Si dice puntuali come i treni svizzeri. Spaccano il minuto alla partenza e all’arrivo. Ma è altrettanto corretto affermare puntuali come i ritardi dei treni del nostro territorio. Non spaccano il minuto, ma qualcosa di più personale e intimo. Esasperano. Con
espressione popolare, tirano colmi. Sono i treni delle tradotte per la transumanza quotidiana di studenti e lavoratori verso la
metropoli lombarda e le città più importanti del circondario.
Sono i treni delle tratte Cremona-Crema-Treviglio-Milano e Mantova-Piadena-Cremona- Codogno-Milano. Sono i treni di casa nostra. Della provincia virtuosa, lavoratrice, produttiva, evocata e
portata d’esempio da partiti e pubblici amministratori quando la propaganda politica lo richiede e dimenticata l’attimo successivo all’incasso del risultato prefissato. Della provincia con l’aria del capoluogo tra le più inquinate d’Europa e, appunto, con un
servizio ferroviario da sud del mondo. E’ la provincia dei campanelli se si apprezza l’operetta, o dei balocchi se si preferisce Pinocchio.
Sono i treni con bilanci tendenti al rosso, malati cronici, bisognosi di costanti flebofinanziarie, palla al piede per il profitto, parametro di riferimento della società d’oggi. Sono i treni figli di un dio minore, ma indispensabili e insopprimibili. Pochi santi in paradiso, Cenerentole, ultimi del gregge, sono la flotta operaia del trasporto
su ferro, antitesi dell’élite privilegiata dell’alta velocità. Del «treno di lusso, lontana destinazione» reso celebre da Francesco Guccini e finito male, ma è una canzone.
Sono i treni dei pendolari. Business is business e anche i gestori delle reti ferroviarie si adeguano. Ci sono linee di serie A, B, C e categorie inferiori. Le nostre sono in quarta fascia, ma spiccano per
creatività, vagoni coperti da graffititi, tocco naif e neorealismo. Testimonianza di periferia metropolitana trascurata. Sensazione di abbandono. Ai ritardi e alla soppressione delle corse, seguono puntuali le proteste delle vittime e del comitato che le rappresenta. Puntuali le subitanee analisi e le dichiarazioni del Barnum dei
parolai, pronti a sparare minchiate ad libitum, per tranquillizzare i contestatori. Patetici nel credere di essere quel che non sono, non dicono cose convincenti. Si ergono a paladini dei diritti calpestati, ma sono snobbati e inascoltati. Puntuale, la comprensione condita con ogni aggettivo, anche poco appropriato, per rendere la partecipazione ai disagi più reale del reale. Comprensione iperrealista fasulla e tarocca.
Puntuale, la totale solidarietà degli habitué delle carrozze di prima classe, ma bisognosi del voto dei paria obbligati ad accalcarsi in quelle dei derelitti.
Puntuale, la chiamata alle armi e alla mobilitazione con le pistole ad acqua e i fucili con l’elastico, ma non è un gioco. I treni sono veri, non modellini Rivarossi e Marklin e l’epos della ferroviaria sta nel film di Sergio Leone. Non in provincia di Cremona, dove, invece,
spopola l’epica dei ritardi e della sfiga. «Le società ferroviarie – ha spiegato nei giorni scorsi Claudia Maria Terzi, assessore
regionale alle infrastrutture, trasporti e mobilità sostenibile – devono lavorare da subito per migliorare la qualità del servizio. Le ho convocate in Regione perché spieghino come intendono rimediare alla situazione su questa linea (la Cremona-Crema-Milano ndr.) ma non solo e assicurare una qualità di viaggio adeguata»(La Provincia, 4 ottobre). Banalità e fuffa per ammorbidire la protesta per i disagi dei giorni precedenti. Miscela di nulla e di ridicolo. L’ovvio spacciato per pugno di ferro, ma è di marzapane. Cambiare registro, ammonisce l’assessore. Grande intuizione. Da premio Nobel dello scontato. Corretto convocare i possibili responsabili del disservizio per ascoltare le loro
ragioni. Il diritto alla difesa è sacrosanto, ma non è reato rivedere consigli di amministrazione e dirigenti. È doveroso, invece, assumersi la responsabilità di assegnare le
risorse e gli strumenti idonei agli esecutori del compito assegnato. È una questione politica, di priorità e di programmazione. Brutalmente è un problema di soldi, di quattrini, della loro destinazione. È una faccenda di progetti e di burocrazia. Di volontà e determinazione. Di impegni da prendere e mantenere.
I giorni successivi la strigliata dell’assessore, puntuale, il casino che ti aspetti. «Ancora ritardi sulla linea ferroviaria Mantova -Milano. Nel pomeriggio di ieri il treno regionale 2660 delle 11,45 ha accumulato 62 minuti di ritardo a causa di un treno merci
guasto tra Mantova e Castellucchio» (Altra Mantova, 6 ottobre). È una storia triste, prevedibile e noiosa. Una storia di promesse disattese. Puntuale, una storia di politica inerme e pasticciona. E per i pendolari, puntuale una storia di un calvario
infinito. Una vergogna.
Antonio Grassi