Il vile attentato ai danni del giornalista e conduttore di “Report” Sigfrido Ranucci è un segnale che trascende il fatto in sé. E non c’è espressione di solidarietà – per quanto non scontata e mai inutile – che possa far passare in secondo piano ciò che quell’atto rappresenta.
E’ forse inevitabile correre con la memoria ai tanti, troppi, precedenti, ma sarebbe semplicistico ridurre quanto avvenuto liquidandolo come la conseguenza di un modus di intendere e praticare l’informazione. L’informazione vera, che assolve pienamente al suo compito di “cane da guardia del potere”.
Ci piaccia o meno l’uomo, Sigfrido, ci piaccia o meno il suo lavoro, frutto del suo modo d’interpretare la professione, quello che è avvenuto nella notte di venerdì è un monito per tutti noi.
E’ la spia di un crescente clima d’intolleranza e al tempo stesso un indicatore del superamento del livello di guardia del livore che permea ormai una società che ha superato la sua fase “liquida”, per dirla con Baumann, e si sta rapidamente incanalando nell’alveo “gassoso” dell’imbarbarimento.
Non c’è giudizio di merito politico in ciò che scrivo. C’è, piuttosto, la constatazione di un drammatico decadimento delle regole di convivenza sociale che ci riporta, idealmente, a periodi bui della storia di questo Paese.
Ranucci, e con lui i tanti giornalisti che ancora onorano questa professione duramente provata dall’incedere della tecnologia e dalle piattaforme “social” dove chiunque può ergersi a opinionista dell’ultima ora, rappresentano un baluardo del libero pensiero.
Il giornalismo d’inchiesta è divenuto, paradossalmente, una scheggia impazzita del sistema. Una scheggia che va controllata, messa a tacere, silenziata, intimidita. Perché nel grande silenzio che contraddistingue questo periodo storico in cui, come in un gioco di specchi, troppe voci si affastellano sino a creare un immenso vuoto di contenuti, un vuoto comunicativo, la libertà di pensiero e la libertà di informazione sono divenute più che mai pericolose. Insidiose.
Chi tocca i fili muore. Se va bene, viene intimidito. Chi esce dal sistema – chi cerca di costruire o mostrare un sistema alternativo – va silenziato. Poiché lo status quo non ammette il dissenso.
Vecchia storia, vecchia come il mondo eppure attualissima.
Per questo l’attentato ai danni di Ranucci è un monito a una società silente, assuefatta alla violenza e al sopruso. Una società nella quale vigono “regole” che hanno scalzato le precedenti, guadagnate con tempo e fatica. Una società nella quale il libero confronto è tollerato solo nella misura in cui assume i connotati della reciproca offesa sul piano personale.
E allora, nulla quaestio se l’insulto, la diffamazione, l’ingiuria sono i nuovi strumenti del confronto, ma guai a trascenderli concentrandosi sui fatti. Facendo inchiesta. Lavorando esponendosi, mettendoci non solo la firma, ma anche la faccia. Facendolo pacatamente ma con fermezza.
Perché sono i fatti, la calma frutto di un lungo lavoro preparatorio a far paura. Non gli insulti, le reazioni di pancia. E’ quel sorriso beffardo indossato a commento della notizia a segnalare il pericolo, non il ghigno feroce del cane che abbaia ma non morde.
Ranucci, da anni, sistematicamente morde il sistema. Lo fa con con stile, con la (relativa) serenità di chi sta assolvendo al nobile compito di fare informazione.
Per questo Ranucci è pericoloso. Perché è come quei “tre giornali ostili” che Napoleone Bonaparte temeva più di “centomila baionette”.
E’ la stampa, bellezza, verrebbe da dire parafrasando il Bogart de “L’ultima minaccia”. Solo che oggi la stampa ha perso credibilità. Inseguendo i social, inseguendo il “click”, lo scandalo facile, la notizia innocua che genera al massimo il “flame” o la “shitstorm” sui social media, la stampa ha, in larga parte, abdicato al suo ruolo primario. E lo ha fatto nel momento peggiore. Nel momento in cui con maggiore urgenza si avvertiva la necessità di un presidio stabile, fermo e irremovibile in grado di contrastare la proliferazione di false notizia e l’avverarsi della profezia di Umberto Eco.
