A luglio a Malindi le temperature si aggirano fra i 23 e i 33 gradi centigradi. Il clima è fresco e piacevole. Nessuno sembra aver voglia di tornare. Alessandro fa delle passeggiate, ogni giorno sempre un po’ più lunghe per continuare a riabilitare la gamba destra. Si è presentato a tutte le autorità locali. Con grande accoglienza. La gente comune è di casa. Adesso sono in veranda sorseggiano un tè. Mattia sta giocando a pallone con una nuvola di bambini. Per strada. Ogni volta che passa una macchina, la inseguono, come se fosse un evento straordinario. A Parma sarebbe impensabile.
Il tramonto ferma il respiro.
Nicole azzarda un “Come stai?” .
“Boh! Vedi quella pianta, ha milioni di foglie, le nostre piante non sono così frondose. Abbiamo sbagliato qualcosa”. La risposta di Alessandro è spiazzante.
“Alessandro, non buttarla in politica, intendo, non ti manca proprio nulla? Tua mamma. Il Club sportivo. Gli amici. Il lavoro?”
“Sono sconvolto. Non sono lucido. Qui mi sembra che l’amico sia il primo che incontri per strada. Non ti senti mai solo. Non devi essere qualcuno, avere un certo status sociale, per diventare amico di un altro. I tuoi titoli non hanno più alcun valore. Sei solo te stesso. E’ come quando muori. La morte allinea tutti sulla stessa linea di confine. Non gliene frega niente, se sei dottore, avvocato, impiegato alle poste, operaio, disoccupato, sei di destra, di sinistra o se voti 5 stelle. Qui mi sento uguale. Come se fossi su quella linea, in un certo senso mi piace”.
“Ma tu hai dei talenti. Li devi usare. Non ho ancora capito se vuoi costruire un ospedale o una scuola. La Fondazione aspetta solo una tua riflessione. Il presidente sei tu. Senza una mission precisa restano solo cornici senza i quadri”.
“Vorrei costruire anzitutto una clinica. Lo so è la strada più difficile. Però devi avere pazienza, perché non sono ancora in forma. Tu mi aiuterai. Ho bisogno di te. Senza di te sono nudo. Altro che morto alla linea di confine. Ho bisogno di te. Siamo una squadra. Ti sto chiedendo un sacrificio immane. Lo so che pensi continuamente ai tuoi genitori. Lo so che vi sentite due volte al giorno. Ma ho bisogno della tua esperienza con i pazienti. Anna non si è vista. Ha paura di volare. Ho bisogno anche di lei. Tu devi lasciare definitivamente il tuo impiego”.
“L’ho già fatto. Mi si è spezzato il cuore, ma l’ho già fatto. Ho dovuto tagliare corto la telefonata perché io e il mio dottore stavamo per piangere. Abbiamo passato una vita insieme. Ho visto crescere i suoi figli. Adoro sua moglie. Abbiamo condiviso tutto, o quasi. Ecco. Non gli ultimi fatti. Ma lasciamo perdere. Parliamo della scuola di Mattia”.
“A fine agosto rientriamo a Parma. Lui andrà a scuola regolarmente. Presentiamo alle autorità e alla cittadinanza la Fondazione, il nome sarà Kenya and us, attiviamo un fundraising. Ho scattato una marea di foto. Farò un libro e una mostra. Intanto Mattia riprende la scuola. Poi in inverno, vediamo. Nicole, voglio fare le cose con calma. Sono debole. Mattia frequenterà poi una scuola internazionale qui. Imparerà lo swahili. L’inglese. Poi, gli daremo una mano noi, a colmare eventuali gap. Soprattutto con l’italiano. Dobbiamo solo organizzarci.”
Parla piano. Guarda in alto. Come se cercasse ispirazione. Poi abbassa lo sguardo. Le sfiora una mano con due dita.
Nicole dopo mesi di resistenza fisica e psicologica, intrisa di rabbia, dolore, odio, lascia fare, gli porge dolcemente la mano. Lui la prende, l’avvicina al suo volto. La bacia. L’annusa.
