Il 7 agosto il consiglio comunale di Merlino, provincia di Lodi, deliberava all’unanimità l’acquisto di una partecipazione in Consorzio.it, braccio operativo dell’Area omogenea cremasca.
Il 4 settembre l’inserto Economia del Corriere della sera pubblicava un’intervista a Renato Mazzoncini, amministratore delegato di A2a, sul tema Siccità e sprechi, più investimenti per mettere al sicuro il nostro oro blu. Nei giorni precedenti lo stesso Mazzoncini aveva trattato il medesimo argomento a Cernobbio in occasione del Forum The European House Ambrosetti, snobbato dalla premier Giorgia Meloni. Quell’European House Ambrosetti conosciuta dai cremonesi per il Masterplan 3c, già vecchio che aspetta di essere implementato.
L’8 settembre – giornata storica per l’Italia – il blog Vittorianozanolli.it informava che i Nas avevano rilevato irregolarità nelle liste di attesa di ospedali e cliniche, comprese alcune della nostra provincia.
Tre avvenimenti, apparentemente slegati tra loro, ma non tanto. In modi diversi e con implicazioni assai differenti per importanza, possono interferire con il futuro del nostro territorio. Con il nostro futuro.
La decisione del Comune di Merlino conferma il segreto di Pulcinella: il Cremasco guarda a Milano. Tuttalpiù a Bergamo. Poco, pochissimo a Cremona.
Spesso snobbata, qualche volta ignorata, l’attrazione esercitata dall’ovest sui cremaschi provoca ai politici cremonesi una forte acidità di stomaco resistente anche al pantoprazolo.
Gianni Rossoni, presidente dell’Area omogena cremasca, è stato esplicito nell’indicare la rotta del galeone pirata cremasco «Restiamo – aveva sottolineato nei mesi scorsi – attenti all’integrità della Provincia di Cremona, ma il nostro sguardo è orientato verso Milano e Lodi. Questa è la collocazione del Cremasco, questa è la strada dello sviluppo del territorio» (La Provincia, 7 dicembre 2022).
Se la Provincia e Cremona fossero pragmatiche e lungimiranti, dialogherebbero con la Repubblica del Tortello. Trasformerebbero questa spinta centrifuga in un’opportunità per l’intero territorio.
Se cocciute e miopi, se ne fotteranno. Allora prenderanno tempo. Tergiverseranno. Fingeranno aperture. Faranno melina. Rimanderanno le decisioni. Creeranno condizioni di non conflittualità armata, che è pace tarocca. Che è stagnazione e inerzia. Sopravvivenza e mancanza di sogni. Diffidenza. Insignificanza. Che è catafalco per il cadavere di un’istituzione un tempo splendente, oggi appassita. Un tempo frequentatrice di palazzi del potere, oggi relegata nella corte dei miracoli.
«Esiste un’infinità di modi per suicidarsi senza morire», racconta l’impietoso e feroce Chuck Palahniuk nel romanzo Diary. Tra questi modi rientra la scarsa attenzione della Provincia e del capoluogo alle istanze cremasche.
L’invito ad entrare nell’azionariato di Cremonafiere non è il sistema migliore per aprire un dialogo con Crema. Non pare una mano tesa per favorire la collaborazione. Assomiglia, piuttosto, a una mano aperta per metterci l’obolo utile per contribuire a ripianare il rosso del bilancio 2022 dell’ente. Un milione di euro meno un pelo. (Cremonasera, 25 giugno)
Dilatare i tempi nell’approvazione del regolamento dell’Area omogenea non ferma il galeone pirata cremasco. La ciurma di Rossoni prosegue per la propria rotta. Procrastinare la modifica di una frase, di una parola, di una virgola non sfinirà i cremaschi. Si sono opposti al Barbarossa, possono resistere al vascello provinciale, catorcio che fatica a galleggiare.
