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Le Mans mon Amour, ma l’odierna Ferrari di F1 è tutt’altra cosa

26 Giugno 2023

Più volte sono stato a Le Mans ma con piloti come Ickx, Vaccarella, Merzario, Giunti, Regazzoni e altri. Ora sono a Maranello e con ex-colleghi Ferrari stiamo piangendo, e consolandoci a vicenda, sul triste andare della nostra macchina di F1. Qualcuno dice che nell’ultimo GP, quello del Canada, siamo pur arrivati 4° e 5°, è vero ma battendo poca cosa e con molta difficoltà nei sorpassi. Ma si dice che stanno portando aggiornamenti, quasi ad ogni GP, peccato che nessuno se ne accorga.

Perché la vettura Ferrari di F1 non va? Tento un’ipotesi. Chapman, Forghieri, Byrne, Newey, tutti ottimi fisici, ottimi matematici, e buoni ingegneri. Ma non è così semplice perché poi nelle  prove e in gara occorre un pilota veloce, regolare ma soprattutto preciso informatore degli ingegneri  sul comportamento della vettura. Difficile, molto difficile perché bisogna che i tre circuiti mentali del progettista e i tre del pilota, interagiscano e si interfacciano tra di loro. Il problema è sempre lo stesso, far collimare teoria e pratica.

Suona il mio telefonino. E’ un altro ex-ferrarista, Luciano Richi, artista genialoide, pittura e scultura ma poco considerato in fabbrica. Dico del nostro cattivo umore e lui mi consola dicendomi che la Ferrari, vettura prototipo, ha ben vinto a Le Mans nell’occasione più bella e cioè il centenario della mitica 24 ore.

Rispondo che abbiamo battuto la Toyota ma con quali piloti? Oggi nei Prototipi corrono piloti bravi si, ma scartati dopo due o tre stagioni in F1, oppure piloti che non arriveranno mai in F1. Perché è cosi importante la F1? Perché già 40 anni fa Bernie Ecclestone iniziò il dirottamento di soldi, interesse e piloti dai Prototipi alla F1.

L’amico Richi mi dice: “Vieni a Campogalliano, 30 km da Maranello, c’è l’inaugurazione della mia mostra personale al famoso Museo della Bilancia (mai sentito) con introduzione del famoso critico d’arte Claudio Cerritelli, docente all’Accademia di Brera di Milano (mai sentito)“.

Vado, arrivo in ritardo, la conferenza è oltre metà ma per fortuna trovo un matematico e ex-collega che mi aggiorna un po’, Riccardo Andreoni.

Non è facile seguire la conferenza e penso più a Le Mans che ai quadri e alle sculture. Sono passati più di 50 anni dalla mia prima volta a Le Mans, nelle prove preliminari che si svolgevano a fine marzo quando Jack Oliver col Porsche coda lunga nel rettifilo delle Hunadieres, 7 km senza rallentamenti, toccò 406 kmh. Noi con Ickx circa 370-380. Ovviamente poi in gara le velocità massime sarebbero scese di 20/30 kmh.

Finisce la conferenza e dovrò sorbirmi la lezione d’arte dell’amico Richi sul suo stile, il transmanierismo (non so cosa sia) e sono ancor più depresso di poco prima a Maranello.

Quattro,  cinque quadri e una ventina di sculture molto alte, Cristi allampanati e figure sconvolte.

Come mi torna in mente Le Mans come fosse ieri, così mi torna in mente la mensa Ferrari e il nostro tavolo degli “intellettuali” dove Richi cercava invano di erudire noi ignoranti sullo sviluppo dell’arte moderna.

Quasi tutto è finito ma appare Stefano Bonaccini, presidente della regione Emilia-Romagna che si complimenta col pittore-scultore.

Per riprendermi devo andare a bere un buon caffè, molto forte. Le Mans mon amour ti sogno come fosse ieri, Campogalliano ti ricordo bene perché quarant’anni fa la Bugatti moderna insediò proprio lì un meraviglioso stabilimento modernissimo per far rivivere il mito di una macchina geniale.

Far rivivere il mito è pericoloso e infatti fu il preludio di un disastro economico, finanziario e forse anche meccanico a cui inutilmente l’amico Mauro Forghieri tentò di mettere rimedio. Ma ormai la frittata era già stata fatta da altri.

 

Pietro De Franchi

                             

2 risposte

  1. Io non sarei così orgoglioso di Le Mans, e delle corse in generale, visto che a Le Mans pare si sia consumata la peggior tragedia dell’automobilismo mondiale. Era l’11 giugno del 1955, una macchina piombò in mezzo alla folla, 84 morti e 120 feriti. Ma non è finita qui. Il pilota danese Allan Simonsen, morì alla 24 ore del 2013 e ciò che più stupì “nell’indifferenza”. La Gazzetta dell sport non usò mezzi termini: agghiacciante , sconcertante la comunicazione per cui si fece passare quel pilota forse morto sul colpo come indenne. La festa proseguì. la ruota panoramica continuò a girare e la corsa non fu interrotta. “Corriamo per Allan” dissero i suoi compagni di squadra. Così va il mondo delle corse, si commentò. dove una vita spezzata è semplicemente un evento che può capitare. Show cinismo business dominano il mondo delle corse, ma” c’era poco da festeggiare” , scrisse Corrado Canali.

  2. Non è facile in poche righe trattare di corse e di arte, ma questo godibilissimo articolo che segue il flusso dei pensieri riesce alla grande nell’impresa!
    In mostra a Campogalliano opere che fanno pensare (e anche discutere), capaci di distogliere il pensiero dalle questioni automobilistiche (o forse di acuirne le tribolazioni…).
    Una mostra coi lavori dell’artista Luciano Ricchi in un piccolo museo scientifico-tecnologico di provincia. Se l’intento era quello di smuovere le acque e offrire un’occasione di incontro con l’arte pare una scommessa azzeccata! (e comunque a poche decine di km di distanza “luoghi di culto” per gli appassionati di motori non mancano!)

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