E’ entrato nel vivo con l’incontro di stamattina ai Giardini pubblici, il Festival della Mostarda, giunto alla nona edizione. Hanno partecipato la storica Carla Bertinelli Spotti, l’imprenditore Carlo Vittori titolare dell’azienda produttrice Fieschi e Vittoriano Zanolli in rappresentanza della delegazione di Cremona dell’Accademia Italiana della Cucina che patrocina la manifestazione. Erano presenti gli studenti di due classi dell’ultimo anno dell’Istituto Einaudi con i quali è nato un confronto coi relatori e il moderatore. E’ intervenuta la food blogger cremasca Annalisa Andreini, coautrice di un libro sul tortello cremasco e di un ricettario, che ha collaborato con la manifestazione proponendo insieme con gli chef originali impieghi della mostarda in cucina. E’ intervenuta anche Enrica Marta Orsini, titolare della ditta Leccornie di Pandino.
Momento centrale della prima giornata del Festival, insieme con le singolari degustazioni della mostarda col salame, svoltesi nel pomeriggio, è stata la relazione di Carla Bertinelli Spotti, che riportiamo integralmente.
La mostarda, insolito e piccante insieme di frutta candita, di sciroppo zuccherino e di senape fa parte ormai da tanto tempo delle glorie gastronomiche lombarde e ha un’origine antica. Fin dal Medio Evo, però, la mostarda si identificava con il mosto cotto (succo d’uva fatto bollire in modo che si riducesse di un quarto) unito alla senape: secondo l’etimologia corrente, infatti, mostarda significa mustum ardens, reso ardente e piccante dalla senape. Insegnano a prepararla in tal senso diversi trattati di cucina del 1300 e del 1400 di autore anonimo e lo stesso mastro Martino, l’amatissimo e tanto lodato maestro del Platina ci dà ben tre ricette di mostarda in tal senso (bianca, roscia o pavonaza e in pezzi da viaggio). E ancora prima in cucina i romani usavano la “sapa”, il mosto cotto, con il miele e senza senape per conservare la frutta, mentre la senape era ottima per insaporire carni, pesce, verdure: così suggeriscono Catone, Columella e Apicio.
La prima mostarda di frutta con la senape di cui si hanno testimonianze è quella di Voghera. Il 7 dicembre 1397, infatti, da Abbiategrasso, Maffiolo De Birago, cancelliere del duca Giangaleazzo Visconti, signore di Milano, invia una lettera al podestà di Voghera, Luchino Crivelli, perché ordini per le feste di Natale allo speziale Pietro de Murri uno zebro grande de mostarda de fructa cum la senavra, buona come solo lui sa fare perché piace tanto alla illustrissima Madonna vostra consorte (la Duchessa Caterina) e a tutti li familiari (i figli Giovanni Maria e Filippo Maria). Vuole che il podestà gliela invii per tempo, prima del Sancto Natale perché bone fa le robbe de lo disnare et li caponi et la cacciagione et li viteli boliti et allo spiedo.
Nella lettera della cancelleria viscontea compaiono alcuni degli elementi che saranno caratteristici anche della mostarda di Cremona: il mastello (zebro) grande che la contiene, la consuetudine di mangiarla in occasione dei pranzi di Natale e l’abbinamento alle carni lessate e arrostite. Il collegamento con Cremona è quasi sicuramente rappresentato dai Visconti, signori di Cremona dal 1334 e ad essa strettamente collegati da Bianca Maria della quale il ghiottone Gian Galeazzo era il nonno. A lei la leggenda attribuisce il merito di un’altra gloria gastronomica cremonese: il torrone, cioè un dolce di mandorle e miele, fatto a forma di torre e presentato proprio alle sue nozze con Francesco Sforza, celebrate a Cremona il 25 ottobre 1441. Quello che per il torrone è pura leggenda per la mostarda sembrerebbe invece quindi poter avere qualche appiglio documentale.
Dopo questi illustri e doverosi riferimenti alla mostarda di Voghera, voglio soffermarmi su quella di Cremona che ha avuto grande fortuna per merito soprattutto dell’abilità e dell’industriosità dei cremonesi che hanno saputo non solo produrla, ma anche commercializzarla e farla conoscere (si pensi agli omaggi natalizi di torrone, salame, mostarda, cotognata e frutta candita portati ai governatori spagnoli di Milano dagli ambasciatori cremonesi e documentati all’Archivio di Stato di Cremona). Nel ‘500 Cremona e il suo territorio erano noti per la produzione di conserve di frutta a base di mele cotogne e ancor oggi si producono cotognata e conserve di frutta senapate in scatolette di legno.