La scelta del Comune di Merlino è la punta dell’iceberg. Altre municipalità lodigiane sono pronte ad entrare in Consorzio.it. E rumors dicono che anche la Provincia dell’Adda sia interessata a partecipare al progetto. È il segnale del superamento di storici steccati territoriali. Il riconoscimento che la via cremasca dell’aggregazione e della condivisione dei servizi tra enti locali funziona. La testimonianza che non sempre è necessario il ricorso a mastodontiche multiutility tipo A2a per interventi pubblici. È il vantaggio di decidere il proprio destino. Di non delegarlo agli azionisti di società quotate in borsa, il cui obiettivo è l’incasso dei dividendi e l’aumento del valore delle azioni, con il territorio mezzo da sfruttare per incrementarli.
Rossoni è stato chiaro. Il Cremasco non punta alla scissione da Cremona, ma ad una maggiore autonomia senza disconoscimento dell’autorità provinciale. Per esempio, alla possibilità di costituire un modello funzionale di provincia federata di tre repubbliche: del Torrazzo, del Tortello, del Pomodoro. Il tempo è quasi scaduto. Partiti e politici lo sanno.
La questione legata alle dichiarazioni di Mazzoncini è più complessa. È un pensiero malevolo. Fors’anche una dietrologia, frutto di pregiudizi. Ma potrebbe essere un’ipotesi con una scheggia di verità. Quale che sia la giusta interpretazione, condividerla e discuterla non è tempo sprecato.
Nell’articolo del Corriere della sera la giornalista Fausta Chiesa, sottolinea che la rete idrica nazionale è un colabrodo. Che perde il 40 per cento di acqua potabile. Che s’impone l’ammodernamento degli acquedotti per raggiungere il tasso di dispersione idrico medio europeo del 25 per cento.
«Qui – spiega Mazzoncini alla giornalista e ai lettori – devono essere coinvolti soggetti industriali in grado di contrarre debito per realizzare gli investimenti. Cosa che molte società in house, e i circa 1700 Comuni che hanno in gestione in economia non riescono a fare, dovendo rispettare il patto di stabilità interno».
Messaggio chiaro e forte: A2a intende entrare in maniera massiccia nel settore del ciclo idrico.
Intenzione già resa palese il primo settembre dal Sole 24 ore Video, che riporta la seguente nota dell’agenzia La Presse: «Abbiamo stimato 32 miliardi di investimenti sul ciclo idrico, che vuol dire acquedotti, fognature per l’acqua piovana, e 16 miliardi sull’idroelettrico, che vuol dire nuovi pompaggi per recuperare più potenza dalle centrali, nuovi impianti mini-idroelettrici e tutto quello che si può fare per la produzione di nuova energia. Ci vogliono 10 anni per farlo, ci vuole ingegneria e aziende in grado di mettere in campo anche la finanza”. Lo ha detto a margine del Forum Ambrosetti a Cernobbio, Renato Mazzoncini, Ad di A2a» (https://stream24.ilsole24ore.com›video›italia›AFsZJZi, 1 settembre).
Immaginare che A2a possa essere interessata a interagire con Padania Acque non è un trip da acido lisergico. Perché escludere un possibile, anche se non imminente, assalto alla diligenza provinciale che trasporta il nostro oro blu? Estote parati non è un consiglio da sottovalutare. A2a non è il lupo, ma la storia del biometano al Bosco ex parmigiano-San Rocco suggerisce di tenere la guardia alta. Di far ballare gli occhi, traduzione italiana di un detto popolare.
Sull’operazione dei Nas c’è poco da aggiungere. Le irregolarità sulle liste di attesa sono la conseguenza di una sanità comatosa. Di scelte che incentivano la privatizzazione. Che tradiscono l’articolo 32 della Costituzione. Sono il malato-merce sul quale lucrare.
E investire su un nuovo ospedale e abbattere quello in funzione va in questa direzione. Su Cremonasera e su Vittorianozanolli.it è stato scritto molto sulla questione e sull’insensatezza della decisione. È sorto un comitato che ha raccolto circa duemila firme a favore del mantenimento dell’attuale nosocomio. Manca la politica. In questi casi si dice: silenzio assordante. Ma è insufficiente.
Conigli impauriti rende meglio la situazione. Solo coniglio. È più efficace.
Tre questioni. Tre occasioni per amministratori locali, segretari di partito e politici più o meno blasonati, di dimostrare che si può ancora sperare in una provincia migliore. In un mondo migliore.
Antonio Grassi