Nell’immaginario collettivo, il termine “vampiro”evoca un personaggio terrificante, spettrale, diabolico, un cadavere, un “già morto” che si rianima e che aggredisce i viventi, mordendoli di notte per bere il loro sangue.
L’idea del vampiro è vecchia e diffusa quanto l’uomo, l’antica dea egizia Sekhmet si inebriava del sangue degli umani, ma è dal XVIII secolo che si è strutturata nella tradizione a noi nota, a partire dai Paesi dell’Europa sud orientale.
Nel Regno animale c’è un pipistrello che ne porta il nome, e col quale presenta alcuni caratteri in comune. Anch’esso morde di notte e si nutre del sangue delle sue vittime. Il suo aspetto è tutt’altro che carino e rassicurante. Tuttavia, essendo tipico dell’America centro meridionale, non risulta che ci fossero suoi simili nel Vecchio Continente ad aver alimentato la fantasia vampiresca.
Nel Regno vegetale, al contrario, esiste un genere di piante vampiro indigene dell’antico mondo, sebbene in un numero piccolo di specie, che non corrispondono però a quella che vi presenterò, e che guarda caso anch’essa, come tante altre specie fotografate poco tempo fa al Pennello di Cremona, è di origine nord americana.
Il nome di genere è Cùscuta, e che esso fosse noto da millenni nei Paesi mediterranei lo dimostra l’origine del nome che è aramaica K – S – W -T – A, da cui il termine ebraico K -S -W – T e quello arabo KUSHUTH il cui significato è “coperta” o “abbigliamento” (rispettivamente cover o clothing in inglese), perchè costituisce un’ampia copertura sulle piante ove si insedia.
Con la Cùscuta non c’entrano né il Cùscus (cous cous), famoso alimento di origine maghrebina, né il Cùscus marsupiale australasico, benché anch’esso cacci di notte, e tutti e tre i termini abbiano l’accento sulla prima u.
La pianta è chiamata anche angel’s hair, capello d’angelo, ma sarebbe stato più consono chiamarla devil’s hair e allora qualcuno ha provveduto a correggere l’errore dandole il nome di refe (filo resistente) del diavolo. E’ nota anche col nome tedesco di Dodder che significa tremare, e in effetti c’è da tremare per le piante quando la Cùscuta si avvicina.
E’ chiamata infine Pittimo, che richiama il termine Pittima, riferito quest’ultimo a persona estenuante, appiccicosa e che viene fatto etimologicamente risalire al participio greco epithema, che significa “sovrastante”; mentre Pittimo sempre dal greco viene collegato al nome di una specie, quello di epithymum, che letteralmente vuol dire sopra il timo, una delle piante infestate, ma che viene esteso agli stessi significati del sostantivo femminile, asfissiante in particolare, che toglie dunque il respiro, portando a morte.
Eccola, dunque (foto centrale). Quei sottili ma tenaci fili giallastri in espansione sul terreno donde il nome di specie campestris Yunck., a invadere l’erba verde circostante , ai bordi di una carrozzabile, su Polygonacee, l’Artemisia verlotiorum Lamotte (foto 2) ; quindi più raramente su erbacee alte/arbustive e rampicanti come l’ Ipomoea, l’Edera stessa e, in questo caso, la Phytolacca americana L. (foto 3).
Una pianta dai sottili fusti gialli senza radici e senza parti verdi visibili? Ma che razza di pianta è? Una pianta parassita sprovvista di clorofilla salvo qualche rara specie e salvo all’inizio della germinazione quando la pianta, il suo seme in realtà disperso sul terreno, possiede quel minimo di clorofilla che le consente di sopravvivere realizzando la fotosintesi, nell’attesa attiva di trovare rapidamente, tramite i suoi rami esploratori (foto 4), una pianta a cui attaccarsi, pena la sua morte, e da cui dipendere totalmente.
Per attaccarsi alle altre essenze si serve di peculiari estroflessioni, piccole ventose simili a denti e chiamate austori (foto 5), ben visibili sotto questi magnifici bouquet floreali, che penetrano nella specie colonizzata e non la mollano avvinghiandosi attorno ad essa (foto 6) , finché non si consuma, perché oltre a strozzarla ne succhia la linfa vitale, l’equivalente del sangue umano, proprio come un vampiro.
Perdendo la capacità di produrre la clorofilla, ma la cosa è controversa perché secondo alcuni studi potrebbe riacquistarla in determinate condizioni ambientali, la Cùscuta è di fatto una parassita obbligata, ovvero non può fare a meno delle piante di cui, paradossalmente, tende a provocare la morte e a cui contribuisce pure quell’ampia copertura che tende a fare, la quale, riducendo l’esposizione solare, anche se in minor misura rispetto alla zucca matta, non avendo foglie, ne altera la fotosintesi.
Lo sviluppo di questi ampi intrecci, estesi anche sulle recinzioni (foto 7/8) che ricordano la tela di un ragno, le è valsa il nome di erba ragna.
