Oggi e domani si vota per eleggere il presidente e il consiglio regionale. L’appuntamento arriva al termine di una campagna elettorale banale come un film con Jerry Calà, ma senza essere divertente. Noiosa come una pellicola di Alejandro Jodorowsky, ma senza il salvacondotto per il cinema d’essai. Scontata come il finale di Pretty Woman, ma senza Julia Roberts e Richard Gere.
Questa premessa induce a ipotizzare che molti elettori non si recheranno al seggio, anche se la speranza di essere smentiti resta viva. Costoro non punteranno su alcun cavallo. Rinunceranno ad un diritto. Non potranno rivendicare alcunché sull’esito della consultazione.
Percentuali elevate di astensionismo minano alla base il principio della partecipazione, uno dei pilastri della democrazia.
Molti non condividono il catastrofismo di questa interpretazione. Giustificano la scarsa affluenza alle urne con uno spiegone sulla democrazia matura e il fisiologico trend al ribasso della partecipazione che essa comporta. Portano l’esempio di altri Paesi dove la percentuale dei votanti è da sempre inferiore alla nostra. Invitano a non preoccuparsi in maniera eccessiva. Solo quanto basta. Poco, poco. E sembra di sentire Gigi Marzullo.
Sarà anche vero, ma è indubbio che se il non voto raggiunge punte molto elevate si crea uno scollamento reale e incontestabile tra politica ed elettori. Tra candidati ed elettori. Tra eletti ed elettori. Distacco che, se si verifica per le elezioni amministrative, evidenzia una mancanza di sintonia tra politica e territorio. Una discrasia difficile da curare, osso duro anche per i super specialisti del promesso nuovo ospedale.
Oggi e domani si vota per eleggere il presidente della Regione e i relativi consiglieri, tre per la provincia di Cremona. E qui sorge il problema che ci riguarda.
I rappresentanti del nostro territorio quali istanze porteranno a Milano? Quali criticità segnaleranno? Quali interventi solleciteranno?
Assente un disegno unitario della politica e dei partiti che sintetizzi e coordini le pretese e le necessità di Cremonese, Cremasco e Casalasco, viene difficile rispondere alla domanda. Al contrario, è facile comprendere il proliferare di proposte a geometria variabile.
Legate alle specifiche esigenze di ognuna delle tre aree che caratterizzano il nostro territorio, le singole indicazioni sostituiscono il tutti per uno e uno per tutti, con l’ognuno per sé e Dio per tutti. Può funzionare, ma espone l’intera provincia al rischio di trovarsi con le chiappe scoperte nel momento del bisogno, se in quello stesso momento il Padreterno è impegnato in faccende più urgenti.
È altrettanto semplice cogliere il motivo che ha trasformato le richieste delle organizzazioni di categoria in stelle polari per i candidati a uno scranno in Regione. Compatte, determinate e leste si sono appropriate del ruolo di indirizzo e di gestione del territorio. Ruolo abbandonato dalla politica per incapacità e ignavia. Per indolenza e pigrizia.
Anomalia che si è palesata con la corsa dei candidati al bacio della pantofola di industriali, artigiani, commercianti e delle altre organizzazioni datoriali aderenti ad ASSieme, l’associazione che li riunisce.
È il mondo al rovescio. Il mondo della discriminazione, che ha dimenticato i cittadini. Della non partecipazione. Dell’astensione. È il fallimento della politica. Espropriata delle proprie competenze, ridotta a maggiordomo, si adegua alle indicazioni degli usurpatori, tali per gentile concessione e latente accondiscendenza dell’usurpata.
La maggioranza degli interventi richiesti dai vari soggetti in campo sono condivisibili se valutati nel contesto territoriale di riferimento, o se riferiti ai legittimi interessi degli operatori economici. L’apprezzamento si riduce e si ridimensiona se vengono pesati e rapportati alla provincia nel suo complesso, dettaglio non secondario, spesso ignorato.
Gli eletti in consiglio regionale si batteranno per le priorità segnalate da ASSieme, oppure si concentreranno su quelle sollecitate dall’Area omogena cremasca, espressione della volontà di quarantotto Comuni o di altri proponenti? E’ assodato che le associazioni di categoria cremasche concordino con le priorità decise da quelle cremonesi?
Verrà dato un colpo al cerchio e uno alla botte? Probabile, ma le risorse sono limitate e il colpo al cerchio è tolto alla botte e viceversa.
