Il dibattito e le polemiche sull’incerto futuro dell’Area Donna, il reparto deputato all’assistenza delle pazienti oncologiche, hanno oscurato altre e più importanti carenze dell’ospedale di Cremona. Anche il discutibile progetto di un nuovo, avveniristico nosocomio ha contribuito a distogliere l’attenzione dalle criticità, ma anche dalle eccellenze del Maggiore, tra le altre chirurgia, neurochirurgia e ostetricia. Se un tempo Medicina era il pilastro sul quale poggiava l’organizzazione dell’assistenza ospedaliera, oggi quel ruolo è condiviso da altri reparti e in particolare dalla radiologia che è sempre stata un vanto della struttura cremonese e una risorsa per il territorio. Che cosa sta succedendo adesso?
L’esodo di tre radiologhe esperte nella diagnostica per immagini della mammella ha affossato la capacità dell’ospedale di mantenere in piedi un efficace sistema d’analisi e di screening a supporto dell’attività della Breast Unit. Non conosciamo i motivi reconditi di questo abbandono di massa, anche se ragionevolmente qualche onere potrebbe essere attribuito ai responsabili delle due strutture coinvolte (Area Donna e Radiologia) e meno al direttore Giuseppe Rossi sul quale oggi ricade ogni colpa, anche quelle a lui non imputabili. Al netto dei giudizi di merito dei referenti dei due reparti, è opportuno ricordare che ai responsabili di Radiologia e di Area Donna l’incarico non è stato assegnato dall’attuale direttore generale, ma dal suo omonimo precessore, Rossi Camillo, che ha proseguito la carriera agli Spedali Civili di Brescia dove adesso è direttore sanitario. Camillo Rossi potrebbe avere gettato le basi per il trasferimento dal Maggiore alla Poliambulanza bresciana della Terapia Intensiva Neonatale, decisione formalizzata da Giuseppe Rossi, che ha permesso a quella struttura privata di consegnare a Brescia il secondo Dea, Dipartimento di emergenza e accettazione. Si è assistito a un progressivo depotenziamento della sanità pubblica cremonese a vantaggio di quella privata. Camillo Rossi avrebbe favorito in altre decisioni Mantova che oggi appare avvantaggiata nella gara con Cremona a ottenere un Dea di secondo livello, che ancora manca nel sud Lombardia. Insomma, le responsabilità non ricadono su un’unica persona.
L’abbandono delle tre radiologhe, associato alla sempre più acuta carenza di personale, ha costretto i vertici ospedalieri a rivedere l’intera organizzazione dell’assistenza oncologica e ha determinato un notevole risentimento da parte delle pazienti, dei familiari e di chi aveva investito, economicamente ed emotivamente, sulla struttura. La reazione, affidata ai social e alla piazza, è comprensibile, e le istituzioni non possono ignorarla. Ma la buona politica sanitaria tiene conto di fattori che vanno al di là del sentimento popolare. In controtendenza rispetto a Cremona, l’Asst di Lodi ha inaugurato Area Rosa lo scorso 20 aprile alla presenza dell’assessore Letizia Moratti. Si tratta di una struttura di 580 metri quadrati al secondo piano dell’ospedale di Codogno dedicata alle esigenze di salute della popolazione femminile. E’ dotata di un ecografo di ultima generazione ottenuto di recente grazie a un progetto dell’associazione Il Samaritano con la Fondazione Comunitaria della provincia di Lodi che potenzierà la prevenzione e la diagnosi precoce del tumore al seno.
Considerata l’importanza fondamentale della Radiologia interventistica, sarà cruciale la scelta del nuovo responsabile in sostituzione dell’attuale che è alle soglie della pensione. Oggi questo reparto non è in grado di garantire le prestazioni necessarie ad una serie infinita di necessità medico-chirurgiche, perciò dipende dall’ospedale di Crema. Radiologia è un servizio basilare per l’intera struttura e per tutti i reparti ed una sua debolezza indebolisce l’intero ospedale.
Non sembra invece in grado di rinverdire i fasti del passato il reparto di Genetica, uno dei fiori all’occhiello della sanità cremonese, costruito nell’arco di vent’anni da Pietro Cavalli e che oggi appare irrimediabilmente appassito. In questo, come in altri casi, preservare la continuità operativa nell’avvicendamento naturale dei responsabili garantisce funzionalità e qualità dei servizi.
Le riflessioni sulle più evidenti criticità dell’ospedale maggiore aumentano le perplessità e il clima di sfiducia sul progetto dell’ottava meraviglia del mondo. Non abbiamo garanzie sul Dea di secondo livello. Non conosciamo i contenuti. Mancano riferimenti certi sui medici e sui responsabili. Abbiamo solo una promessa, costruita sulla sabbia. E che fine farà il vecchio ospedale? A Cremona non servono altre case di riposo, ma una sanità efficiente, in grado di coprire tutte le principali necessità della comunità locale. Una sanità non sussidiaria, ma integrata nelle strutture regionali. La Costituzione tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Per una città rassegnata a vestire i panni di Cenerentola il confronto sul nuovo ospedale è un’imperdibile occasione di riscatto.
Vittoriano Zanolli
Una risposta
I commenti sono tutti puntuali e condivisibili. Io saro’ anche ripetitivo, ma secondo mie e’ necessaria una commissione d’inchiesta, vista la sordita’ assoluta dei destinatari. E’ troppo evidente l’assurdita’ del progetto di un nuovo ospedale. E ancora, che fine hanno fatto i 1.500 posti letto originari? Possibile che in tutto cio’ non ci sia spazio per un intervento della Magistratura?