Il danno maggiore, tuttavia, lo fa alle colture. Leguminose, patate, erba medica, barbabietola da zucchero, sono alcune delle specie aggredite e di cui in maniera preoccupante può ridurre i raccolti. Ciò ha portato a escogitare tecniche di eradicazione che vanno dalla semplice asportazione manuale, la più completa possibile perché anche da un modesto residuo può rigenerarsi presto, sino all’eliminazione delle stesse piante infestate, bruciando il tutto per via della grande capacità di riprodursi del vampiro vegetale, redivivo come i suoi simili della tradizione, per cui, nel caso di grandi infestazioni, si consiglia l’uso di erbicidi mirati che tuttavia eviterei di usare il più possibile.
La sua forza sta anche nel fatto che i suoi semi non germinati sono in grado di resistere fino a 40 anni sul terreno, e pare che proprio da semi di varie colture infestati provenienti dall’America, la pianta si sia diffusa nei nostri territori. Semi che nascono da piccoli frutti di forma ovoidale (foto 9/10) che a loro volta nascono da bellissimi e minutissimi fiori densamente riuniti tra loro a centinaia su rami pensili foto 11) , come su lunghe catenelle, a cinque petali bianchi aperti a stella e sormontati da stami con gli stili come capocchie di spillo (foto 12), di una bellezza stupefacente nelle loro dense infiorescenze intrecciate coi rami volubili (foto 13).
Di fronte a tanta bellezza vien da chiedersi se sia veramente il caso di eradicarla, sempre e ovunque. Eppoi se abbia anche senso paragonarla ai vampiri coi quali, in quanto a bellezza, è lontana anni luce. Non solo, ma la Cùscuta è attiva anche di giorno!
Ebbene nella mitologia greca esistevano le Empuse, entità demoniache figlie della dea Ecate, che potevano trasformarsi in giovani e bellissime donne per sedurre i giovani maschi e quindi divorarli.
Un sobbalzo del cuore mi scuote! Un sentimento di forte perplessità si impadronisce di me! Qual è il confine tra la realtà e la fantasia?
E tuttavia, comunque stiano le cose, privarmi della vista di un vampiro del genere, un po’ di nostalgia potrebbe suscitarmela.
Stefano Araldi












12 risposte
E’ bellissimo complementi ❤️
In una nuova dissertazione ricca di parallelismi e fonti semantiche, il dottor Araldi ci conduce, ancora una volta, in un viaggio attraversato da fotografie che regalano immagini bellissime.Ci accompagna anche verso la riflessione di come, qualcosa che cresce e si diffonde a discapito di qualcos’altro, possa comunque essere ammirata per l’aspetto ornamentale.Quindi ancora una volta la scelta aspetta all’uomo che con cognizione di causa deve trovare il giusto equilibrio. Se è vero che il vecchio è sfruttato proverbio “il mondo è bello perché è vario”,trova normalmente spazio nell’ambito sociale, forse in questo caso, può ben calzare anche in ambito botanico. Grazie dottore per gli spunti che accompagnano ogni suo articolo con la padronanza e la scienza di chi sa guardare sempre oltre all’apparenza.
Non conoscevo tutta la storia di questa pianta ” invadente” e se pure strana ,nella sua capacità di essere vampira lascia un non so che di intrigante,qualcosa che è bello da sapere…..complimenti per aver riempito il mio sapere con una bella favola!!!
Leggere i suoi articoli, dottor Araldi, è sempre una sorpresa, non solo per la ricchezza dei contenuti, ma anche per i numerosi riferimenti storici, mitologici, etimologici, frutto di una cultura eccezionale e di un profondo amore per la ricerca. In particolare sono rimasta colpita dalla descrizione minuziosa di un genere di piante “vampiro” di cui ignoravo l’esistenza e ammirata per le splendide foto a corredo. Queste piante, di una bellezza affascinante e inquietante, sono l’emblema di quel sottile dualismo tra natura e predazione che ci rende difficile decidere se ammirarle o temerle. Una tensione che lei ha saputo cogliere e trasmettere con rara sensibilità.
Complimenti dottore!
Bellissimo articolo che propone un approccio alla botanica da una prospettiva davvero originale. Molto affascinante l’escursus etimologico!
Cavolo, almeno questo non è scritto con ChatGPT
Questi articoli, sono sempre molto interessanti e affascinanti, complimenti dott. Araldi!
I suoi articoli hanno la capacità di aprire e arricchire la mente, sono un invito a guardare oltre la superficie, a percepire la realtà nascosta dietro le prime impressioni.
Leggendo l’articolo, scritto con grande competenza, ho potuto scoprire una pianta bella, resistente ma da temere.
Complimenti dottore anche per le fantastiche foto.
Articolo molto bello e interessante che dimostra la grande competenza in ambito botanico e la capacità descrittiva del Dott. Araldi di una pianta di cui non conoscevo l’esistenza.
La natura ci sa sempre stupire…
Molto apprezzabili i riferimenti etimologici e bellissime le fotografie.
Caspita! Davvero molto interessante. Complimenti per la vivacità intellettuale e l’originalità. Gianluca
Non sapevo neanche dell’ esistenza della chat gpt. Quindi non è scritto come giustamente scrive con chatgpt, anche perché le mie fonti sono i testi già scritti e l’elaborazione tiene conto anche delle fotografie che sono assolutamente mie e che forniscono ottime indicazioni alla pari di un libro scritto.
Complimenti Dott Araldi il suo articolo mi ha avvinto, l’ho trovato intrigante, quasi come leggere un romanzo giallo.