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La benedizione dei veicoli

27 Maggio 2022

A cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, periodo in cui era in pieno sviluppo il fenomeno della motorizzazione degli italiani, il vescovo di Cremona impartiva la benedizione ai veicoli, lungo il viale Po, nel pomeriggio di un sabato di maggio, mese dedicato alla Madonna, perché tenesse lontano gli incidenti, che, all’epoca, facevano circa diecimila vittime ogni anno. Verso le 16,30, tra due ali di vetture parcheggiate a pettine ai lati della strada con il muso rivolto al centro del vialone, sfilava il corteo vescovile composto da alcune berline nere cariche di seminaristi, che precedevano la cabriolet scoperta su cui il presule in piedi ritmicamente disegnava nell’aria con la destra il segno della croce e con la sinistra agitava il pennello della benedizione, che di tanto in tanto intingeva in un vasetto di bronzo ricolmo d’acqua santa. Chiudevano il corteo le grosse e rumorose motociclette Guzzi dei poliziotti al seguito per il servizio d’ordine. I conducenti degli autoveicoli, che si portavano dietro parenti e amici, quanti più la macchina ne poteva contenere, al transito della vettura vescovile si facevano il segno della croce, gesto con cui mostravano la loro partecipazione al rito della benedizione dei veicoli.

L’evento, qualche giorno prima, era annunciato sul giornale “La Provincia” con un titolo a nove colonne, un lungo articolo corredato da qualche fotografia della benedizione dell’anno precedente e, in un riquadro, dal programma dettagliato della manifestazione, che incominciava con “Ore 14: arrivo delle vetture da benedire”, anche se il momento clou dell’evento, cioè il passaggio del vescovo benedicente, avveniva almeno due ore dopo. Tanto anticipo era legato all’impaccio nella manovra dei guidatori, molti dei quali freschi di patente, che avevano scarsa dimestichezza con la retromarcia dovendo parcheggiare le auto a pettine, a più o meno uguale distanza l’una dall’altra. A parcheggio ultimato, il colpo d’occhio prendeva d’infilata, guardando lungo il viale Po dalla periferia verso la città, un luccichio di lamiere variamente colorate, reso brillante dal sole che allietava il sabato pomeriggio di quel 21 maggio 1960.

Nell’attesa dell’arrivo del prelato, era tutto un brulicare di persone attorno alle vetture e, per Francesco M., era l’occasione per poter osservare e analizzare da vicino vari modelli di auto, per fare confronti e alla fine concludere con il ritornello “La mia è ancora la migliore”, giudizio che pronunciava più per autoconvincersi che per far sapere ai vicini le conclusioni della sua analisi comparata.

Sulla quarantina, impiegato come contabile in un’azienda di autotrasporti, la domenica pomeriggio spiegava la dottrina ai ragazzini che frequentavano l’oratorio e, essendo riuscito a mettere da parte i soldi necessari, aveva acquistato una Fiat 600 usata, di colore bianco, come bianche erano le fasce laterali delle gomme, segno di raffinata eleganza per il gusto dell’epoca. Dopo un’estenuante attesa, ecco laggiù in fondo al viale risaltare la mantellina rosso porpora del vescovo, intento a distribuire benedizioni a destra e a sinistra, rispondendo con compiacimento, muovendo il capo in segno di saluto, alla devozione degli automobilisti. Tanta gente affluì in quel pomeriggio di maggio, tra cui molti, che pur non possedendo l’auto, non si lasciarono sfuggire l’occasione di ottenere una benedizione. Giunto alla fine del viale, nell’area chiamata Barriera Po, il corteo, fatta inversione di marcia, era ripassato davanti a Francesco e, mentre il vescovo continuava ad agitare il pennello, qualche goccia di acqua santa era arrivata sul cofano della 600. Francesco, da persona molto pia, interpretò il fatto come il segnale di una particolare protezione di cui la sua macchina avrebbe goduto, di un sovrappiù di sicurezza elargito dal cielo. Come nelle precedenti edizioni, il finale divenne caotico a causa delle manovre collettive per uscire dal parcheggio.

Una lunga colonna di auto si allontanava lentamente procedendo a singhiozzo con soste e brevi accelerazioni. A regolare il traffico all’incrocio con via del Sale si ergeva su un piedistallo un vigile urbano. Quando a braccia aperte si girò forse un po’ bruscamente verso la fiumana di macchine benedette per bloccarne il flusso e dare strada alle auto in attesa di attraversare l’incrocio, il primo della fila frenò di colpo innescando un tamponamento a catena, in cui venne coinvolta la 600 che riportò danni nella parte anteriore, proprio dove poco prima erano cadute quelle rassicuranti gocce di acqua benedetta. Il cofano era in parte ripiegato su se stesso, i fari distrutti, sull’asfalto cocci di vetro e pezzi di lamiera. Ancora prima di scendere per constatare i danni subiti, dal finestrino aperto uscì una litania che di celeste non aveva niente, ma era composta da imprecazioni e da improperi contro la benedizione delle auto che avrebbe fatto invidia al grande bestemmiatore Capaneo di dantesca memoria, e che è bene non riferire.

 

Sperangelo Bandera

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