Le dita del morto non le avevo mai viste dal vivo, ma solo a qualche mostra…….(!?), finchè il 3 giugno scorso, appena entrato in un bosco cittadino abitualmente visitato, le trovai alla base di una pianta agonizzante. (foto 1).
Al momento potevano essere scambiate con delle “escrescenze” della pianta stessa, piuttosto che con delle pietre sovrapposte, ma più ancora con dei vermi, anzi dei cagnotti o bigattini, larve di mosca Sarcophaga carnaria ( L.1758), utilizzate come esche per la pesca, in particolari gli elementi coricati panciuti e variamente conformati (foto 2). Ho capito subito invece che si trattava di un fungo, la Xylaria polymorpha ( Pers,: Fr.) Grev.1824 che proprio dall’ampia varietà di conformazioni prende il nome di specie “polymorpha.”
E tuttavia coi bigattini il fungo ha almeno due caratteristiche in comune, riconducibili allo stesso tema, quello della morte.
Entrambi infatti si nutrono di materia organica morta o moritura, animale nel primo caso, vegetale nel secondo. Il nome poi, in maniera più o meno esplicita, ad esso fa riferimento, quello volgare nel caso del fungo, quello scientifico (Sarcophaga) nel caso della mosca.
Seducenti macabre premesse per questa esplorazione naturalistica.
Ma da dove deriva il nome “le dita del morto”? Non già dalla morfologia degli esemplari coricati, bensì da quelli eretti (foto 3) , a ridosso della pianta. Effettivamente l’analogia stabilita con delle dita morte e non vive ha molto suggestionato al punto che si racconta di incontri non proprio piacevoli nei boschi dove il fungo ha raggiunto un ragguardevole sviluppo ed una somiglianza particolarmente spiccata.
Sensazione “terrifica” amplificata dal colore assunto nel pieno della maturazione sporale che comincia lentamente in primavera , presentando inizialmente tinte persino azzurre, quindi grigio brunastre ed infine nere.
Niente di meglio per ispirare l’iconografia dell’horror !! La mano nera che emerge dalla terra, i morti viventi che risuscitano…
Che si tratti di una presenza malefica, questo fungo, lo si capisce anche dalle sue funzioni biologiche, benché giudicate positivamente dal punto di vista ecologico. Esso infatti scova piante malate o morienti e le attacca in maniera inesorabile. Si dice che quando il fungo cresce all’interno della pianta, questa subisce un rapido degrado per cui va rimossa rapidamente perchè potrebbe crollare improvvisamente e cagionare danni a terzi che sostano nelle vicinanze.
Ho fotografato allora la pianta e il suo aspetto mi è apparso subito molto inquietante. (foto 4) Nuda, ampiamente decorticata, e con i due lunghi rami distesi, sembrava proprio un Cristo in croce. Ma ad avvicinare l’immagine (foto 5), l’impressione diventava ancora più cupa, malefica. Quel lungo ramo nudo sembrava un corno che richiama una tipica immagine dell’essere più maligno che si conosca: il diavolo.
E’ proprio il caso di dire che la pianta era stata posseduta dal male.!!
L’atmosfera cominciava a farsi un po’ pesante. Ho deciso allora di andarmene ma di tenere sotto controllo la stazione, in particolare per vedere la nera evoluzione del fungo.
Vi sono tornato solo dopo 5 giorni, l’8 giugno. Non sarebbe stato difficile trovarli, i funghi, essendo all’inizio del bosco, e nella peggiore delle ipotesi quell’albero cornuto ed in croce era inconfondibile.
Già l’albero. Ma dove era finito l’albero? Ho camminato avanti e indietro diverse volte in quella zona, ma dell’albero non c’era più traccia. Era scomparso. Rapito? In un certo senso sì ma di fatto abbattuto. Ne ho visto i resti anche se ahimè non li ho immortalaati..
E il fungo? Scomparso pure lui, Era tornato nelle viscere infernali, una volta esaurito il suo compito.
Presumibilmente allora s’era realizzata quella funesta profezia dell’abbattimento improvviso da infestazione massiva e penetrante della Xylaria. M’era andata bene, perché l’avevo fotografata appena in tempo, pochi giorni prima, e m’era andata bene anche perché il fungo non m’aveva danneggiato, ma non per incauta ingestione, bensì per abbattimento repentino dell’albero, visto che mi ero seduto proprio di fronte per fotografarlo!!
Magia della natura! Già, peccato però. Me ne sono andato un po’ a malincuore ma sono tornato sabato scorso per vedere se il fungo era rispuntato da qualche altra parte. Niente da fare, tuttavia mi si è presentato quest’essere dai pantaloni lunghi verdi e dalle scarpe chiuse ed eleganti! (foto 6) .
Non potevo crederci, ma sembravano proprio scarpe e lunghi pantaloni. Mi sono avvicinato per chiarirmi meglio le idee (foto 7). Che il morto, allora ho pensato, oltre alle dita avesse tirato fuori tutto di sè dal sottosuolo, comprese le scarpe?
In realtà si trattava di un bagolaro (Celtis australis L., 1753) le cui radici possenti emergevano simulando persino dei calzari. Ma quando ho visto le radici di quest’altro (foto 8) che da scarpe si stavano trasformando in artigli con tanto di unghia sporgente, ho capito non solo quanto e perché la fantasia umana nei secoli abbia popolato di spiriti dalle più varie intenzioni i boschi e le foreste, ma anche che forse era il caso di andarmene via da lì.
Si sa mai…
Stefano Araldi
8 risposte
Perché non viene nominato il parco? Almeno lo si evita…
nel cammin di nostra vita, mi ritrovai nelle selve oscure della via Eridano
sinistra coincidenza poi che Virgilio citi l ‘Eridano tra i fiumi degli Inferi ( Eneide, VI ,659) e che Fetonte vi cadde e morì col suo carro infuocato abbattuto da Zeus e le cui sorelle, le Eliadi, straziate dal dolore, furono frasformate in pioppi, in alberi dunque…
Molto interessante
Articolo simpatico ed interessante. Complimenti. Grazie mille ho imparato qualcosa di nuovo. Da leggere.
Hai saputo creare una atmosfera drammatica dove altri avrebbero visto solo la normalità.
E’ proprio il caso di dire ” tra fantasia e realtà”
…molto interessante , non conoscevo l’esistenza di questi funghi “inquietanti” presterò attenzione nelle mie gita tra i boschi
Stupendo articolo, pieno di richiami letterari di grande significato, che aprono a ulteriori approfondimenti. Apprezzo molto la competenza scientifica e botanica con cui l’autore ha saputo descrivere aspetti sconosciuti di creature vegetali che rimandano a riflessioni umane sulla vita. E il tutto condito con una sottile ironia che rende l’esperienza ancora più misteriosa. Dal thriller… al sorriso!!!