Perché il secondo e non il primo, tanto celebrato anche a livello musicale, vedi ad esempio la famosa canzone dei Dik Dik “E’ il primo giorno di primavera”? Canta la band esordita negli anni 60 . Dovrebbe essere un giorno di festa come lo è in molte parti del mondo, anche perché viene fatto impropriamente coincidere col risveglio della natura dal letargo invernale ma, per contrasto, è un giorno di dolore “perché – canta la band – ho perso te”.
Perché il secondo dunque? Semplice, per errore.( !?)
Ero tradizionalmente convinto, come tanti, che fosse il 21 marzo, perciò avevo fatto le foto quel giorno e invece, documentandomi, ho scoperto che il primo giorno di primavera era il 20. E non solo da quest’anno, bensì già da diversi anni, consecutivamente dal 2008. E sarà così fino al 2044 quando il primo giorno, attenzione, non sarà il 21, bensì il 19. L’ultima volta che è stato il 21 marzo è accaduto nel 2007, e quella prima ancora nel 2003. E il prossimo primo giorno di primavera al 21 marzo è previsto fino al 2102.
Come mai questo? Perché il primo giorno di primavera viene considerato da noi quello in cui la durata delle ore diurne è uguale a quella delle ore notturne: 12. e ciò può accadere dal 19 al 21 del mese di marzo. Corrisponde quindi all’Equinozio omonimo, cioè letteralmente “egual notte al giorno”. Ma la primavera non ha bisogno dell’Equinozio per comparire. Altrove, ad esempio in Russia, inizia il primo di marzo, semplicemente per il fatto che là usano un criterio stagionale.
E neppure corrisponde alla realtà dire che c’è un’equidivisione tra le ore diurne e quelle notturne, per diversi motivi, quale ad esempio la diffusione atmosferica della luce per cui la Terra è già illuminata mezz’ora prima dell’alba, la cosiddetta aurora, e vi rimane anche mezz’ora dopo il tramonto, il cosiddetto crepuscolo.
L’equinozio poi non è un giorno, bensì un istante, tant’è che viene indicato con un orario preciso, che il 20 marzo del 2024 è stato alle ore 4.06 e 21 secondi. Fenomeno che si ripete due volte all’anno. L’equinozio d’autunno quest’anno cadrà il 22 settembre. Ciò accade nell’emisfero boreale, il nostro, perché in quello australe accade l’esatto inverso. Quando da noi è primavera, là è autunno.
Ma perché un istante? Perché corrisponde al momento in cui il Sole si trova in tutti i punti della Terra allo Zenit, da intendersi come il punto immaginario sopra la testa dell’osservatore che incrocia la volta terrestre in maniera esattamente verticale e perpendicolare all’orizzonte. Ed è questione proprio e solo di un attimo.
Mi fermo qua dal punto di vista astronomico, per non togliere spazio agli aspetti naturalistici.
E allora questa breve disamina non può che partire da un altro equivoco: dei bei papaveri lungo il ciglio di una strada della specie Papaver rhoeas L subsp rhoeas (foto 1). Notoriamente pianta tardo primaverile/estiva, ma già data in fiore a marzo, con quei petali rosso sgargiante dal bordo frastagliato, e quella tipica capsula a raggi bruni su fondo verde, tutta circondata dai numerosi stami e relative antere, a conferma del suo ermafroditismo. Splendido esuberante esordio della primavera.
Ma quella che possiamo giustamente ritenere la pianta simbolo della stagione, è una selvatica che produce un piccolissimo fiore dai 5 petali bianchi profondamente bilobati, qua non ancora divisi perché colti appena fioriti (foto 2 ). Ora si chiama Draba verna L. subsp praecox ma fino a poco tempo fa era chiamata Erophila verna (L.) DC subsp. praecox. Ed è questa etimologia desueta quella tipicamente, anzi totalmente primaverile. Dal greco antico Ear (Er) che significa appunto primavera e philos che significa amante quindi “amante della primavera” e verna dal latino vernalis che significa appunto primaverile, quindi un rafforzativo del concetto già espresso nel nome di genere.
