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‘Insegnanti solo per lo stipendio? Galimberti ha torto’

15 Gennaio 2022

Caro Direttore,

è di qualche giorno fa la diatriba innescata dal filosofo Umberto Galimberti che in un’intervista televisiva definiva gli insegnanti innamorati prima di tutto dello stipendio e del posto di lavoro. Piccola nota polemica a margine: vogliamo disquisire di quanto siano innamorati dello stipendio e del posto fisso i nostri parlamentari, che sono pure inguaribili assenteisti e percepiscono mensilmente compensi decisamente diversi? Qui ci troveremmo tutti d’accordo. Si sono sentite risposte scandalizzate da parte di molti, e io stessa insegnante da decenni, mi sono sentita offesa. A distanza di qualche giorno, dopo alcune riflessioni, vorrei esprimere la mia opinione, magari per un confronto costruttivo. La mia lunga esperienza mi spinge a osservare che nella stragrande maggioranza dei casi gli insegnanti sono persone che amano il loro lavoro e che si impegnano. Pensiamo a come hanno imparato a gestire la DAD dall’oggi al domani, rivoluzionando tutto il loro sistema di insegnamento. Ne hanno inventate di tutti i colori per non lasciare gli alunni in balia di se stessi in una situazione completamente nuova e imprevista. Non era facile. Ore trascorse davanti al PC con alunni non sempre disposti a collaborare, anzi spesso pronti ad approfittare della mancata presenza. Gli insegnanti hanno indubbiamente tanti limiti dovuti alla formazione estremamente lacunosa che cercano di superare con il buon senso e la buona volontà, al sistema scolastico inadeguato, alla richiesta continua di pratiche burocratiche che vanno spesso a scapito dell’insegnamento. Ma, a mio parere, secondo la mia esperienza di docente che ha cambiato molte sedi in giro per l’Italia, gli insegnanti, in generale, sono all’inizio magari resistenti di fronte alle novità, ma poi si buttano anima e corpo nelle imprese. E non certo perché sono innamorati dello stipendio. Questo soprattutto nella scuola primaria e secondaria di primo grado. Diverso il discorso per i docenti universitari che hanno un approccio completamente diverso nei confronti dei loro allievi. Più distaccati, più portati a sentirsi portatori di verità, a volte quasi infastiditi da ragazzi al contrario abituati a un rapporto personale con l’insegnante, sempre parlando della mia esperienza e sicuramente spero non sia così per tutti, tengono la lezione ex catedra dall’alto della loro sapienza, o magari si affidano a giovani assistenti, accettano a fatica le domande e le richieste degli studenti, vogliono essere contattati via mail, ma non sempre leggono le missive e rispondono. Mi è capitato di vedere lezioni a a distanza dopo due anni di pandemia avviate con notevole difficoltà a causa della mancanza di dimestichezza con la tecnologia (!). Ma il titolo di Professore dà lustro e risonanza, e il trattamento economico pure.  Allora bisogna operare un distinguo, non fare di tutta l’erba un fascio. Non posso tuttavia  negare di aver incontrato personaggi che definire folkloristici è un eufemismo. Insegnanti aggirarsi impettiti per i corridoi e in sala insegnanti esibendo con orgoglio  capi di abbigliamento adatti ai loro alunni. Ed è anche vero che sul mio percorso sono stati presenti colleghi tanto solerti nella compilazione del registro personale quanto incapaci di tenere una classe, che sono arrivati a scaraventare banchi. Ho trovato colleghi molto più impegnati a promuovere se stessi che ad affiancare i ragazzi nella loro crescita personale, e altri estremamente attenti alla loro salute cagionevole che dovevano essere sostituiti in continuazione, altri ultimamente refrattari a ogni tipo di cambiamento in ambito tecnologico. Ma questi casi non possono certo essere quelli che confermano quanto affermato da Galimberti. Fare l’insegnante non è semplice.

Paola Pieri

insegnante

Una risposta

  1. Ho insegnato per ben 33 anni. Ma ho conosciuto bene anche il lavoro di amministratore pubblico (20 anni) e di architetto-urbanista (49 anni). Credo pertanto di poter dire la mia con cognizione di causa. Ritengo che il lavoro dell’insegnante, pur difficilissimo, sia sicuramente il più gratificante, non certo sotto l’aspetto economico, ma per l’entusiasmo e l’estrema capacità di percepire le novità che, correttamente trattati, ti sanno trasmettere i ragazzi. Il lavoro di pubblico amministratore, se lo vuoi fare, come dovrebbe essere, solo per renderti utile alla comunità è, in realtà il meno gratificante e ti espone a rischi seri di tutti i tipi, anche se è doveroso farlo, per periodi di tempo non troppo lunghi, non fosse altro che per restringere il campo che viene spesso occupato da corruzione e clientelismo. Il lavoro professionale, pur spesso affascinante, è però anche quello più usurante e raramente garantisce adeguato ristoro economico a chi lo voglia fare correttamente.

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