La sanità pubblica lombarda perde quota. E non servono nuovi (inutili) ospedali a rilanciarla

2 Maggio 2025

Non c’è dubbio che la sanità ospedaliera lombarda sia davvero eccellente, come dimostrato dalla recente classifica di Newsweek, nella quale gli ospedali Niguarda, Humanitas, San Raffaele, Papa Giovanni XXIII si confermano ai primissimi posti in Italia.

Se poi consideriamo che ogni anno almeno duecentomila pazienti da tutta Italia si rivolgono agli ospedali lombardi in cerca di assistenza, abbiamo una ulteriore conferma della loro eccellenza. È infatti evidente che se così tanti pazienti scelgono la Lombardia per essere curati è perché ritengono di trovare condizioni assistenziali migliori rispetto al loro luogo di residenza.

Però anche in Lombardia non tutte le strutture sanitarie sono uguali e, se è vero che molte riescono ad attrarre pazienti da molto lontano, altre purtroppo non riescono ad attirare proprio nessuno, anzi. Sarebbe a questo proposito interessante conoscere in dettaglio quella che viene definita “mobilità in uscita” in Lombardia, vale a dire quanti pazienti decidono di non farsi seguire dalle strutture ospedaliere di residenza e per quali patologie/motivi. L’impressione è che gli ospedali dei primi posti della classifica Newsweek attirino non solo i pazienti da fuori regione, ma anche molti cittadini lombardi.

Se definiamo quindi l’eccellenza sanitaria come valore di riferimento per alcune e specifiche strutture ospedaliere, allora la sanità lombarda è eccellente. Però sembra difficile combinare quest’eccellenza con i dati recenti del ministero della Salute, che mostrano invece una condizione differente: infatti secondo il Monitoraggio LEA del ministero della Salute oggi la sanità ospedaliera lombarda è al 7° posto in Italia, preceduta da Toscana, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Marche, Trento e tallonata da Umbria, Lazio, Puglia. Pur se questi dati sono stati messi in discussione, pare lecito porre l’interrogativo di come debba venire considerata davvero la sanità lombarda nel suo complesso: eccellente, ottima, buona…

Certamente Newsweek conferma che alcune strutture pubbliche riescono a garantire risultati straordinari e tuttavia l’impressione generale, confermata anche dai dati del ministero, è che la Sanità pubblica lombarda stia oggi affrontando qualche difficoltà. Se è vero che alcuni episodi del passato hanno fatto pensare ad una sanità ospedaliera intesa come una gallina dalle uova d’oro per sistemare gli amici e per gettare quattrini in iniziative poco comprensibili, stupiscono oggi alcune iniziative, quali la recente decisione di abbattere l’ospedale di Cremona, costruito nel 1970 e perfettamente funzionante e costruire, a pochi metri di distanza, una nuova struttura caratterizzata “da una visione olistica della salute e del benessere della persona, integrato nel contesto socioculturale e in grado di offrire spazi di interazione sociale e per lo svago” – il tutto per un’ipotesi iniziale di spesa di 300 (500?) milioni.

Anche l’affermazione che la nuova costruzione ”si farà perché ormai si è deciso di farla” non sembra in accordo con una necessaria analisi di programmazione sanitaria. Ma tant’è. Seppure abituati a scelte di politica sanitaria assai poco comprensibili, pare lecita la domanda se l’assistenza sanitaria la debbano svolgere e programmare architetti, geometri, costruttori, artigiani, politici oppure il personale sanitario debitamente attrezzato (e magari anche degnamente remunerato).

A fronte delle oggettive difficoltà di parte di alcune strutture pubbliche, il privato accreditato sta invece godendo di un momento assai felice, sia per gli investimenti fatti nel recente passato sia per la gestione oculata delle risorse. Certamente anche il privato è in grado di investire nell’edilizia, ma in un contesto nel quale esiste prima di tutto una programmazione sanitaria e dove l’edilizia non è l’obbiettivo da raggiungere a tutti i costi, ma solo uno strumento da utilizzare una volta individuata la sua necessità.