Mai una parola su De Guida. Sembra tutto alle spalle. Un incubo. Ricominciare sarà durissima. Entrambi si chiedono se quell’errore, l’arrendersi ad un ricatto così meschino, meriti ora così tanta fatica. Resta tutto sottinteso. Non affrontano l’argomento. Si sentono come due che stanno mettendo un cerotto su una ferita. Senza chiedersi mai come se la sono procurata.
Nicole ha una paura folle, ma capisce che ciò che sta vivendo è straordinario. Un momento unico. Loro si sono ritrovati. Il futuro è tutto da costruire.
Ma è solo un istante di sospensione. Una parentesi lieve. Come se la tensione si fosse per un soffio allentata perché Mattia corre lì, inseguito da un corteo di bambini. E’ sudatissimo. Ha un ginocchio sbucciato. Urla, piangendo disperato: “Voglio la nonna!!!!”.
E’ inconsolabile.
La nonna preferita è la mamma di Alessandro. E’ affezionatissimo a lei. Lei ha inventato giochi per lui, merende, torte, giri in bicicletta, al parco. E’ andata a prenderlo all’asilo e a scuola, con una Panda scassata. Ha comprato figurine dei Cucciolotti e le action figure dei Pokemon. Ha guardato i cartoni di Peppa Pig e Pocoyo e ballato con lui Carolina e Topo Tip. Lo ha cambiato quando era piccolo. Ha stirato i suoi piccoli panni quando ha cominciato a crescere. Lo ha amato. Lo ama. Tanto.
Nicole abbraccia forte il piccolo Mattia: “Facciamo una videochiamata con la nonna, prima però smetti di piangere, altrimenti lei si spaventa. La nonna ti ascolta. Vedrai. La nonna c’è sempre per te. Ma adesso calmati. Disinfettiamo la ferita. Ho portato uno spray magico. Non brucia. Spruzzalo tu! Non è niente. Stai tranquillo. Passa presto. Poi, quando ritroverai il sorriso, chiamiamo la nonna”.
“Il papà – aggiunge – faccio io. Fammi vedere. Gamba destra. Uhm! Non vorrai mica fare il cavallino zoppo come me? Prima dobbiamo lavare bene. Ce l’abbiamo un cerotto?”
Mattia ancora singhiozzando chiede: “Può restare a cena Brian?”.
Francesca Codazzi
11 risposte
Queesto bellissimo racconto ha duplicato, in me, la grande nostalgia del ‘mal d’Africa’
Grazie ispirante Licio
Finale aperto? Ci può stare! La separazione definitiva forse sembra il finale più facile e scontato. MA volte e’ più difficile rimanere, esserci, ricominciare. Ci vuole coraggio. E’ giusto che ognuno scelga il suo finale. Lei è un bel personaggio. Mi piace. Complessa e profonda. Brava Franci. Come sempre colori e dai profondità ai tuoi personaggi tanto da farli sembrare veri e umani!
Grazie! Grazie! Grazie!
Ciao Francesca, il racconto prosegue nella quotidianità.Il finale non è male.
Sempre complimenti! Bella é la storia complessa dei personaggi non comuni per il modo di condurre la vita!
Grazie Teresa
Bellissimo finale, per niente scontato e suscettibile di sviluppi in più direzioni. Mi pare abbia prevalso una bontà ritrovata da entrambe le parti, suggellata dalla leggerezza dell’innocenza.
Grazie per questo viaggio, di cui mi sono sentita parte.
Grazie mille!
Che bel racconto! Ho seguito molto piacevolmente tutte le puntate, catturata dalla storia, dai personaggi, ma soprattutto dal tuo stile Francesca.
Aspettiamo il prossimo!!
Il salto è stato fatto. Come molti di noi che ad una non più veneranda età hanno deciso di reinventarsi in qualcosa di nuovo. Un salto nel buio. Ma non a tutti va bene come ad Alessandro. Ma sarà davvero l’inizio di una nuova vita? O le nuvole offuscano la luce del sole, di Mattia. Si, perchè la vita continua nella normalità, ma questa non è una famiglia… normale.
Brava come sempre.
Nessuno vuole perdere l’appuntamento con te.
Rasserenante, rassicurante, pensare che possa esserci un’altra strada, da un’altra parte del mondo.. Grazie Franci, scritto bene, come sempre…