Riccardo Scozzi aveva una macchia sul viso.
Se n’era accorto un giorno, tremendamente indaffarato ad aprire tutti e sei i rubinetti del bagno dell’asilo.
A metà della missione, aveva per caso alzato gli occhi e, riflesso nell’immenso specchio in testa al lavandino, si era per la prima volta riconosciuto.
Era tutto ricciolo, di una carnagione tendente al candido, tanto che accanto a quel brunaccione di Nicola Frigerio, non poteva escludere che uno dei due fosse stato adottato.
Una volta a casa, non aveva resistito a chiedere alla mamma come mai lui avesse quella roba sul viso.
– Hai solo una bellissima voglia.
– Voglia di cosa? – aveva risposto Riccardo, nel pieno dell’età dei perché.
Mamma aveva riso: – Voglia di caffelatte, amore.
Sarà, il caffè nel latte gliel’aveva messo solo Nonna Adriana e non è che gli fosse piaciuto molto, quel sentore amaro in bocca.
Così, circondato da altri mille stimoli, Riccardo si era dimenticato di tutta quella voglia ed era cresciuto in altezza e larghezza, e quella piccola imperfezione carina con lui.
– Scozzi, che è successo? Ti sei cagato in bocca?
Al cambio dell’ora, Flavio Ruggeri sogghignava masticando compulsivamente una Daygum. Riccardo era corso in bagno, si era specchiato e si era accorto che quella macchia che un tempo era solo una leggera nube sul suo volto, si era estesa ed era coperta di tanti altri piccoli nevi.
Guardandosi, Riccardo Scozzi aveva avvertito un prurito mordace.
Era come se fosse la macchia a guardarlo e non il contrario.
Un fremito incontrollabile gli aveva portato la mano ai limiti della bocca, dove quello schifo sorgeva.
Se alla vista quelle screziature erano dei bruttissimi isolotti di un arcipelago tutto frastagliato, al tatto erano ruvidi come scogli su cui è impossibile attraccare.
Così le sue unghie non si limitarono a toccacciare quelle protuberanze, ma si accanirono per estirparle dalla pelle come si fa con le erbacce.
Riccardo grattava e grattava, e più grattava e più il suo viso da roseo si faceva purpureo. E più rosso diventava, più si agitava al pensiero di essere in ritardo per la lezione della Manzoni; e ancor più vano sembrava il suo tentativo di scrollare quel parassita dalla sua faccia. Quanto odiava sua madre per tagliargli ancora le unghie delle mani in prima media.
Tornato in classe, la Professoressa Manzoni stava già spiegando la scrittura polinomiale da un pezzo.
– Scozzi, lo sapevi che oggi interrogavo! Sei scappato in bagno per non farti chiamare? Come spesso gli capitava da quando aveva abbandonato le elementari, Riccardo sgusciava fra i vari banchi a capo chino.
All’appello della professoressa si era coperto mezza guancia, come fanno gli uomini, una volta
adulti, quando si pizzicano la barba per prendere tempo.
– Riccardo! Che hai fatto?
– Cosa?
– Riccardo! Sanguini!
Nonostante avesse tamponato il proprio viso per una manciata di minuti, come in tutte le scuole medie che si rispettino, la carta igienica della Cristoforo Colombo dopo un quarto di rotolo era già finita.
Riccardo era stato scoperto. Il suo viso scorticato pareva un campo di battaglia tappezzato da buche, ma soprattutto non sapeva come giustificarlo.
– Oh, questo… prof… è solo un’allergia!
– Allergia alla vita, ahah!
Non furono troppe le risa dei compagni alla battuta di Ruggeri, ma abbastanza da fargli credere che la vita, ad avergli dato un viso tutto il contrario di intonso, un po’ ce l’avesse con lui. Poco importava che la Manzoni avesse chiamato la bidella per medicarlo; ancora meno delle scuse posticce che Ruggeri, una volta recapitata una nota sul suo registro elettronico, era stato obbligato a porgergli; seppur celata da numerose escoriazioni, la macchia di Riccardo Scozzi persisteva sul suo volto, quanto nella sua anima.
– Ricki, com’è andata oggi a scuola?
– Bene, mamma.
– Ha interrogato la Manzoni?
– No, ha spiegato… Ti saluto mamma, sono appena arrivato a casa!
– Ricordati di scaldare le lasagne al microonde! Io torno per le quattro!
Messo giù il telefono, Riccardo Scozzi ne era certo: quando la macchia qualcuno la porta dentro, l’unico rimedio è tranciarla di netto.
Al posto delle lasagne, sul tavolo della cucina, un biglietto.
“Mamma scusa. Mi sa che sono allergico, allergico alla vita.”
Nicola Maria Fioni
Racconto originariamente pubblicato da Narrandom, edito da Marco Volpe