Oggi, a settant’anni dalla scomparsa, chi è davvero Alcide De Gasperi, per quanti hanno concorso all’esperienza del suo partito, per tutti gli italiani, per la concezione della politica di cui avremmo bisogno nell’attuale fase storica?
È solo l’icona di una memoria che via via il tempo illanguidisce e corrode oppure continua ad essere un riferimento vivo che molto ha da insegnare ai giorni nostri?
De Gasperi fu un uomo nato povero e rimasto umile, sobrio e devoto. Antifascista e anticomunista, fedele alla sua concezione della democrazia come ”antidittatura” ha riscattato l’onore dell’Italia – fattasi complice, morale e materiale, della criminale furia nazista – di fronte alla comunità internazionale; ha orientato e realizzato gli indirizzi di cui tuttora vive la nostra collocazione nei paesi liberi e democratici nel contesto europeo ed occidentale; ha guidato la ricostruzione morale e civile, politica e materiale di una nazione distrutta dal bellicismo fascista.
Oggi si torna ad affrontare, mi auguro seriamente, il tema delle possibili forme di un impegno pubblico di ispirazione cristiana e De Gasperi ci insegna come sia necessario un rapporto tra fede e politica, in cui la prima sia esperienza personale, vissuta e testimoniata, e non come qualcosa assunto in termini sociologici o intellettuali.
Sulla scorta della lezione sturziana, ci dà conto, grazie alla sua azione di governo, dei caratteri insuperabili, in nessun modo ideologici, capaci di trascendere il tempo delle differenti contingenze storiche, del “popolarismo”, baricentro della cultura politica cattolico-democratica, fonte e garanzia della sua perenne attualità.
Al suo tempo, il “centro” era una realtà viva, non la palude dell’aggiustamento aritmetico di istanze contrapposte; dettava una linea politica; era guidato da un partito “in movimento” verso ideali di libertà e di giustizia sociale; sapeva cogliere la cifra del sentimento popolare del momento e, per questo, rappresentava il cardine del sistema politico e ne imponeva il passo.
Oggi il lascito più prezioso di cui dobbiamo essere grati a De Gasperi è dato da quella cultura della coalizione di cui anche oggi avremmo bisogno.
La coalizione non è un’alleanza qualunque. È antitetica all’accentramento del potere e alla sua pericolosa personalizzazione. Tanto meno è un cartello elettorale, e neppure un confuso processo di fusione tra forze di diversa originaria impronta culturale, guidato da ragioni tattiche che, per quanto invocata, non riescono ad assumere dignità strategica, dal momento che il tentativo di uniformare, accorpandole forzosamente, le diversità altro non ottiene se non di elidere reciprocamente le potenzialità dei differenti attori.
La coalizione non teme ciò che specificamente connota una determinata cultura politica, anzi ne esalta l’identità, le radici fondative da cui trae ispirazione. Non è tentata di nascondere sotto il tappeto, dove finiscono per paralizzarsi a vicenda, le dissonanze tra le forze che vi concorrono. Al contrario, fa proprio il portato delle diversità che, assunte e rispettate secondo una chiara consapevolezza del loro valore, diventano motivo di forza. Secondo una modalità di rapporti che trovano un punto alto di convergenza e di mediazione non in una mera ragione di potere, ma secondo l’interesse generale del Paese in quel determinato e circoscritto frangente storico.
La vera coalizione non comprime i valori e gli ideali delle singole forze che ne fanno parte e, così facendo, esalta il valore e la piena legittimità della rappresentanza, rifuggendo dalla tentazione di sacrificare il suo libero dispiegarsi alle ragioni della governabilità. Salvaguarda la centralità del Parlamento, che rappresenta l’architrave della democrazia, nella misura in cui costituisce il presidio del libero articolarsi dialettico del discorso pubblico, ben oltre il perimetro di Camera e Senato, nella generalità della società civile.
Anche oggi abbiamo bisogno di ragionare nei termini di una vera coalizione cui concorrano le forze che si riconoscono in una visione popolare e liberal-democratica del nostro domani.
Giuseppe Trespidi
segretario provinciale UDC Cremona
2 risposte
A quanto pare questa ” cultura della coalizione” degasperiana è stata ampiamente, beffardamente tradita dalle forze della coalizione alle ultime elezioni comunali. Forze che, nella loro diversità,lungi dal diventare motivo di forza,son diventate motivo di debolezza, che pur non sacrificandosi alle ragioni della governabilità,, hanno tutt’altro che esaltato il valore della rappresentanza. Si ragionate pure attorno ad una vera coalizione, ove egoismi di parte non prevalgano sul bene comune, come successo a livello locale, per poi pensare di cavarvela col governo ombra,perso malamente, scioccamente il governo vero. Ne avete infinitamente bisogno.
E del listone che cosa avrebbe pensato De Gasperi? Il giusto modo per esserci tutti insieme appassionatamente dividendosi le poltrone senza assumersi responsabilità!