Sul finire del Cinquecento comincia a consolidarsi un prodotto tipicizzato, la mostarda di Cremona appunto, le cui tecniche di produzione, pur con modifiche e affinamenti, la collegano a quella odierna ufficialmente compresa dalla Regione Lombardia fra le specialità agroalimentari cremonesi. La mostarda di Cremona è già nota nell’Europa del Seicento: leggiamo la ricetta Pour faire moustarde de Cremone in “Ouverture de cuisine, un ricettario pubblicato a Liegi nel 1604. La si prepara con arance e pere cotogne candite nello zucchero o nella marmellata, vi si uniscono senape densa e zucchero sciolto in acqua di rose, poi la si colora di un bel rosso con il tornasole (un innocuo colorante vegetale) e la si serve in piccoli piatti posti in tavola con gli arrosti. Ne è autore Lancelot de Casteau, cuoco al servizio dei principi vescovi di Liegi, buon conoscitore delle cucine europee e dei testi a stampa allora esistenti, nessuno dei quali parla però di mostarda di Cremona.
Come può essere arrivata in Belgio alla fine del Cinquecento e come ha egli potuto conoscerla e apprezzarla tanto da consigliarne l’abbinamento non solo agli arrosti, ma anche al tonno al burro e al pescecane bollito? Un’ipotesi potrebbe partire dall’accertata presenza nelle Fiandre degli Affaitati, ricchissimi mercanti cremonesi: il più noto di loro, Giancarlo, aveva ad Anversa una bella e ricca casa nella quale dava feste sfarzose con la presenza dei musici del re; suo fratello Giovan Battista aveva documentati contatti economici e commerciali con personaggi vicini al Principe Vescovo di Liegi, marchese di Berghes al cui servizio operava il nostro cuoco Lancelot de Casteau. Lancelot non suggerisce però l’abbinamento ai formaggi forse
perché i formaggi delle Fiandre sono di poco pregio, sono terrosi, friabili e non hanno buon sapore. E’ Pantaleone da Confienza che lo scrive nel suo Trattato sui Latticini (1400). Lui li ha assaggiati e dice che non ne ha mai trovato uno buono. Non sa se ciò dipende dall’incapacità dei formaggiai o dall’aria o dal fatto che il latte è magro perché qui si produceva tanto burro.
Siamo partiti dallo speziale di Voghera e arriviamo a un altro speziale, Domenico Auda che, dopo aver viaggiato in Francia e in Lombardia e in gran parte dell’Italia, si ferma alla spezieria dell’ospedale S. Spirito di Roma. Nel suo testo, “Pratica de’ Speciali”, pubblicato nel 1666 ci dà la ricetta della Mostarda alla Cremonese con uva, scorze di arance amare (melangoli) candite col miele, cannella e una libbra di senapa pesta diluita nell’acqua bollente, specificando che si mette più o meno senape secondo che uno la vuol forte o debole. La ricetta è ripresa, cioè copiata in edizioni settecentesche della versione italiana del “Cuoco reale e cittadino” di Massialot in cui la si propone tra le vivande all’italiana di ottimo e d’ultimo gusto.
Da Agostino Cavalcabò sappiamo che nel 1774 erano attive a Cremona 20 fabbriche di torrone e mostarda, che occupavano complessivamente 40 addetti: si trattava probabilmente di attività artigianali, a conduzione famigliare, che hanno saputo però imporsi per la qualità del prodotto tanto è vero che Francesco Cherubini, non sospettabile di campanilismo, nel suo dizionario Milanese-italiano (1839-1843), sostiene che la mostarda fabbricata secondo il metodo cremonese è la più squisita. E dall’Ottocento ad oggi è ormai presente nella maggior parte dei ricettari.
Nell’officina di uno speziale è nata la mostarda e nell’Ottocento a Cremona erano ancora droghieri e farmacisti (le due professioni nate da quella più antica dello speziale) che la producevano.
Ad esempio nel 1859 la farmacia di Enrico Feraboli aveva anche negozio di droghe, cere lavorate e fabbrica di torrone e mostarda e nella drogheria di Giuseppe Domenico Curtarelli si produceva torrone e mostarda che Giuseppe Verdi regolarmente acquistava per farne dono di Natale agli amici sparsi per il mondo, mentre a Giuseppe Garibaldi ne faceva dono il confetturiere Andrea Ratti sempre in occasione delle feste di fine d’anno. Al droghiere Curtarelli, nel 1864, si associa Augusto Fieschi, ritrovatosi pochissimo tempo dopo titolare unico per la morte improvvisa del socio avvenuta nello stesso giorno del conseguimento della
medaglia d’argento all’Esposizione di Parigi. L’attività della drogheria di via Beccherie Vecchie con annessa fabbrica di Torrone e mostarda aveva iniziato l’attività nel 1821, la produzione fu spostata in via Traversa, l’odierna via Marmolada, per ingrandirsi nel 1911. Al Fieschi nel 1878 si assocerà Enea Sperlari, fondatore di quello che oggi è indubbiamente la più grande industria confetturiera presente a Cremona.