Un’altra riflessione sull’eccellenza sanitaria lombarda deve partire da lontano. Il primo governo regionale della sanità inizia negli anni ’70 del Novecento laddove la più parte dei migliori ospedali lombardi sono già riconosciuti eccellenti: l’Università di Pavia nasce nel 1485, l’Istituto Nazionale Tumori è del 1925, il presidio ora noto come Istituto Besta fu inaugurato nel 1932, l’Ospedale Niguarda risale al 1939, l’Istituto Nazionale Tumori apre nel 1928 mentre già nel 1985 Lucio Parenzan all’ospedale di Bergamo esegue uno dei primi trapianti di cuore in Italia. Invece le strutture sanitarie più recenti riconosciute eccellenti anche a livello internazionale (ad esempio Humanitas, San Raffaele, Monzino, IEO) nascono da iniziative private.

Quindi l’eccellenza della sanità lombarda è, con qualche eccezione, relativamente indipendente dalla politica oppure nasce e si consolida assai prima della attuale gestione. Forse vale la pena di fermarsi a riflettere anche su questi aspetti ed è comunque lecito ritenere che la vera (e dimenticata) eccellenza sia costituita dalla abnegazione, professionalità, impegno, serietà dei sanitari, loro sì fautori non tanto e non solo dei risultati delle “classifiche”, quanto del fatto di riuscire a tenere ancora a galla la sanità pubblica.

 

Pietro Cavalli

quotidianosanità.it

13 risposte

  1. Il suo articolo come sempre preciso e circostanziato. Con dati alla mano dimostra che le decisioni che ci sono “inspiegabilmente” cadute in testa dall’ alto non hanno alcuna giustificazione. Sembra anche però che i sanitari santificati giustamente dopo il COVID ora o non contino affatto, o non si esprimano. Se lei che è un medico sa di che cosa parla, anche i suoi colleghi saranno informati… I sindacati non hanno pure loro niente da dire: zitti, allineati, acconsenzienti. Tengono tutti famiglia? Hanno tutti paura di vederla diversamente?

    1. Sulla base di cosa scrive che i sindacati sono zitti e allineati? Forse non è ben informato. Vada sul sito di anaao Lombardia e legga i comunicati degli ultimi 6-7 anni…

      1. Chiedo scusa a Stefano Magnone. Mi attengo, per quanto riguarda l’ospedale di Cremona, a quello che i sindacati dei medici hanno comunicato. Nulla, o almeno i mezzi di comunicazione nostrani, nulla hanno pubblicato. E se me lo posso aspettare da tutti gli altri, sono certo che questo blog se avesse ricevuto una dichiarazione in merito alla costruzione del nuovo ospedale da parte di qualche organizzazione sindacale, ne avremmo avuto notizia. Alle riunioni organizzate dal dottor Belleri erano presenti i sindacati dei medici e del personale sanitario? Hanno espresso la loro opinione? Non lo sappiamo. Quello che è certo è che casualmente i medici intervistati erano tutti favorevoli. Forse quelli in disaccordo se ne sono andati prima delle interviste. E non sono pochi…

      2. Ci dica dottor Magnone: qual è la posizione dei sindacati dei medici in relazione a quella che per me è un colossale sperpero di denaro pubblico? Perché a Cremona dovremmo essere felici di una nuova struttura con meno posti letto dedicati a non si sa quali malati? Perché a Cremona l’ospedale è da riedificare e altrove ospedali costruiti molto prima vengono, nel caso, solo ristrutturati? Magnone non risponderà… dottor Cavalli può farlo lei?