Lo ha fatto, lo sta facendo, in un contesto storico (un ricorso storico, in verità) nel quale le ombre si allungano e la luce si affievolisce. Un periodo storico e sociale in cui cresce la rabbia, lo scontento, il malessere generale, alimentato e pasciuto dal peggioramento delle condizioni di vita di milioni di persone e famiglie. Condizioni economiche e sociali che mostrano tutti i limiti del sistema consumistico che abbiamo cullato e cresciuto in grembo per decenni.
E laddove aumentano le difficoltà quotidiane, laddove lo Stato non arriva a sopperire e supportare, fermenta l’humus dell’odio. Monta la rabbia sociale. Si rafforza l’individualismo; non quello sano, non quella limitata componente individualistica necessaria al raggiungimento della personale realizzazione. Si rafforza l’individualismo dell’uno contro tutti, del tutti contro l’uno.
Si crea il substrato che induce al sonno della ragione che a sua volta genera mostri. Terrorismo, mafia, autoritarismo, germogliano da questo humus. Lo hanno sempre fatto. E’ la storia a ricordarcelo, anche se siamo troppo indaffarati a guardare altrove, a fissare uno schermo chiudendoci nelle nostre personali bolle sociali architettate da un algoritmo.
Per tutto questo l’attentato a Ranucci, voce libera e pensiero indipendente, ci tocca tutti. Tocca chi ne apprezza il lavoro, ma tocca anche chi non apprezza la persona, le sue idee e il suo operato. Perché quell’attentato è un segnale ma anche un simbolo. L’effige del mostro che rialza la testa. Alza il livello dello scontro, alimenta quella rabbia sociale che cova ormai a cielo aperto, altro che sotto la brace.
E quanto è accaduto deve indurci a pensare. A ri-pensare il nostro modello societario prima che sia troppo tardi.
Poiché oggi è stato colpito un uomo libero, ma sul tavolo non c’è soltanto la sua di libertà: c’è quella di ciascuno di noi.
Federico Centenari
cremonalibera.it
12 risposte
Ma c’è qualcosa di ‘ strano ” in tutto questo, visti anche gli sviluppi. A proposito del rischio di veder soffocata la libertà di stampa, di cui lo stesso Ranucci parla, c’è qualcuno che sta vietando la sua trasmissione Report? No ,al contrario andrà in onda con un maggior pubblico di prima. L’unica volta che una sua trasmissione fu vietata, lui stesso lo dice, fu nel 2000 sotto un governo di centro sinistra. Emerge invece una tutt’altro che ambigua strumentalizzazione politica. Ora la solidarietà ci poteva stare, la strumentalizzazione no, non sapendo tra l’altro chi è il mandante dell’attentato. Ma salta anche fuori che Ranucci ha oltre duecento querele e in seguito all’attentato si sono moltiplicate in maniera ossessiva le richieste che queste querele vengano ritirate, in relazione alla sua attività giornalistica di inchiesta. Qua allora a mio avviso si confonde quella che è la libertà di stampa con quella di diffamazione o di calunnia. Se è sicuro di essere dalla parte della ragione, non dovrebbe temere più di tanto, anche se certamente le querele ingiuste pesano, a meno che ritenga di aver a che fare con dei giudici corrotti ma certo è che se quel suo servizio del 2000 non fosse stato censurato, di querela oggi se ne troverebbe una in più, visto che i protagonisti di quel misfatto che lui voleva denunciare pubblicamente in quel servizio censurato,sono stati di questi giorni definitivamente assolti in Cassazione.