Sul finire dell’Ottocento era comparso sul mercato un altro marchio ancor oggi presente, quello di Dondi che per la rinomanza acquisita è stato mantenuto dalla proprietà subentrata in questi ultimi anni. Giuseppe Cinquetti orfano di un operaio morto tragicamente per lo scoppio di una caldaia di torrone, con un prestito dello zio Dondi apre una ditta che a lungo produrrà solo mostarda.
Situazione inversa si verificherà per la Vergani che a lungo produrrà solo torrone e che ora produce ottima mostarda denocciolata. Accanto ai già ricordati marchi storici Sperlari, Dondi e Vergani è stato riproposto quello di Augusto Fieschi che, oltre alla mostarda di Cremona, produce mostarda mantovana e milanese, nonché mostarde monogusto. La tradizione è stata ripresa da alcuni ristoranti di città e provincia che producono mostarda per il proprio uso e ne commercializzano alcuni quantitativi.
Siamo arrivati ad oggi con nuovi marchi ormai affermati e produzioni di qualità. Lo testimoniano sia il successo del festival giunto alla sua nona edizione, sia la qualità riconosciuta del prodotto che incontra il favore del pubblico. Abbiamo sempre accostato la mostarda a carni, pesce e formaggi, ma quest’anno arriva una proposta nuova, un accostamento “esplosivo” ai vari salumi e dagli esperti assaggiatori sapremo quale tipo di mostarda è più adatta di altre ad accompagnare il salame Cremona IGP. Si lasceranno davvero senza parole coloro che li assaggeranno insieme? Lo sapremo presto. Adesso intanto, racconto a quali piatti è stata accostata la mostarda nel tempo.
Siamo nel Trecento e un ricettario della corte angioina consiglia di usare la mostarda (è di solo succo d’uva e senape) “con carni di porco e tinche marinate”, suggerimento ripreso pari pari in un altro ricettario dei primi del Quattrocento che afferma: la mostarda sta bene con la carne e il pesce. Ma i suggerimenti più importanti vengono dalla lettera di Giangaleazzo Visconti: vuole per le feste di Natale la mostarda di frutta con la senape che “fa bone le robe de lo disnare et li caponi et la cacciagione et li viteli bolliti et allo spiedo”.
Nel 1604, insieme alla prima ricetta per fare la mostarda di frutta cremonese, Lancelot de Casteau suggerisce di servirla con gli arrosti e la ritiene adatta anche accostata al tonno al burro e al pescecane bollito. Quindi, ancora una volta, carne e pesce.
Nell’Ottocento è considerata “elemento indispensabile sulle mense natalizie lombarde come il concittadino torrone” (Gorini, Manuale per cuoco). Nel Novecento è presentata da diversi
autori (da Ottorina Perni Bozza a Brera e Veronelli) come contorno al lesso e alle carni in genere. Edith Templeton la mangia “accostata alle carni per dare ad esse un gusto dolcemente speziato e per suscitarvi un fuoco, fresco e garbato però, come l’incendio della luce lunare sulle acque”.
Corrado Barberis (B0logna 1929-Roma 2019) dopo aver descritto l’abilità dei cremonesi nella produzione della mostarda di frutta “una magnificenza visiva ed esplosiva da far restare a bocca aperta” conclude “inventato il contorno occorreva trovare il piatto principale di riferimento. E furono i lessi usciti da una secolare tradizione zootecnica”.
Lo straordinario accostamento tra mostarda e bolliti accomuna Ugo Tognazzi (Cremona 1918- Roma 1990) e Livio Cerini da Castegnate (1918-2012). “Una cosa straordinaria la mostarda… la sacrosanta specialità cremonese costituita da tocchi di frutta conservata in uno sciroppo zuccherino saporito, succoso, e piccante… è quanto esiste di più eccellente per godere i lessi“ etc. Roberto Perrone (1957) giornalista …”la mostarda con il suo sapore unico si lega indissolubilmente con il bollito, lo esalta con lo zucchero della frutta e la consistenza della carne. La metto accanto anche allo stracotto d’asino, come lo fanno all’Umbrelèer, perché il bello della mostarda è che, per chi non si ferma alle convenzioni, si può mangiare con tutto, soprattutto da sola, così diventa come il torrone: sapori che bastano da soli”.
Cesare Rimini, in una simpatica filastrocca per i suoi nipoti, sottolinea l’eccellenza della mostarda abbinata ai formaggi.
Anni fa Ioko Igaraschi aveva raccontato per email ad Ilaria Casadei gli esperimenti che aveva fatto accostando a pesce, riso e verdure la mostarda sia dolce che piccante. Aveva preferito la piccante perché simile al wasabi (il ravanello giapponese) tagliata in piccoli dadi e l’aveva giudicata ottima accanto a salmone, cetriolo o daitori o rucola, alghe o uovo fritto e riso. Tra il pesce era da preferire il salmone.
