Alla fine degli anni ’50, lo schienale ribaltabile, quando venne presentato, riscosse un grande successo. Di fronte alla forte richiesta, siccome non tutte le auto nuove ne erano provviste, intraprendenti meccanici si specializzarono nel trasformare il sedile da fisso in ribaltabile. Era facile, all’epoca, per i fidanzati appartarsi in auto lungo le solitarie stradine della campagna cremonese, ma il sedile ribaltabile offriva maggiore libertà di manovra per le effusioni. In pochi anni, grazie a quel dispositivo, si registrò un aumento delle nascite e dei cosiddetti matrimoni riparatori.
Anche se non serviva, il sedile ribaltabile era un optional irrinunciabile per Luigino C., un muratore che con grandi risparmi era riuscito a realizzare il sogno cullato da anni di possedere una Fiat 500. Venne colpito da un autentico culto per la sua auto. La domenica trascorreva la mattinata lavandola da cima a fondo. Prima all’esterno con la spugna e lo shampoo che diluiva in un secchio pieno d’acqua, poi accarezzando la carrozzeria con la pelle di daino per asciugarla. Seguiva la pulizia dell’abitacolo. Stendeva ad asciugare al sole i tappetini lavati con acqua e sapone, passava e ripassava una spazzola sui sedili e distribuiva con un panno un composto che rendeva brillanti la plancia e il cruscotto. Poi si dedicava alla pulizia del motore usando stracci di casa, togliendo anche lo smog che si depositava nella parte interna del cofano e, come ultimo atto, controllava il livello dell’olio e dell’acqua per poi collocare sui tappetini anteriori due fogli di cartone per evitarne il deterioramento.
Non era un Adone. Di bassa statura, aveva la fronte ridotta, i capelli folti e lunghi, e gli occhi, troppo poco distanziati, gli davano un aspetto quasi scimmiesco. Sopracciglia folte e mascella volitiva completavano il suo aspetto. La morfologia del volto probabilmente era responsabile della scarsa fortuna che fino ad allora aveva avuto con il gentil sesso. Pur avendo compiuto 35 anni, viveva ancora in casa con la mamma, rimasta vedova quando era ancora bambino. Tuttavia, avere un pretendente che possedeva un’auto, nel 1959, costituiva per molte ragazze in cerca di marito un’attrazione che faceva superare l’impatto di un aspetto non proprio attraente. Da quando lo si vedeva al volante della sua 500 fermarsi in paese davanti al salumiere o al negozio di frutta e verdura per fare la spesa, la quota di respingimenti, fino a quel momento piuttosto alta, incominciò a scendere.
Frequentava la sua casa una signorina sulla quarantina, che aiutava la madre nelle pulizie domestiche. Di giusta statura, con un corpo di taglia robusta, sempre truccata, non dimenticava di darsi una passata di rossetto sulle labbra sottili per farle sembrare carnose e di cotonare i capelli neri secondo la moda dell’epoca. Fu lei a manifestare il desiderio di fare un giretto sulla 500, ma Luigino prese tempo. Era bloccato dal pensiero del deperimento generale che la macchina avrebbe subito percorrendo chilometri, del consumo delle gomme e soprattutto temeva che una pioggia improvvisa potesse bagnarla, convinto che l’acqua che si depositava sul telaio o sulla carrozzeria avrebbe provocato la ruggine. Tuttavia, il lungo digiuno amoroso lo convinse a rischiare, tanto più che, vedendo spesso la signorina, si era abituato al suo aspetto e i difetti che aveva notato all’inizio si erano affievoliti. Lucia, questo era il nome della donna impostole per ricordare una nonna defunta, incominciava a occupare i pensieri che lo assalivano nell’anticamera del sonno.
Il sabato prima di Pasqua, verso le 14 e 30, la 500 transitava lungo il ponte sul Po di Cremona con Lucia a bordo, diretta a Castell’Arquato, meta della gita, per vedere le architetture medievali che rendevano attraente la località piacentina e attiravano i turisti. Lui restava in silenzio, preso com’era dalla guida, con l’orecchio pronto a captare ogni rumore anomalo proveniente dal motore o dal differenziale. Lei cercava di attirare l’attenzione scoprendo per qualche centimetro le robuste ginocchia, ma senza successo, tanto lui era concentrato sulla dinamica della sua vettura, dalla carrozzeria brillante e pulita come appena uscita dalla catena di montaggio. Dopo aver ammirato le bellezze architettoniche che si affacciano sulla piazza più alta della località medievale, la visita si concluse in un’antica osteria di fronte al castello sorseggiando vino e mangiando pane e salame.
Uno dei classici temporali estivi improvviso riempì il cielo di nere nubi cariche di pioggia. Il timore che il maltempo potesse danneggiare la macchina incominciò a preoccupare il muratore, il quale anticipò il ritorno, mentre le speranze della signorina di allacciare un rapporto sentimentale con atti concreti diventavano più flebili. Ma, improvvisamente, vincendo la timidezza, egli appoggiò una mano sul ginocchio di lei. Poi, lentamente e poco per volta iniziò a risalire. La mano avanzava e, raggiunto l’obiettivo, Luigino trovò il coraggio di proporre una sosta in una stradina lontana da occhi indiscreti. E, arrivato vicino a casa, quando stava per imboccare la strada bianca che conosceva bene, si accorse che la pioggia l’aveva coperta di fango. Immediatamente il suo pensiero corse al degrado che la sua macchina avrebbe subìto. Come per un riflesso condizionato, tirò diritto verso casa, preferendo non sporcare l’auto, tra lo stupore e la delusione dell’accompagnatrice.
Sperangelo Bandera