Se nel solco della sua narrazione nazionale tutta impostata sulla Grande Vittoria la Russia di Putin per aver vittorie da celebrare deve muovere guerre, va detto che quella con l’Ucraina è veramente una questione a sé.
I Rus’ erano probabilmente in origine un ceppo di popolazione vichinga che fondò la propria storia proprio a Kiev, quella che oggi è capitale dell’Ucraina e che all’epoca era capitale del Rus di Kiev, il loro primo regno medioevale. Verrebbe da pensare quindi che i russi in origine fossero ucraini, ma in realtà non è così perché questi ultimi sono in gran parte di ceppo ruteno, una popolazione che si è sparsa tra Polonia e Russia occidentale e che ha subìto nella sua storia non poche drammatiche vicissitudini.
Ecco perché di fatto per i russi l’Ucraina (molto più che gli ucraini in sé) è Russia, mentre gli ucraini non si sentono russi. Nella visione russa zarista tre sono le Russie: la Grande, la Bianca (Bielorussia) e la Piccola, che è proprio l’Ucraina.
Vladimir Putin è di San Pietroburgo, quindi un russo “nobile” ed è di fatto il primo russo “di razza” che governa dai tempi degli zar, perché nessun capo dell’URSS è mai nato nella storica capitale zarista e nemmeno a Mosca, e alcuni di loro non erano nemmeno russi. Putin è cresciuto nella ideologia dell’impero sovietico di Breznev, che era ucraino e per il quale l’URSS era una nazione unica con una lingua unica e un popolo unico. Per Putin l’Ucraina è Russia, né più né meno e gli ucraini sono russi, tanto è vero che la sua narrazione sull’Ucraina è quella della “denazificazione”, non della “deucrainizzazione”: per lui gli ucraini che fanno resistenza sono nazisti, e questa narrazione ha un preciso fondamento storico.
La convinzione (peraltro in parte vera) che parte degli ucraini fossero collaborazionisti durante la seconda guerra mondiale, che avessero flirtato coi nazisti e che addirittura li avessero aiutati a entrare in Russia non ha mai abbandonato i russi. Benché in realtà moltissimi ucraini abbiamo valorosamente difeso la Russia da Hitler, la vicenda di Stefan Bandera non gli è mai stata perdonata. Era questi un famoso rivoluzionario ucraino dichiaratamente nazista, anti bolscevico e anti semita, che di fatto costituì la quinta colonna di Hitler verso la Russia, è che voleva una Ucraina indipendente costituendo perfino un esercito anti russo. Fu ucciso da un ‘bagnato” del KGB quando era in esilio in Germania negli anni ‘50 e gli ultimi governi ucraini gli hanno perfino dedicato monumenti e il grado di eroe nazionale benché appunto fosse nazista.
Ecco perché la narrazione dei nazisti ucraini tiene ancora botta. Anche perché i nazisti costarono 26 milioni di vite russe durante l’invasione, numeri che non si dimenticano nemmeno in dieci generazioni…Del resto i governanti ucraini degli ultimi anni non sono certo delle viole mammole, dato che la premier Tymoshenko fu addirittura intercettata mentre dichiarava di voler “sparare in testa a Putin”, e le tante e troppe interferenze americane in Ucraina dopo il crollo dell’URSS hanno certamente rafforzato nei russi la sfiducia e la disistima nei loro confinanti.
Ma i guai con l’Ucraina inziano già appena dopo la Rivoluzione di Ottobre: i bolscevichi ucraini vogliono una Repubblica socialista indipendente, e Lenin sarà costretto a invaderli militarmente. Pochi anni dopo, Stalin fronteggiò quella che definì la sua vera grande guerra proprio con gli ucraini: i kulaki ucraini furono i più irriducibili nemici della collettivizzazione delle terre, lo snodo essenziale da cui secondo Stalin passava la salvezza dell’URSS. Il georgiano per piegarli definitivamente dovrà farne morire un milione al mese in sei mesi tra il 1932 e il 1933, chiudendone i confini e facendoli morire per fame. Decine di funzionari bolscevichi si suicidano davanti a tanto orrore, e perfino Krusciov, commissario per l’Ucraina, denuncia sconvolto a Stalin per telefono cannibalismo e orrori della fame nera, scatenando la furia del georgiano che gli ringhia: “Hai lo stomaco debole,non farti influenzare!!”. Stalin farà uccidere perfino il giornalista inglese Garreth Johns che aveva spiato e denunciato alla stampa mondiale quanto avveniva in Ucraina: sarà avvelenato da un agente asiatico del KGB che si era finto portatore durante una spedizione sull’Himalaya del giornalista un paio di anni dopo la carestia. Stalin ordinerà perfino alla NKVD di sequestrare e far sparire i registri di anagrafe ucraini per non far capire quanti ne sarebbero effettivamente morti.
Eppure sarà quello stesso Stalin nel 1939 a ridare le terre alla Ucraina e a riconoscerla nuovamente come Repubblica Socialista a tutti gli effetti.
Se perfino Stalin che era georgiano e fu commissario per le Nazionalità sotto Lenin decise di piegare con una forza mostruosa gli ucraini, è facile capire quanto per Putin, che addirittura è nato russo purosangue e cresciuto negli anni dell’imperialismo sovietico, sia ovvio e indiscutibile considerare l’Ucraina un pezzo di Russia da riportare a casa.
Ma dato che non si può capire la Russia senza capire Stalin, al georgiano dedicheremo i prossimi due editoriali, sopratutto grazie alle tante scoperte che gli archivi di Mosca ci hanno svelato dopo la caduta dell’URSS.
Francesco Martelli
sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
docente di archivistica all’Università degli studi di Milano
cremonasera.it
Una risposta
Molto interessante! Grazie anche per la semplicità dell’esposizione che rende la “Storia” comprensibile e avvincente.