Ricordo un convegno a Mantova, venti anni fa, per evocare lo stupefatto piacere gustativo che provoca in noi l’abbinamento della mostarda ai formaggi. Si voleva farla gustare tutto l’anno, non più solo nella stagione fredda accanto ad arrosti, spiedi o lessi.
E si arriva al terzo millennio e l’amico Fausto Arrighi ci aiuta a far conoscere la mostarda a chef stellati suoi amici in occasione della pubblicazione della II edizione del libro “La mostarda di Cremona”.
A Bergamo, da Lio Pellegrini, la mostarda accompagna la gallina alla “canevera”, il cappello del prete e un rognone di vitello trifolato.
In Val Badia al ristorante “La Siriola” la mostarda affianca il petto d’oca. Al Pescatore di Runate la mostarda è ingrediente base per la preparazione dei tortelli di zucca. Pietro Leeman, del
ristorante Joia di Milano, la affianca al raviolo rinascimentale. Massimo Spigaroli dell’Antica Corte Pallavicina al fagiano tartufato. Filippo Chiappini Dattilo dell’Antica osteria del teatro di Piacenza al petto d’anatra laccato al miele. Norbert Niederkopfler del St Hubertus a filetto di cervo. Salvatore Bianco de “Il comandante” di Napoli suggerisce mostarda di pere accanto alla lingua di vitello, la mostarda di mele cotogne alle animelle glassate con crema di asparagi.
Carla Bertinelli Spotti
IL PROGRAMMA DEL FESTIVAL DELLA MOSTARDA
Sabato 7 ottobre 2023, alle ore 10
“Mostarda e cotognata in un ricettario del 1800”
Da un fondo librario lasciato alla Biblioteca Statale di Cremona sono emersi tre quaderni e alcuni fogli manoscritti, un vero e proprio ricettario, di pasticceria e non solo, del 1800. Carla Spotti presenterà la parte dedicata alle ricette di mostarda e cotognata da cui è stata tratta una pubblicazione che verrà distribuita in occasione dell’evento. In essa sono riportati, insieme al “Metodo di fabbricare la mostarda sopraffina di tutto zuccaro che si lavora dalli confettieri in Cremona”, diversi metodi di canditura adatti ad ogni tipo di frutta e infine alcune ricette per preparare la cotognata sia con lo zucchero sia con il miele.
A cura di Carla Bertinelli Spotti.
Domenica 8 ottobre, alle ore 10.
“Quale mostarda per quale salume”
Una degustazione di mostarde dei produttori presenti nel Villaggio della Mostarda di piazza Roma in cui ogni produttore potrà presentare una mostarda in abbinamento a un salume. Gli abbinamenti saranno oggetto di una valutazione da parte dei partecipanti che potranno votare quello di loro gradimento. La mostarda di Cremona è un prodotto che ben si abbina ai salumi e ai
formaggi, per l’occasione sarà possibile scaricare con un qrcode il ricettario delle ricette a base di mostarda realizzate in occasione delle ultime otto edizioni del festival della Mostarda.
Dal 6 ottobre al 19 novembre 2023 tutti i ristoranti che partecipano al Festival della Mostarda: proporranno piatti a base di Mostarda.
Dall’11 al 19 novembre 2023, in occasione della Festa del Torrone, sono in programma un’esposizione di mostarda e alcuni momenti di approfondimento e di degustazione per promuovere la conoscenza del prodotto.
Eventi online
Dal 6 ottobre al 19 novembre 2023, saranno presenti sui social le seguenti rubriche ricorrenti, con cadenza settimanale:
• Ricette a base di mostarda
in collaborazione con Food Blogger
• Presentazioni sulla mostarda
A cura di Carla Bertinelli Spotti, esperta di storia della cucina
• Incontriamo i ristoratori cremonesi
Presentazioni dei ristoratori aderenti al Festival
• Cremona e la sua Provincia tra arte e turismo
Presentazione delle Dimore Storiche di Cremona
• La Mostarda, suggerimenti di degustazione
A cura della Federazione Italiana Cuochi – Sezione Lombardia
• Conosciamo i produttori di Mostarda
Presentazione dei produttori di Mostarda aderenti al Festival
Programma 2023
Gli appuntamenti sia diffusi sia digitali potranno essere seguiti sul sito www.festivaldellamostarda.it e sui canali social: Instagram, Facebook e YouTube.
Una risposta
Complimenti alla professoressa Carla Bertinelli Spotti per il lavoro di costante e preziosa ricerca, portato avanti con l’impegno e la curiosità di cui solo una vera studiosa appassionata è capace. Grazie.