      3. Confermiamo senza tema di smentita per insistita e direttissima esperienza che i sindacati tutti sono stati e restano zitti e allineati, chiusi a riccio sulle posizioni dei decisori politici e infastiditi da chi si permette di chiedere a loro le ragioni del sì. Questo vale per i sindacati territoriali alle porte dei quali abbiamo bussato ripetutamente e ripetutamente siamo stati respinti e vale anche per i sindacati di categoria che si sono negati ad una interlocuzione nel merito di un progetto che ha tutte le caratteristiche tranne quella di rappresentare un servizio onesto ai bisogni di una collettività che ha pagato al covid il prezzo più alto al mondo in percentuale in termini di morti e di sanità negata dal momento in cui l’ospedale di Cremona è diventato un hub covid. Zitti e allineati non solo i sindacati ma anche le stesse associazioni di volontariato e precisamente quelle 10 che si sono espresse di recente a favore del progetto del nuovo ospedale molte delle quali, interpellate, non hanno risposto al nostro appello mentre chi ha risposto si è detto interessato soltanto a verificare di poter continuare a svolgere le funzioni di competenza. Di fatto tutti costoro compresi i 50 sindaci da noi contattati di persona hanno comunque dimostrato di non conoscere il progetto funzionale del nuovo ospedale al quale però hanno detto sì.
        Comitato per la difesa della sanità pubblica e dell’ospedale di Cremona

  2. Articolo eccellente e ben documentato, deve assolutamente essere pubbl8cato su più giornali, perché non anche sul Fatto Quotidiano? Dott. Cavalli, se da’ il consenso, ci pensiamo noi. Grazie

    1. A mio parere è necessario che la triste vicenda dell’ospedale, che vogliono appioppare a Cremona contrariamente a quanto accade per altre strutture, deve varcare i confini cremonesi. Se Quotidianosanità ha pubblicato questo e altri articoli del “nostro” dottor Cavalli ha evidentemente trovato non solo interessante l’argomento, ma anche doveroso parlare in ambito sanitario di una imposizione senza senso dal punto di vista strettamente specifico. Solo i politici vanno avanti a testa bassa. I cremonesi sono generalmente appiattiti, come sempre. Solo il blog ha dato spazio e voce a chi critica in modo costruttivo. Tutti gli altri mezzi di comunicazione hanno pubblicato solo ciò che poteva non nuocere più di tanto ai loro interessi, censurando quello che al contrario poteva risultare spinoso. Dunque che il blog continui a essere la voce di tutti.

      1. Grazie al dottor Cavalli e ai suoi appelli a scelte ponderate in tema di investimenti in campo sanitario così che possano risultare adeguate ai bisogni dei territori e quindi possano essere di effettivo vantaggio per i cittadini che ne sono gli effettivi finanziatori. Questa battaglia, come abbiamo sempre sostenuto, merita un impegno convergente che le dia più forza. Allo scopo abbiamo dato vita a una rete che raccoglie 8 comitati in territorio lombardo che hanno in comune gli stessi obiettivi e che chiedono non diversamente da Cremona di essere ascoltati dai decisori politici che hanno scelto invece la chiusura e il silenzio.
        Comitato per la difesa della sanità pubblica e dell’ospedale di Cremona

    2. Apprendiamo con piacere che sul territorio ci sono canali che possono consentire di far arrivare dal basso ai media nazionali il richiamo alla ragionevolezza di cui si fa portavoce il dottor Cavalli. Come Comitato abbiamo fatto rete con altri 8 Comitati lombardi e abbiamo bussato a lungo e inutilmente alla porta dei media nazionali quali Il Fatto Quotidiano, La Stampa, Il Corriere della Sera, ecc. Ben venga ora questa disponibilità e questa offerta perché la battaglia, come abbiamo sempre sostenuto, merita un impegno convergente da parte di chi chiede di essere ascoltato dai decisori politici che hanno scelto invece la chiusura e il silenzio. Comitato per la difesa della sanità pubblica dell’ospedale di Cremona

  3. Con la stima che nutriamo nei confronti del dottor Cavalli, vista la risposta piccata e assolutamente inutilmente ermetica del dottor Magnone, possiamo chiedere a lui come si è espressa Anaao Lombardia a proposito dell’ospedale di Cremona? Non mi sembra corretto rimandare a spulciare gli ultimi 6/7 anni…

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