Al di là di come la si pensi, e devo dire che non condivido quasi niente del suo commento, la solidarietà verso un giornalista che ha subito un attentato (e non stiamo qui a disquisire su mandanti o altro, perché di attentato si tratta e nessuno di noi ha la competenza per sapere chi e perché abbia commesso quel gesto) a mio avviso è un atto dovuto. Come ho scritto, si può non apprezzare Ranucci, ma episodi come questi vanno condannati senza distinguo. Dove stia poi la strumentalizzazione, francamente lo vede solo lei…
Quante di quelle 200 querele sono intimidatorie? Molte, immagino. E quando non bastano a fermare le inchieste ecco che si passa dalle carte, cioè dalle parole, ai fatti. In questo caso alle bombe. Fatti di tale gravità non si possono sminuire o banalizzare definendo strumentali gli appelli alla remissione delle querele sporte nei confronti di Ranucci. Ci sono molti mezzi per imbavagliare i giornalisti, ma alcuni (pochi) tra i quali il conduttore di Report non si fermano davanti alle denunce. Chi vuole mettere a tacere voci libere e indipendenti prima minaccia poi spara. Il giornalismo, quello d’inchiesta in particolare, è presidio di libertà e caposaldo della democrazia perciò necessità di piena tutela da parte delle istituzioni.
Per chi non lo avesse capito, i fatti del 2000 ai quali lei fa riferimento riguardano i rapporti tra Berlusconi e la mafia. Credo che sia il caso di stendere il classico velo pietoso sull’intera vicenda, compresa la sentenza della Cassazione.
Lei può stendere tutti i veli che vuole, ma se una sentenza, giusta o sbagliata che sia, concede alla parte accusata di uscirne indenne e quindi di sporgere querela per diffamazione, questa può farlo. A meno che, reclamando la remissione delle querele verso Ranucci, si invochi una sorta di immunità professionale del giornalista. D’altronde c’è già per i giudici, per i parlamentari con il caso emblematico della Salis ritenuta ( privilegio al di sopra di tutti gli altri) non perseguibile per presunti reati commessi da libera cittadina, prima di essere eletta, perché non pensare quindi anche all ‘ immunità dei giornalisti, i quali pertanto in maniera arrogante potranno fare tutto quello che vogliono?….E per questo non c’entra nessun attentato.
Se intimidatorie,uso il condizionale, spetterebbe alla magistratura stabilirlo. Poi,ripeto, finché non si sa che è il mandante dell’attentato, ritengo si debba essere cauti nei giudizi,soprattutto se si vuole attaccare una parte politica, come se fosse già deciso che essa è responsabile del misfatto. Personalmente ricordo un bellissimo servizio di Ranucci/Report sulle origini della Covid. Poi però come criterio generale valga sempre quello di distinguere tra la libertà di stampa e quella di diffamazione, perché penso sia anch’essa un grave attentato alla persona ,mettere sulla graticola pubblica persone la cui responsabilità reale non è stata dimostrata.
Dunque per non mettere sulla graticola persone fino a quel momento innocenti ma sulle quali gravano indizi di colpevolezza, il giornalista dovrebbe attendere che la giustizia abbia fatto il suo corso? Dovrebbe aspettare una sentenza? Magari passata in giudicato?
Cosa vuole che le risponda.? A questo punto ciascuno faccia secondo coscienza. Per quanto riguarda il commento di Centenari, le strumentalizzazioni sono emerse chiaramente in relazione anche alla manifestazione per lui organizzata. Ma queste son cose diverse. Una cosa la solidarietà per l ‘attentato, a cui mi associo, altra cosa la strumentalizzazione politica che ne è stata fatta. Se non l ha colta, amen.
Lei dice che ” non condivide quasi niente del mio commento ” . È un mistero cosa ci sia da condividere, signor Centenari, perché i fatti sono fatti e quindi non punti di vista da condividere o meno:
1) E’ vero che la trasmissione Report non è stata silenziata? È vero
2) E’ vero, lo dice lo stesso Ranucci, che gli fu vietata una sola trasmissione, nel 2000? È vero.
3) E per di più da un governo di centrosinistra? È vero.
