“Dewey annienta Truman!”
Così titolava a tutta pagina il Chicago Tribune la mattina del 3 novembre 1948, il giorno dopo le prime elezioni presidenziali americane del dopoguerra. Peccato che lo spoglio elettorale nelle stesse ore assegnasse una vittoria schiacciante proprio ad Harry Truman, che non mancò di farsi fotografare sghignazzante con una copia del giornale.
Thomas Dewey era il cocco dei giornalisti e della opinione pubblica americana: il procuratore di ferro che aveva posto fine alla mafia newyorkese e messo in galera perfino il capo di tutti i capi, il leggendario Lucky Luciano. Divenuto poi governatore dello Stato di New York, belloccio, elegante, straordinario comunicatore di se stesso e soprattutto astuto distributore di notizie alla stampa, ebbene era subito dato per favorito rispetto al nanetto del Missouri che suo malgrado si era ritrovato presidente dopo la morte del più grande di sempre, quel Franklin Delano Roosevelt che lo aveva scelto come suo vice al suo quarto mandato consecutivo. Truman era bruttino, scorbutico, poco carismatico e per nulla affascinante, eppure si era trovato a prendere alcune delle più gravi decisioni della storia dell’umanità, come lanciare le due bombe atomiche su Nagasaki e Hiroshima e iniziare la Guerra Fredda con Stalin. Alle fine gli elettori, che non sono i giornalisti, premiarono le fatiche del piccolo Truman e scaricarono bellamente il paladino della stampa.
Ebbene a distanza di 80 anni è successa esattamente la stessa cosa, con un Trump dato se non perdente quantomeno in un testa a testa con lui in netto svantaggio. E invece Trump ha fatto cappotto, stravincendo ovunque (anche in qualche feudo democratico) e prendendosi il Senato e la Camera. E non è mancato in Italia perfino la identica gaffe del Chicago Tribune: nella notte elettorale La Repubblica per mano di Gabriele Romagnoli ha sparato un titolo a tutto web “Ha vinto Kamala!”. Se non fosse realmente accaduto sembrerebbe una barzelletta, ma in realtà c’è ben poco da ridere. Solo che sono passati 80 anni e oggi ci sono le tv e il web, i sondaggi, i social e centinaia di strumenti di monitoraggio del popolo che nel 1948 nemmeno si potevano immaginare. Ma come si fa a non capire niente di quello che sta realmente succedendo pur parlandone in continuazione per ore e ore?
Per giorni e notti gli italiani sono stati bombardati su ogni canale da infinite dirette televisive tutte dedicate alla campagna stelle e strisce, manco fossimo chiamati a votare noi. Un vero e proprio delirio americanista senza precedenti che fa proprio pensare che ormai volenti o nolenti siamo tutti sudditi adoranti degli USA.
E purtroppo, in molti casi, dei sudditi rimbambiti: opinionisti, giornalisti, scrittori, politici, analisti geopolitici e perfino gli analisti comportamentali (è proprio vero che c’è chi riesce a campare senza lavorare, beati loro…) nessuno ci ha capito un benemerito cacchio.
Una vera e propria tragicommedia mediatica che sembra essere uscita dalla regia di Mario Monicelli. E invece è tutto vero: ci hanno rifilato ore e ore di cretinate infantili degne nemmeno dell’ultimo bar di paese, con tanto di frignate isteriche da bambini dell’asilo. Palma d’oro ad un Aldo Cazzullo che quasi in lacrime per le strade di New York profetizzava la fine dell’Europa se avesse vinto Trump.
Al di là del fatto che a mio avviso i conduttori di queste trasmissioni dovrebbero avere almeno il buon gusto di scusarsi con il loro pubblico per aver fornito un servizio di informazione a dir poco scadente (perché fare informazione non significa costruire programmi sulle proprie opinioni, speranze o risentimenti, ma fornire strumenti di giudizio), ciò che veramente mette i brividi è che la classe dirigente dell’informazione occidentale ha dato prova di essere veramente inaffidabile. E questo è estremamente preoccupante: hanno capito poco o nulla di quanto realmente accadeva in Ucraina e in Israele, men che meno di quanto stava accadendo in America. Ma come faranno a essere utili a informare e giudicare quanto accade in Europa ogni giorno ? E infatti, secondo chi scrive, non lo fanno proprio…
Il vizio di giudicare Paesi che non si conoscono in cui manco si ha vissuto, e peggio ancora quello di costruire una informazione non dedotta dai fatti (e sopratutto dagli antefatti …) ma solo e sempre a sostegno dei teoremi del comodo pensiero mainstream hanno alimentato in questi giorni un vero e proprio delirio televisivo con tanto di drammone collettivo davanti alla tragica sconfitta delle proprie balzane previsioni. Ma dove andiamo con dei media come questi nel mondo nuovo che ci attende, dove veramente viene in mente Trilussa quando scriveva “mentre Mussolini fa la Storia Hitler fa la Geografia…” ?
sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
docente di archivistica all’Università degli studi di Milano
4 risposte
Tutto vero, anche se almeno Rampini nel suo libro ha ampiamente descritto il delirio di una sinistra radicale Usa (priva di progettualità e ricca di fanatismo) che ha verosimilmente coagulato la reazione della gente “normale” . Proprio come sta capitando anche da noi.
Per quelle poche volte che l’ho sentito parlare, Rampini mi sembra una grande mente.
Bravissimo , ma questi sono gli esperti, ricordando un articolo di poco tempo fa. Esperti che più che presentare i fatti, presentano le loro idee, come se fossero fatti. Conferma che faccio bene a non dare più un gran credito ai giornali citati da anni, su tanti argomenti, anche se una volta ogni tanto si può essere anche d’accordo , un articolo corretto possono anche farlo…
Tendeva un po’ all’overdose da aforisma (i più gettonati: mille miglia cominciano con un passo; non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te ma chiediti il contrario; I care; io sono un berlinese ed altre astuzie pro armento) ma ci prendeva. Ad urne chiuse, a lui il laconico commento: esistono due modi per rovinarsi alla svelta, affidarsi alle donne o agli esperti. Trump ringrazia.