 25 novembre, una data voluta per questo primo incontro teorico sulla difesa personale femminile, in quanto già dal 1999 venne istituita come giornata che serva a richiamare l’attenzione sulla violenza e gli abusi contro le donne, incoraggiando un cambiamento culturale verso l’uguaglianza di genere. Dopo i saluti istituzionali del presidente del Consiglio Comunale Luciano Pizzetti e della vice presidente Jane Alquati, dell’assessore allo Sport Luca Zanacchi che hanno congiuntamente voluto l’evento, lieti della unione interpartitica del tema che ci ha visti tutti aderire con convinzione all’iniziativa che si è tenuta nel luogo principe della democrazia cittadina, la Sala Quadri che ospita i consigli comunali, hanno preso parola i relatori.
– Nicoletta Porta, psicologa e sessuologa sul tema della violenza fisica e psicologica
– Roberto Ghetti responsabile regionale FIJLKAM settore M.G.A. (Metodo Globale Autodifesa)
– vicepresidente A.S.D. Antonio La Regina Esercito 10° Guastatori
– ufficiale Sonia Bernardi Vice Comandante della Polizia Locale
Antonio La Regina ha dedicato prima un minuto di silenzio a tutte le vittime di femminicidio, poi un ringraziamento con applauso alle 100 donne presenti in sala per la partecipazione attiva, spiegandoci che lo scopo è quello di riconoscere, prevenire, ma anche attivare le modalità di richiesta di aiuto. Per proseguire l’incontro ed entrare nel dettaglio, ha introdotto gli altri relatori.
Nicoletta Porta ha esordito con una frase che l’ha personalmente molto colpita, letta pochi giorni fa su uno striscione a Milano durante una manifestazione: Mancano 15 femminicidi a Natale… 99 femminicidi solo in Italia in questo anno, uno ogni 3 giorni e mezzo…
Ci sono tante tipologie di violenza, e le potenziali vittime siamo tutte noi, perché chi non ha mai subiti nell’arco della sua vita una violenza: verbale, psicologica, economica, fisica, sessuale.
Si parte dai fattori di vulnerabilità come la solitudine, i valori con cui si è cresciute, soprattutto nelle famiglie dove vige il patriarcato, la cultura della sottomissione (ancora oggi in tante culture il corpo di una donna è merce), la cultura della vergogna (se ti vesti in un certo modo sei una poco di buono). Spesso la donna non è libera di scegliere come dirigere la propria vita, scegliere chi frequentare, quando uscire e talvolta neanche quello che può dire.
Talvolta, in una coppia, ci sono i campanelli d’allarme, ma si fa prevalere il sentimento di attaccamento che porta a giustificare, o nei migliori casi ci si illude di poter cambiare il partner. Invece, per la psicologa, bisogna imparare che “Non si può sistemare la vita degli altri, così come gli altri non possono sistemare la nostra…”. Quindi, giustificare certi atteggiamenti non va mai accettato. E quali sono queste tipiche caratteristiche dei “potenziali” mostri, di quegli uomini che sembravano così bravi, così normali?
Possesso, mania del controllo, gelosia, rabbia, sabotaggio, manipolazione subdola, violenza verbale, sminuire ogni azione della partner. Tutti questi comportamenti generano nella donna/vittima un livello di insicurezza che sgretola la psiche e riduce alla rassegnazione.
Per spiegare con un esempio, la dottoressa ha parlato della famosa “rana bollita”. Perché il ciclo della violenza, talvolta lento, crea il timore della reazione, finché non diventa troppo tardi.
Quando si subisce la prima violenza, spesso la vittima si sente dire: “Non volevo, ma sei stata tua a causare la mia reazione avversa…” e poi diventa un mantra che si ripete, si ha paura di parlare e di reagire.
Anche l’indipendenza economica è molto importante per ridurre lo stato d’animo di sentirsi assoggettate al partner (in Italia solo il 31% delle donne ha un proprio conto corrente).
Una possibilità per migliorare sotto ogni profilo il rapporto di coppia è sempre il dialogo, il supporto reciproco e la comprensione ed accettazione delle nostre diversità fisiche, caratteriali e psicologiche.
Il maestro Roberto Ghetti ha parlato soprattutto di prevenzione e consapevolezza. Fare sport, di qualunque tipo, sostanzialmente educa al rispetto, infatti, difficilmente i bulli fanno attività sportiva. Uno dei primi suggerimenti a noi donne è stato quello della attenzione ai luoghi dove ci troviamo, analizzarli e mapparli in modo da trovare scappatoie, uscite di sicurezza, punti sicuri, essere sempre in allerta.
Poi si è parlato di “prossemica”, la scienza che studia lo spazio o le distanze come fatto comunicativo; lo studio, cioè, sul piano psicologico, dei possibili significati delle distanze materiali che l’uomo tende a interporre tra sé e gli altri, questo perché non si arrivi impreparati al momento di stress maggiore per una vittima, cioè quello di essere messa con le spalle al muro, o ancora peggio coricata per terra, dove spesso subentra la fase del “freezing” che si manifesta con la bradichardia e l’immobilizzazione totale, come una sorta di congelamento che paralizza.
La prossemica si divide così:
1. Distanza Pubblica: dai 5 metri in poi viene consigliata di attivare una semplice fase di osservazione e monitoraggio del comportamento del soggetto che è vicino alla nostra posizione.
2. Distanza Sociale: meno di 3 metri, quelli che occorrono ad esempio per darsi la mano, qui bisogna attivare altre difese (che ci verranno spiegate nel prossimo incontro di corso pratico)
3. Distanza Privata: meno di 1 metro. Qui è quasi sempre consigliato il Fight or Flight, tradotto con Combattere o Fuggire perché il nostro corpo avverte una minaccia alla sua incolumità.
4. Distanza Intima o contatto, dove diventa necessario conoscere tecniche di difesa.
In casi di pericolo, può aiutare il tipo di postura, saper utilizzare la voce, soprattutto se si può essere uditi, e una difesa legittima per interrompere il contatto indesiderato. Anche tutto questo verrà approfondito nei prossimi due incontri.
Ultima a intervenire, ma molto interessante, la responsabile della tutela delle donne e dei minori della nostra Polizia Locale, Sonia Bernardi. Non solo ci ha raccontato alcuni episodi ai quali ha dato supporto durante la sua carriera, ma ci ha caldamente invitate a vigilare anche noi nel nostro quotidiano. Le persone vittime di violenza, spesso perdono la consapevolezza di esserlo, non sempre trovano persone disposte all’ascolto, ad avere il tempo per aiutarle, per accompagnarle. Dobbiamo far capire che fare denunce, esposti o segnalazioni fa parte del nostro dovere civico di cittadine che si rendono utili agli altri, non solo perché in una famiglia vive violenza una donna, ma perché se ci sono anche dei minori, certi traumi non se li trascinino dietro per il resto della loro vita.
Noi dobbiamo diventare anche le sentinelle dei nostri vicini.
E con questa raccomandazione, il primo incontro teorico è terminato. Oggi 2 dicembre l’incontro pratico.
Paola Tacchini