Domenica 21 luglio 1963, il papa Paolo VI, all’Angelus, disse tra l’altro: “…Vi sono dei sintomi che lasciano vedere l’orizzonte del mondo con qualche maggiore speranza e con qualche maggiore serenità”. E i giovani, che erano soliti assieparsi attorno ai tavolini del bar Ariston di Cremona, di speranza e di serenità ne avevano da vendere. Erano talmente sereni che il buio li coglieva ancora seduti al bar, non perché privi d’iniziative quanto di soldi da spendere. Ma qualche eccezione c’era. Alberto, iscritto a un non precisato anno della facoltà di Giurisprudenza a Parma, quello stesso pomeriggio si presentò al volante della Lancia Fulvia 2C nera del padre. Una berlina signorile, il cui prestigio era accentuato dalle tendine bianche al lunotto, che come un sipario si chiudevano e si aprivano alla vista di chi seguiva.
Subito gli fu proposto di fare una puntata sul Piacentino, dove i cremonesi, condannati alla perenne morfologia di un orizzonte completamente piatto, potevano fruire della vista di colline, di un clima fresco, ma anche di una merenda a base di pane e salame. Parecchi avevano dato un’adesione entusiastica alla proposta, ma quell’entusiasmo sparì di fronte alla richiesta di Alberto di dividere in parti uguali il costo della benzina. Alla fine restarono due soltanto disposti ad accettare la condizione imposta. Uno frequentava la facoltà di Fisica a Pavia e l’altro aveva da poco conseguito il diploma di ragioniere presso l’Istituto Beltrami di via Palestro.
Preso posto a bordo della berlina, che con quella tendina ricordava l’auto del vescovo, Alberto fece tappa al distributore Agip che si trovava e si trova ancora oggi all’imbocco del ponte sul Po. Chiese al benzinaio 20 litri e, dato che il carburante costava all’epoca 120 lire al litro, l’importo di 2400 lire fu diviso per tre. Ma, prima di ripartire, venne proposta una nuova meta: Adro, una località a ridosso del lago di Iseo, dove lo studente di Fisica disse di essere invitato da un’amica di Università. Dapprima Alberto storse il naso, ma quando venne a sapere che altre ragazze erano ospiti nella villa di Adro, cambiò parere e puntò su Soncino, Orzinuovi, Palazzolo sull’Oglio e infine Adro.
La ragazza padrona di casa non era gran che bella, ma in compenso godeva fama di essere simpatica, mentre le altre due studentesse ospiti avevano tutti i numeri per piacere. Entrambe con capelli neri e di giusta altezza, sapevano lanciare quelle occhiate che promettono paradisi erotici agli incauti che cadono nella trappola. E trovavano applicazione le parole del Papa che aveva detto che all’orizzonte c’era qualche “maggiore speranza”. Infatti, nella villa in riva al lago di speranza ce ne era parecchia, soprattutto quella di porre in essere una nuova relazione sentimentale. Il pomeriggio, i tre, loro malgrado lo passarono, invece, giocando a tennis, per inaugurare il campo che era appena stato costruito ai bordi del giardino, senza impegnarsi in set ma palleggiando a casaccio. Una volta rientrati nel salotto, arredato con divani di velluto verde scuro e quadri raffiguranti scene bibliche, si andava profilando un’atmosfera intimistica, quando da una porta laterale apparvero padre e madre della ragazza, desiderosi di conoscere i nuovi amici della figlia.
Discorsi ovvi contrassegnarono il resto del pomeriggio favorendo il ritorno anticipato con la scusa della distanza da casa. Il bilancio della gita, comunque, non era stato fallimentare. I tre avevano ottenuto il numero di telefono delle ragazze con la promessa di un nuovo incontro in tempi brevi. Durante il viaggio di ritorno, le nuove conoscenze femminili furono l’argomento fisso. C’era chi si diceva speranzoso, chi dichiarava un’attrazione fulminea e chi, invece, si preoccupava della spia rossa che segnalava che il serbatoio aveva bisogno di rifocillarsi per far girare il motore fino a Cremona. Furono acquistati altri dieci litri, cinque di benzina normale e cinque di “super”, e l’importo fu diviso per tre. Il ritorno, come spesso capita, sembrò più breve grazie anche alla scarsità di traffico. Giunti davanti al bar da dov’erano partiti, nel serbatoio restava una quantità di benzina superiore a quella della partenza e il neo ragioniere, che ne aveva preso nota, pretese e ottenne di consumare il carburante pagato, obbligando il guidatore a inanellare giri intorno a Cremona. Quella decisione se la ricorda ancora. Dopo una ventina di minuti il serbatoio restò asciutto, l’auto si fermò e ai due ospiti fu chiesto di spingere la Fulvia fino al distributore più vicino. A spingere fu obbligato soltanto il ragioniere, responsabile dell’iniziativa. Il distributore distava 500 metri lungo l’unica salita, pur leggera, di tutta Cremona.
Sperangelo Bandera