Per il nostro territorio sono prioritarie l’autostrada Cremona-Mantova, la navigabilità del Po e il miglioramento del porto di Cremona come indicano le associazioni di categoria? Oppure è più funzionale allo sviluppo della provincia un nuovo ponte sull’Adda a Spino e la metropolitana leggera fino a Paullo come sollecita l’Area omogenea cremasca? Progetti, quest’ultimi, che possono essere inseriti nel potenziamento delle infrastrutture interne ai territori. Potenziamento auspicato ieri mattina durante la celebrazione dei 75 anni del quotidiano La Provincia.
Aperta la parentesi. Celebrazione improntata alla santificazione del territorio provinciale, nei fatti incentrata su Cremona, con protagonista il cremasco Beppe Severgnini, sorprendente e spiazzante nel suggerire a Riccardo Crotti, presidente della Sec editrice del giornale, un atto di magnanimità e di stile: permettere all’ex direttore del quotidiano, congedato solo pochi giorni fa, la possibilità di scrivere il pezzo di saluto ai lettori. Consuetudine fino a ieri ignorata. Chiusa la parentesi.
Oggi e domani si vota per eleggere il presidente e il consiglio regionale.
Gli elettori sono demotivati e confusi. Le ragioni per non recarsi ai seggi sono molte e non campate per aria, ma non tali da giustificare la rinuncia a uno – giusto ripeterlo- dei diritti fondamentale per la democrazia.
Votare i candidati favorevoli alle tesi delle associazioni di categoria, oppure quelli più bendisposti alle proposte dell’Area omogenea cremasca o alle indicazioni di altre zone? Votare la lista? Il partito? Scrivere la preferenza? Utilizzare il voto disgiunto? Votare con il naso turato? Cedere al voto utile?
Modalità del voto e destinatari del consenso non sono il problema. Il freno, la zavorra, l’ostacolo sono il disincanto e il rigetto verso la politica. «Francamente me ne infischio» dice Clark Gable al termine di Via col vento. Un buon consiglio per andare a votare. Per partecipare.
Antonio Grassi
3 risposte
avevo scelto di non commentare più gli articoli, per quanto apprezzati , salvo su segnalazione. Nel caso suo faccio un’eccezione. Io apprezzo molto il suo contributo e quello degli altri editorialisti, ma rispetto a quest’articolo , mi pare sia difficile convincere al voto come cerca di fare, quando per il resto è tutto un parlar male della politica, e giustamente, e come in tanti altri casi sul blog, salvo che dell’Area omogenea cremasca. Personalmente mi ritrovo in una situazione gravissima in cui a giorni potrei ritrovarmi da solo a gestire un figlio disabile, nell’indifferenza della politica e nel cinico compiacimento della giustizia. L’alternativa? Ricoverarlo a 2500 euro al mese. Pazzesco. Come mandare al collasso una famiglia in breve tempo. Altrimenti a rischio di mandare a puttane il lavoro, mandare a picco altri delicati equilibri di fragilità. Si parla tanto di sostegno alla disabilità ma io mi trovo nelle condizioni di poter sicuramente dire che quest’affermazione è una pura buffonata, ovvero pura propaganda. Il sostegno ce l’hai solo se paghi, e fior di soldi. Altrimenti ti devi accollare condizioni di vita pazzesche. E la politica locale rispetto a questo che ha fatto recentemente? ha promosso centri superspecializzati che chissà quali business toccano ma che poco o nulla vengono incontro alle esigenze primarie delle famiglie con disabili, es di sostegno di accudimento in assenza delle figure genitoriali di riferimento. Lo scollamento allora tra politica e teorico elettorato, non deriva dalla rinuncia ad esercitare il voto ( anche perchè uno può recarsi al seggio e non votare comunque), ma dalla totale o quasi indifferenza di chi è chiamato a governare, rispetto ai bisogni primari delle persone. Il principio di “partecipazione” è già minato alla base non dall’astensionismo, ma da una cattiva gestione del potere una volta eletti , che fà perdere fiducia alla gente. Non si può far sentire in colpa chi è già pesantemente vessato dalla vita, per un voto non dato rispetto ad una politica ed una giustizia che, anzichè alleggerire queste vessazioni, le aggrava ulteriormente. Personalmente aspetto che qualcuno mi convinca che non sarò “solo” se un domani dovessi ritrovarmi veramente solo con mio figlio, ovvero che non dovremo pagare 2500 euro al mese per un ricovero qualora si rendesse necessario, o che si possa garantire a mio figlio la sua condizione ideale…. Tempo ce n’è ancora tanto per convincermi, andare fino alle 3 del pomeriggio…., che quella rinuncia non è ad un diritto fondamentale, ma ad una presa per i fondelli.
Sono d’accordo.
errata corrige. ultima frasse ” che quella rinuncia non è ad una presa per i fondelli, ma ad un diritto fondamentale.