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La sanità non è architettura. Il monito della Corte dei Conti

15 Febbraio 2024

Di questi tempi cupi anche la fantasia sta scomparendo e ormai, almeno a Cremona, gli architetti parlano di architettura, i dirigenti della Sanità parlano di architettura, i giornalisti parlano di architettura, gli stakeholder parlano di architettura, i politici parlano di architettura. Poi c’è la gente normale che, invece di parlare di architettura, si trova ad affrontare un’assistenza sanitaria difficile, liste d’attesa infinite, analisi e prestazioni sanitarie a pagamento, medici che non ci sono, ratei di assicurazione per la sanità privata, spostamenti verso altre strutture. Il tutto in attesa di un nuovo ospedale che, com’è ampiamente noto, rappresenterà la bacchetta magica in grado di risolvere tutti i nostri problemi.

Cerchiamo allora di inquadrare meglio la questione con un esempio semplice semplice, magari comprensibile persino da tutti quelli che ormai parlano solamente di architettura. Proviamo ad immaginare una squadra di football di provincia che se la passa così così, senza infamia e senza lode, nonostante le aspettative di traguardi più ambiziosi da parte della proprietà e dei tifosi. Siamo tutti d’accordo che, se ci fossero quattrini disponibili, sarebbe opportuno impiegarli per ingaggiare un buon allenatore, convincere alcuni bravi/ottimi giocatori a trasferirsi in provincia, migliorare l’organizzazione della società, acquisire dirigenti di valore e tante altre cose utili a raggiungere l’obbiettivo che ci si è proposti. Se invece la scelta fosse quella di lasciare le cose come stanno e abbattere lo stadio attuale per costruirne, appena di fianco, uno nuovo (quello utilizzato sino ad ora, detto tra noi, va ancora benissimo) e investire tutte le risorse disponibili in una costruzione avveniristica, fantastica, spaziale, qualcuno, non solo tra gli ultras, comincerebbe ad agitarsi, a chiedere chiarimenti, a rivolgersi ad uno psichiatra.

Immaginiamo invece che un ospedale se la passi così così, come certificato dal numero dei pazienti che preferiscono rivolgersi altrove, dai risultati delle indagini del ministero della Salute e dalle classifiche nazionali e internazionali. Forse molti saranno d’accordo sulla necessità di rivederne l’organizzazione e magari, se ci fossero dei fondi disponibili, cercare la collaborazione di qualche buon elemento. Non sarebbe male anche ipotizzare una strumentazione tecnologica d’avanguardia, smetterla di considerare il personale sanitario come tappezzeria, valorizzarne la professionalità, individuare altri collaboratori, non solo sanitari, per migliorarne organizzazione, performance e attrattività. Se invece la scelta fosse quella di costruire un nuovo ospedale e mangiarsi così tutti i fondi disponibili per i prossimi decenni, allora qualcuno potrebbe cominciare ad agitarsi. Anche perché la costruzione di un nuovo ospedale pubblico richiede l’impiego di soldi pubblici. Che, troppo spesso lo dimentichiamo, tanto pubblici non sono, visto che sono quelli di chi ha pagato e continua a pagare le tasse. Solo la manna cade qualche volta dal cielo, i quattrini mai.

Perché allora scandalizzarsi se i cittadini, quelli che contribuiscono a tutte le spese regionali, si permettono di sollevare obiezioni? In fondo si tratta di un ospedale dove, prima o poi, ci dovremo entrare tutti.  E’ meglio allora investire sulla qualità dell’assistenza ospedaliera oppure investire sull’architettura? A chi ritiene inutili queste considerazioni, riportiamo il parere della Corte dei Conti (13 febbraio 2024) che denuncia una situazione in cui  “il sistema sanitario che, dopo aver sostenuto l’impatto della pandemia, soffre di una crisi sistemica – accentuata dalla “fuga” del personale sanitario, non adeguatamente remunerato – cui si dovrebbe rispondere, a livello nazionale e regionale, con decisioni e investimenti non più rinviabili, nei campi dell’organizzazione, delle strutture, della formazione e delle retribuzioni”.

Forse allora non siamo i soli a pensare che i problemi dalla Sanità pubblica non si risolvano ricorrendo all’architettura.

 

Pietro Cavalli

5 risposte

  1. Oltre tutte le considerazioni fatte in questi mesi sul progetto, quella che da subito mi è parsa essere la decisione critica è la scelta di costruire il nuovo a fianco dell’esistente, secondo una progressione di lavori mai vista. Mi sembra fin troppo facile fare da Cassandra, ma ci troveremo a fare i conti con una chimera, una struttura mezza nuova e mezza vecchia, la cui progressione si arenerà contro i costi aumentati in itinere, le difficoltà tecniche, gli inevitabili imprevisti legati alla legge di Murphy. Ma davvero si vuole eguagliare il risultato del Canale Navigabile? Perché questo ospedale non potrà, a differenza di quello, venir buono almeno per pescare i pesci gatto.

  2. Mi permetto di proseguire nelle osservazioni del dott. Duchi aggiungendone una. Si potrebbe pensare di trasformare il previsto laghetto in una riserva di pesca sportiva nella quale “allevare” anche pesci gatto oltre che altre specie ittiche. Così il parco giochi sarà anche più attrattivo!

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