La Balilla, i ricordi, il vento

22 Luglio 2022

Durante la seconda guerra mondiale, la vita della gente, tra un bombardamento e l’altro, andava avanti. E si poteva assistere di tanto in tanto a siparietti improvvisati da persone che amavano scherzare per dimenticare per qualche attimo l’angoscia della guerra. La noia di un clima afoso e umido durante l’estate, la sedentarietà imposta dal rigido inverno e il paesaggio monotono e piatto costituivano un ulteriore stimolo per mettere in atto scenette che strappassero un sorriso.

Rompevano la monotonia del clima delle località del Cremonese le rare giornate in cui soffiava il vento che scendeva dalle Alpi: cambiava il paesaggio lucidando il cielo, quasi sempre sfuocato per l’afa o l’umidità, e rendeva brillante il verde dei campi.

Quando soffiava, un commerciante di vino che risiedeva a pochi chilometri dalla città, come in un rito era solito recarsi al cimitero per far visita ai morti portando con sé il figlioletto, al quale raccontava aneddoti della vita degli avi. Avviava la vecchia Balilla a tre marce e, dopo pochi chilometri, la parcheggiava all’ingresso del camposanto, quasi davanti alla tomba di un suo parente stretto. Si trattava di un tipo che visse da scaltro e mai badò a spese. Il bambino venne a sapere che faceva e vendeva gelato e che, per incrementare le vendite, durante un’estate molto afosa, in combutta con un cugino, sepolto vicino, il quale con uno specchietto proiettava, non visto, un raggio di sole tra le foglie di un albero, si mise a gridare al miracolo, fece apparire la Madonna  e vendette agli accorsi una gran quantità di gelato.

Di un altro parente, per parte di madre, il bambino venne a sapere che fu l’unico di tutto il paese a non essere chiamato alle armi per combattere in guerra, a causa di insufficienza toracica. Tuttavia, siccome era l’unico uomo disponibile, riteneva che le donne lo adocchiassero come se fosse un riccone. Per mandare un segnale che le sue energie erano esaurite, con grande ironia si mise a passeggiare per le strade del paese con un robusto lucchetto in fondo al braghetto, suscitando battute e risate.

Ma il clou dei comportamenti disinvolti, che facevano dimenticare le tristezze della guerra sia pure per attimi, deve essere ascritto a un tipo molto particolare, nonno del commerciante. Costui, introverso, era uno scultore del legno e creava medaglioni di ottima fattura e qualche statuina per il presepe, ma era più noto alla comunità per le sue trovate, per il carattere particolare e per le sue disinibizioni.

Un mercoledì, il giorno del mercato di Cremona dove affluivano molte persone, si mise a passeggiare per le vie del centro, dopo aver bevuto il solito bicchiere di Marsala, il vino siciliano che veniva consumato in grandi dosi anche al Nord e di cui era talmente ghiotto che gli amici lo chiamavano “Marsalino”. A un certo punto della mattinata, dopo varie libagioni, scelse una finestra situata a piano terreno di un palazzo attorno a cui c’era parecchia gente. Si attaccò all’inferriata incominciando a gridare, fingendo di tentare di strapparla dal muro: “Deve venire, deve venire”. Le persone, incuriosite, si avvicinavano in attesa dell’evento e, quando l’attenzione fu generale, emise un peto di alta sonorità, subito dopo urlando: “E’ venuta!” e si allontanò tra le risate. A volte cambiava inferriata e, siccome soffriva di meteorismo (all’epoca non esistevano rimedi), la scena si ripeteva.

Finita la visita al cimitero, il commerciante, fatto salire il figlioletto sulla Balilla, tornava a casa all’imbrunire e al vento freddo chiudeva le porte con cura, poi sedeva in silenzio al camino e sua moglie era svelta a portare un cuscino.

 

Sperangelo Bandera

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