Gli insegnanti sono rimasti sinceramente sorpresi dai risultati delle prove Invalsi?
La cosa stupefacente è stato constatare che tutto sommato le risposte siano un po’ meno disastrose per quanto riguarda la scuola primaria. Dalla prima media poi, un tracollo vero e proprio. C’era da aspettarselo e la dad non ha fatto altro che dare la mazzata che prima o poi sarebbe comunque arrivata. La dad è stata un male necessario, che non ha fatto altro che enfatizzare difficoltà presenti, scarso senso di responsabilità da parte di molti alunni spalleggiati dalle disposizioni ministeriali che da marzo imponevano a fine anno scolastico scelte obbligate. Avanti tutti!
Se sono onesti con se stessi i docenti delle scuole secondarie di primo grado dovrebbero ricordare con quanta apprensione leggano ogni anno in occasione della formazione delle classi prime i resoconti degli insegnanti che li hanno preceduti, riscontrando costantemente livelli sempre meno incoraggianti. Si parla di competenze da valutare, ma come si possono raggiungere competenze se le conoscenze hanno basi molto poco solide? Come costruire un grattacielo su castelli di carte? In realtà votazioni positive non corrispondono a vere acquisizioni, perché una sufficienza non si nega a nessuno alle elementari, alle medie pure. Com’è possibile che generalmente quasi mai in una classe non ci siano valutazioni inferiori al 6 in italiano? Tutti bravi a scrivere correttamente, tutti sufficienti in grammatica, tutti in grado di esprimersi oralmente?
Un tempo essere promossi con la media dell’otto era motivo di grande orgoglio, ora invece corrisponde alla mediocrità: al di sotto del 4 non si va, il 5 è raro. Così si arriva al 9 e al 10, le eccellenze, con facilità, e i ragazzi (e le famiglie) non sanno quanto realmente valgano o dove siano carenti fino alla fine della secondaria di secondo grado. Richieste sempre più basse, valutazioni sempre meno corrispondenti. Alle superiori si raccoglie quanto seminato…senza dimenticare che l’obbligo scolastico impone a tutti di continuare la frequenza. Poi all’università, solo in alcune facoltà in vero, si ritrovano ragazzi spaesati, in grave difficoltà nell’organizzazione del lavoro e con un metodo di studio non consono.
Per non dire che basta poco per finire su un tapis roulant che fa procedere, magari senza aver potuto usufruire, come dovuto, delle attenzioni del caso in modo adeguato in caso di certificazioni di vario tipo. Senza parlare dei genitori pronti a perorare la causa dei loro figli anche a suon di ricorsi.
Nelle classi si trovano ora problemi che un tempo non esistevano che rendono l’insegnamento molto difficile e raggiungere gli obiettivi prefissati risulterebbe impossibile se non si abbassasse continuamente l’asticella. Ci si deve spesso appiattire sul fondo. Anche perché i docenti curricolari, che per la maggior parte si danno parecchio da fare, sono affiancati da colleghi di sostegno che potrebbero agevolare il lavoro in numero sempre più risicato e con disponibilità oraria sempre minore, per allievi sempre più bisognosi e presenti in maggior numero. Al contrario, le richieste nei confronti della scuola sono sempre maggiori, infatti si chiede di affrontare qualsiasi tema o argomento, sia dal punto di vista cognitivo, che educativo, che affettivo, visto che la società e le famiglie sono spesso assenti o non in grado di affrontare situazioni problematiche.
La scuola è stata per troppo tempo dimenticata, le varie riforme che si sono succedute hanno portato quasi esclusivamente novità di tipo formale e burocratico, con pochi concreti miglioramenti. Il risparmio sugli stanziamenti invece è stato portato avanti con continuità: classi numerose infarcite di problemi, meno insegnanti e spesso poca continuità, attrezzature e dotazioni scarse e antiquate, e via di questo passo.
Viene spontaneo ripensare al passato, quando la maestra unica consegnava agli insegnanti delle medie ragazzini che sapevano leggere e scrivere tutti almeno sufficientemente in modo corretto , che sapevano le tabelline, padroneggiare le quattro operazioni, ragionare su problemi matematici, sapevano studiare e destreggiarsi sui libri. Erano capaci di controllare il loro comportamento a scuola. E se andavano incontro a qualche insuccesso, non era una tragedia ma si dava il giusto peso. Ognuno con i suoi punti di forza e di debolezza, ma con consapevolezza. Condivido con Alessandra Fiori il fatto che una riforma seria deve partire dagli insegnanti, non calando sulla loro testa decisioni sbagliate, ma ascoltando nella scuola vive ogni giorno.
Paola Pieri
Una risposta
Analisi acuta e veritiera, sono completamente d’accordo.