Uno slogan in voga quarant’anni fa descriveva in modo enfatico ma complessivamente veritiero una realtà allora in piena espansione: ‘La Fiera è il volano dell’economia cremonese’. Si riconosceva all’allora Ente autonomo manifestazioni fieristiche un ruolo decisivo nella promozione delle eccellenze locali, che nel caso dell’agricoltura, della zootecnia, dell’agroalimentare, della musica e della cultura tuttora rappresentano ciò che di meglio la provincia di Cremona esprime a livello nazionale. I prodotti da valorizzare ci sono ancora, mantengono smalto, ma la vetrina ha perso attrattiva. E’ spenta. Il colpo di grazia l’ha inferto Coldiretti, socio di CremonaFiere, che ha svuotato la Mostra internazionale del bovino da latte, oggi condivisa col Centro Fiera del Garda di Montichiari. Tra gli espositori mancano buona parte delle aziende al servizio dell’agricoltura col relativo apporto economico. Le Fiere Zootecniche non sono più il pilastro che sorregge finanziariamente l’annuale calendario di rassegne. A Cà de’ Somenzi si lavora in perdita e il disavanzo di 1 milione di euro registrato nel bilancio 2022 ne è la prova lampante. I soci si rifiutano di ricapitalizzare come pure gli investitori esterni appositamente interpellati.
E’ un futuro tutt’altro che roseo quello che attende CremonaFiere anche perché l’aiuto promesso dalla Regione ben difficilmente si concretizzerà con l’erogazione dei finanziamenti promessi. L’ex assessore alle Politiche agricole Fabio Rolfi si è rivelato il cavallo sbagliato sul quale puntare. A dispetto del ruolo attivo svolto nello scippo della Mostra del bovino, Rolfi è stato ripetutamente accolto dai maggiorenti della Libera associazione agricoltori come la Madonna pellegrina ad ogni sua visita in città. Strette di mano, pacche sulle spalle, abbracci e tappeti rossi si sono sprecati per un personaggio politicamente finito dopo la sconfitta incassata a Brescia, la sua città, dove la Lega l’aveva candidato sindaco alle recente elezioni amministrative.
Sbagliato l’investimento su Rolfi, i responsabili della Fiera hanno bussato in settimana alla porta del ministro del Turismo Daniela Santanché nota a Cremona perché protagonista fissa della serie ‘prendi i voti e scappa’. Le è stato presentato un progetto di rilancio turistico che ruota attorno alla Fiera e che più vago di così non si può: sorrisi di circostanza, foto di rito e chi s’è visto s’è visto. A questo punto non resta che arrendersi all’evidenza: Cremona in genere, e la Fiera in particolare, non hanno più santi in paradiso.
Non resta che fare autocritica, prendere atto degli errori e della situazione che si è venuta a creare a tentare l’impossibile: cercare un partner. Erano arrivati a un passo dall’impresa l’allora presidente Antonio Piva e il direttore generale Massimo Bianchedi. Ma il Comune di Cremona, che in consiglio figura tra i soci fondatori, si mise di traverso e l’accordo con le Fiere di Vicenza e Rimini sfumò e con quello il progetto del secondo polo fieristico italiano. La fusione era stata cercata in precedenza con altri partner potenziali perché già dieci anni fa si capiva che la strada da battere era principalmente quella delle aggregazioni. Mentre il sindaco Gianluca Galimberti al ‘World Milk Day 2021’ decretava Cremona ‘capitale mondiale del latte’, non si è mai capito su quali basi e a che titolo, Milano e Parma trattavano la fusione delle rispettive Fiere, concretizzatasi lo scorso anno. I più forti si uniscono, dando vita al più grande polo fieristico italiano e in linea con i maggiori concorrenti europei mentre Cremona appare sempre più sola e isolata, condannata al ruolo di Cenerentola. Visti i chiari di luna, anche i cugini cremaschi hanno rifiutato comprensibilmente di entrare nella compagine societaria di Cà de’ Somenzi.
Il maldestro tentativo di nascondere la notizia del pesante disavanzo di bilancio, infilandola tra le righe del comunicato dell’ufficio stampa diffuso lo scorso 27 maggio, non modifica la drammatica realtà. Avanti di questo passo Cremona perderà anche la Fiera. Le responsabilità sono da ricercare tra i responsabili, non all’interno di un contesto generale oggettivamente difficile, aggravato da pandemia e guerra in corso. La città e il territorio pagano a caro prezzo la pochezza della sua rappresentanza politica e l’incapacità di tessere relazioni d’alto profilo che condannano la provincia alla progressiva marginalità.
Vittoriano Zanolli
5 risposte
Da quello emerso negli ultimi giorni sulla gestione delle sue società forse non è la persona giusta a cui chiedere…
Ha ragione.
Ancora una volta la classe dirigente,TUTTA, mostra la propria inettitudine ; siamo diventati territorio di conquista e ce lo siamo meritato. Gli inetti al potere: che guaio!
Ho letto il tuo pezzo, che condivido appieno. Cosa ci potremmo aspettare da questa “classe dirigente”? (senza scomodare Putin o Zelenski) Ciao e complimenti
Grazie.