4) E’ vero che alla manifestazione organizzata da Conte in sua solidarietà, Ranucci ha dichiarato ” diffidate dai politici che non rispondono alla stampa,di coloro che scappano,che non si assumono le loro responsabilità ?” È vero, strumentalizzando chiaramente l’attentato in un attacco politico con l’aggravante di creare in qualche mente esaltata l’associazione tra una certa politica e la bomba. ”
5) E poi ancora, è vero che ha dichiarato: ” È peggio una bomba sotto un auto che in fin dei conti non ha ucciso nessuno? ( incredibile, avrebbe potuto ammazzare sua figlia!!), o dei politici che mettono in atto..delle leggi per silenziate la totalità della stampa? È vero, ma c’è da chiedersi quali leggi, visto che poi la stampa a cui politicamente Ranucci appartiene ,spadroneggia ampiamente sui media, e con la chiara conferma della strumentalizzazione politica nel far passare quell’ attentato su un secondo piano, quasi a farlo sparire dalla discussione rispetto alle leggi liberticide che lui vaneggia?
6) È vero che ha oltre 200 querele, comprese le richieste di risarcimento danni? Per la precisione 224. ? È vero.
7) È vero che ,di conseguenza, distogliendo completamente l’attenzione dall’attentato, cosa che ha fatto dubitare molti sull’ autenticità dell’ attentato stesso, ha chiesto quindi una legge che limiti le denunce ai giornalisti? È vero, ma io dopo quel fatto mi sarei innanzitutto preoccupato della mia incolumità e di quella dei miei cari, avrei chiesto maggiore tutela, anche perché non ci sta che chi mi porta in tribunale per diffamazione, poi intenda risolvere la faccenda con questi metodi barbari.Non gli conviene ,soprattutto se vuole un risarcimento.
E chiedendo un intervento giudiziario che gli cancelli tutte le querele, lascia intendere che chi scappa,che chi non vuole assumersi le sue responsabilità è proprio lui,rispetto alle pendenze giudiziarie,e non chi non si presta alle sue interviste.
Pertanto, signor Centenari, ad affrontare la questione in termini meno emotivi e più razionali, farebbe bene non solo alla libertà di stampa, ma anche alla sua credibilità.
Gentile sig. Araldi, vedo che le piace stuzzicare e polemizzare. A me no. Pertanto non perdo tempo a risponderle punto su punto, mi limito a farle notare che quello che ho scritto è un commento e, nel caso non lo sapesse, come dicono gli americani, la notizia è sacra, il commento è libero. Cosa significa questo? Che il commento riflette semplicemente il pensiero di chi lo scrive, pertanto può essere condiviso come può non essere condiviso. La invito, quindi, prima di tirare in ballo la mia credibilità in modo meschino perché lei non sa niente di me e della mia storia professionale, quantomeno di informarsi sulle basi, sui fondamentali. Ho espresso il mio pensiero senza criticare alcuno, a differenza sua che si permette di impartire lezioni mettendo pure in dubbio la mia credibilità. Impari a misurare le parole e impari l’educazione prima di offendere le persone che esprimono liberamente il loro pensiero, magari sarà lei a risultare credibile a quel punto, perché adesso, si fidi, non lo è. E’ solo petulante e inutilmente polemico. E il mondo di polemiche sterili ne è già pieno. Un cordiale saluto, io torno a occuparmi di cose serie, lei vada pure avanti a impartire lezioni da leone da tastiera.
Condivido pienamente quanto ha scritto il dottor Araldi.
Risposta a Federico Centenari.
La credibilità è riferita alla libertà di stampa, non a lei. Ha malinteso ancora. Poi mi dà del leone da tastiera meschino sterilmente polemico petulante e che si occupa di cose poco serie…Ma veramente a parlare di Ranucci ha incominciato lei. E poi lei non critica alcuno, no per carità puri complimenti questi suoi. Io mi sono limitato a dirle di parlare in maniera meno emotiva….