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Diocesi mobilitata a Caravaggio immobile a Picenengo

11 Aprile 2024

In qualità di membri del comitato spontaneo di cittadini di Picenengo, scriviamo per esprimere il  nostro pieno appoggio e ammirazione per l’azione intrapresa dalla Diocesi di Cremona nel contrastare  l’edificazione del polo logistico vicino al Santuario di Caravaggio. La determinazione e il coraggio  mostrati sono un faro di speranza per tutti noi che crediamo nella salvaguardia del suolo, bene quanto  mai prezioso per contrastare i cambiamenti climatici e per abbassare le temperature medie dei  territori che, in presenza di cemento, aumentano in media di 4 gradi.

Elogiamo questa iniziativa e confermiamo la nostra presenza all’evento del 20 aprile ma non possiamo  fare a meno di sottolineare una questione fondamentale che riguarda tutti noi: la necessità di  un’opposizione ferma e univoca contro l’espansione incontrollata di poli logistici e l’erosione del  suolo. È imperativo che queste battaglie non si limitino a difendere solo i siti di significato storico o  religioso, ma si estendano a tutelare ogni angolo del nostro paesaggio minacciato dall’urbanizzazione  selvaggia e dalla speculazione edilizia. 

Non tutti sono a conoscenza del fatto che a Picenengo sono recentemente stati approvati due grandi  progetti di urbanizzazione: un polo commerciale/artigianale da circa 60 mila metri quadrati e un polo logistico da  155 mila metri quadrati (nella foto centrale). Caso vuole che i terreni di quest’ultimo polo (addirittura più estesi di quelli su cui verrà  costruito a Caravaggio e per cui la Diocesi si sta mobilitando) siano per una parte di proprietà della  Diocesi stessa che ha accettato, in questo caso, di venderli permettendo l’insediamento di un nuovo  polo logistico alle porte di Picenengo che andrà a peggiorare sensibilmente le vite dei cittadini. 

Ci chiediamo allora se le belle e condivise parole riportate su “Il Mosaico” (strumento di  comunicazione della Diocesi) che è arrivato in questi giorni nelle nostre case possano valere anche  per Picenengo o siano da considerarsi unicamente riferite ad insediamenti nei pressi di luoghi di culto  o di interesse storico. 

Ce lo auguriamo fermamente perchè crediamo che il suolo, l’ambiente e il paesaggio debbano essere  tutelati in ogni caso. 

La diocesi si sta impegnando in un ricorso al Tar per evitare ulteriore consumo di suolo e interventi  che deturpino l’ambiente della nostra Pianura Padana, ma perchè allora il cosiddetto “scudo verde”  che propone non può essere ipotizzato, oltre che sui territori nelle vicinanze del Santuario, anche  anche per gli altri terreni che corrono il rischio della medesima sorte? Perchè non è possibile evitare la  vendiTa della porzione di terreno della Diocesi destinata alla cementificazione? 

Con fiducia e speranza nel futuro, 

 

Comitato Cemento Picenengo

6 risposte

  1. Giusto! La Diocesi mentre da un lato si oppone alla costruzione di un orribile polo logistico che rovinerebbe il panorama circostante il Santuario, dall’altra tace. Si tratta di proteggere l’estetica da una parte, e solo marginalmente coinvolge l’ambiente e la salute umana, mentre a Picenengo non essendoci un problema estetico/religioso non vale la pena lottare? Preservare dalla cementificazione pare aver senso solo in certi casi, per la Diocesi! Non va bene. Una costruzione seppur consacrata non ha più valore della salute e della vita dei cremonesi di Picenengo. Oltretutto nel caso del santuario di Caravaggio il polo logistico deturperebbe il paesaggio da un territorio posto addirittura su un altro comune, Misano. Non va bene.

  2. Perché come già scrissi l’ambientalismo diocesano sembra essere di facciata,a seconda degli interessi in gioco, come in tanti altri ambiti d’altronde, per cui io credente dalla nascita, non mi riconosco più in questa chiesa. Al santuario c’è il movimento dei fedeli con l eventuale business collegato da tutelare, a Picenengo forse il business che interessava era proprio finalizzato a ricavare i soldi da quella vendita. Poi chi se ne frega del destino d’uso. Due pesi e due misure dunque già scrissi. Un ambientalismo di facciata o meglio nessun ambientalismo ma solo apparenti mire speculative. Nessun sincero interesse per l’ambiente in entrambi i casi. Ma questa è solo un’ipotesi. Vorrei pensarne un’altra.

  3. Spero che il Comitato abbia inviato questa lettera a tutti i giornali locali, regionali e anche a testate nazionali; l’informazione e la divulgazione di questo atteggiamento a due facce verso lo stesso problema deve raggiungere il maggior numero di persone.

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