Ambivalenza. Aspirazioni irrealizzabili, ma anche lodevole pragmatismo. Un po’ Dostoevskij e un po’ Forrest Gump, per approdare all’apprezzabile Guida galattica per autostoppisti. È l’Azienda socio sanitaria territoriale (Asst) di Crema emersa dall’assemblea, che i vertici dell’ente hanno tenuto nei giorni scorsi con i sindaci dell’Area omogenea cremasca.
Ida Ramponi, Diego Maltagliati, Roberto Sfogliarini, rispettivamente direttore generale, direttore sociosanitario, direttore sanitario, hanno illustrato lo stato dell’arte e i progetti-programmi per presente e futuro. Banditi prefiche, trionfalismi, proclami, i tre manager hanno semplificato la narrazione senza banalizzarla. Hanno preferito la sostanza all’aria fritta ed evitato promesse di soluzioni definitive ai problemi della sanità locale. Hanno raccontato degli interventi garantiti e già finanziati e lasciato, per ora, in soffitta quelli auspicati. Hanno scelto di scommettere, senza dichiararlo in modo esplicito. Non hanno azzardato. Hanno osato.
Un noi ci proviamo asseverato dalle relazioni presentate. Dal coraggio di sposare senza esitazioni il concetto di azienda sociosanitaria territoriale, dove il sociale acquista pari dignità del sanitario.
L’Asst di Crema sarà tanto ospedale, ma anche molto territorio. Meno ospedalecentrica e più di prossimità. Una differenza-diversità che l’allontanerà dal passato. Uno iato imposto dal covid e sollecitato dalla necessità di un’assistenza più vicina ai cittadini. Una svolta imposta dall’inadeguatezza del modello di sanità attuale.
La nuova organizzazione dell’Asst di Crema si svilupperà su due direttrici parallele, ma interconnesse: il polo territoriale e il polo ospedaliero.
Il primo comprenderà un distretto, il dipartimento funzionale cure primarie, il dipartimento salute mentale e dipendenze, il dipartimento funzionale di prevenzione.
Il secondo avrà nell’ospedale di Crema il suo punto di riferimento.
Completeranno la dotazione due ospedali di comunità (Rivolta e Soncino) e due case di comunità (Crema e Rivolta) e probabilmente una terza (Castelleone).
Sarà costruita una nuova palazzina per la riabilitazione psichica, integrata nell’ospedale di Crema, da destinare a nuova sede del Centro psicosociale, Centro diurno e Comunità riabilitativa ad alta assistenza.
«Gli interventi strutturali e di governance delle strutture – ha precisato Sfogliarini – consolidano e sviluppano l’attività del Polo ospedaliero integrata col Polo territoriale in un unicum funzionale alla presa in carico globale del cittadino del bacino di riferimento».
Due saranno uno. Quasi una storia d’amore.
Un Noi ci proviamo ratificato dallo sforzo di calarsi nella realtà della Repubblica del Tortello. Dalla scelta di non recitare il ruolo di algidi, anodini ed efficienti dirigenti d’azienda. O, per maggiore precisione, di recitarlo nel migliore dei modi, ma con la cognizione che la salute non è un prodotto. Non si vende e non si compra al supermercato.
Un noi ci proviamo fondato sulla consapevolezza che l’Asst non è un’officina. Non aggiusta robot, ma cura umani. Poi c’è il capitolo della prevenzione, ma è meglio stendere un velo pietoso sull’argomento. Si evitano patologie al fegato e neurologiche. E non incazzarsi fa bene alla salute.
Un noi ci proviamo reso palese dalla metacomunicazione, non verbale. Quella delle sfumature, dei dettagli, del tono della voce. Della mimica. Conta quanto le frasi e i discorsi pronunciati. Forse è ancora più importante perché non facilmente controllabile dall’oratore.
La relazione di Maltagliati, in versione Zorro-don Diego – è nel sistema, ma si batte per cambiarlo – non lascia dubbi: il progetto rappresenta una svolta. La domanda che si è posto non ha bisogno di commenti: «Il tema vero è: come lavorare per inaugurare delle case di comunità che siano davvero strutture a disposizione delle comunità e dove dare risposta ai bisogni delle persone, partendo dalle categorie più fragili?»
Se ai propositi seguiranno i fatti, il credito acquisito durante l’assemblea si trasformerà in standing ovation. Qui si parrà la tua nobilitate, ma attenzione: la via dell’inferno è lastricata da buone intenzioni.
L’ospedale di Crema non sarà l’ottava meraviglia del mondo, che invece sorgerà a Cremona. Non si occuperà dei cyborg, che saranno dirottati nel capoluogo. Non passerà alla storia per il primo trapianto di cervello. Non sarà un centro avanzato di digital health, con gli ingegneri che sostituiranno i medici e i chip i farmaci.
L’Asst di Crema si interesserà agli umani nel miglior modo possibile. Collaborerà con le strutture all’avanguardia, ma non rientrerà tra la sanità dei fenomeni, compito che la Regione ha riservato all’Ats in riva al Po.
Sulle sponde del Serio si tenterà di alleggerire il lavoro del pronto soccorso. Di ridurre i tempi di attesa per le prestazioni ambulatoriali in ospedale. Di facilitare con i punti unici di accesso (Pua) le risposte sociosanitarie e il loro collegamento/integrazione per i percorsi e prestazioni più appropriate.
Verranno potenziate le cure domiciliari fino a prendere in carico il 10 per cento della popolazione superiore ai 65 anni.
L’ospedale di Crema rimarrà quello attuale, vecchio più o meno quanto quello sotto il Torrazzo, ma non verrà abbattuto. Sarà ringiovanito, adeguato alle norme antisismiche e antincendio. Saranno migliorate le attrezzature diagnostiche. I reparti di degenza diventeranno più ospitali.
Un’attenzione speciale sarà riservata al personale. Anche una formula uno senza un buon pilota non corre. L’ospedale di Crema non è una formula 1 e non aspira ad esserlo, ma l’obiettivo di andare veloce compare tra le priorità.
Resta il nodo finanziamento. Un po’ di quattrini sono arrivati da Milano, briciole se si confrontano le centinaia di milioni destinati alla costruzione dell’ottava meraviglia del mondo made in Cremona.
Maltagliati e Sfogliarini hanno elogiato senza piaggeria la capessa Ramponi. L’hanno ringraziata per avere ottenuto finanziamenti imprevisti. Si sono limitati a una manciata di parole e nessun superlativo. Un flash, ma sufficiente per immaginarla caparbia, tenace, determinata. Una miss Sloane in formato cremasco.
Ida Ramponi non è una lobbista come la protagonista del film, ma pensare che anche lei dica «Io lavoro per le cause in cui credo… ecco perché dormo di notte» giova all’ottimismo. Infonde fiducia. Rigenera la speranza. Per l’Asst di Crema è un valore aggiunto. Una sicurezza per gli autostoppisti che non viaggiano in Ferrari.
Antonio Grassi
Una risposta
Vorrà dire che noi cremonesi scontenti e dimenticati come persone andremo a Crema dove saremo considerati. Del resto, in attesa della costruzione dell’ottava meraviglia del mondo, da qualche parte saremo pure dirottati…o forse ci dovremo rivolgere alla sanità privata e affezionarci ad essa?