Più primaverile di così non si può eppure, se andiamo a vedere i suoi periodi di comparsa: colpo di scena! Essa è data in fiore già a dicembre e fino a maggio e quindi per tutto il periodo invernale mentre in primavera termina la sua fioritura almeno un mese prima dell’inizio dell’estate.
Quel vernalis, pertanto, è più adatto a “invernale”, a cui già assomiglia linguisticamente, anche se da noi non l’ho mai vista comparire prima di marzo; a dire quanto possa sembrare complessa la natura o, più probabilmente, quanto sia invece l’uomo con le sue nomenclature in continuo cambiamento a complicarne la comprensione.
Poco male, lo spettacolo è comunque avvincente. Se poi passiamo alla pianta successiva, questi splendidi esemplari di una specie coltivata di Forsythia, (foto 3) originaria dall’Asia orientale, gli occhi trovano maggiore soddisfazione.La pianta riempie di luce dorata l’atmosfera, con quei fiori gialli fitti e cresciuti su rami nudi, cioè afilli, perché una caratteristica delle piante a fioritura precoce, è proprio quella di generare i fiori prima della comparsa delle foglie.
Il Loropetalum chinense (R.Br.) Oliv (foto 4) fotografato ai giardini di piazza Roma, si caratterizza per i petali nastriformi dei suoi fiori, donde il nome, che si muovono in tutte le direzioni sospinti dal vento e di un colore variabile dal rosa al rosso fuoco. Incantevoli quadretti di colore, nel centro della città. Ci sono poi specie albine, coesistenti (foto 5) i cui petali numerosi richiamano tanti ragnetti che conferiscono un’inattesa vivacità alla pianta.
Possiamo trovare anche dei funghi, il secondo giorno di primavera, come questo bell’esemplare di Lentinus tigrinus ( Bull.: Fr.) (foto 6) presso il lungo Po Europa, così chiamato come specie perché ricoperto sul cappello da vistose squame bruno nerastre che ricordano il mantello di una tigre.
Lungo le sponde dei corsi d’acqua, al margine dei sentieri, la selvatica Calepina irregularis (Asso) Thell. (foto 7) si diffonde rapidamente coi suoi piccoli fiori bianchi a quattro petali a croce, i due esterni più larghi degli interni e i fusti intrecciati, creando composizioni molto ricche e dense, mentre la Chaenomeles japonica (Thunb.) Lindl. Ex Spach (foto 8) o Cotogno giapponese, esibisce i suoi bei fiori rossi raccolti in piccoli grappoli, sui fusti ancora nudi a partire dalla fine dell’inverno; uno dei primi colori vistosi da giardino che ravvivano questa stagione solitamente buia e nebbiosa.
La Magnolia stellata (Siebold e Zucc.) Maxim., (foto 9) coi fiori dai petali a stella, più stretti e volubili rispetto a quelli della più comune e già sfiorita grandiflora, riempie l’aria di bianco e verde chiaro per le foglie sottostanti, suscitando l’impressione di una grande, leggiadra e volatile bellezza. I fiori richiamano uccelli allo sbattere delle ali per spiccare il volo.
La Fumaria officinalis L. (foto 10) invece ama crescere vicino ai muretti ed esibisce degli strani fiori rosati con apice di un rosso carico, che verticali in cima al fusto tendono via via ad orizzontalizzarsi, e gli esemplari inferiori già presentano un frutto verde che sta uscendo dal fiore, disgregandolo. Altra sua peculiarità sono le foglie finemente divise: un’ opera mirabile di questo grande ricamatore che è la natura.
Ancora un fungo, il Liophyllum loricatum (Fr.) Kuhner (foto 11), tra l’altro commestibile e che si raccoglie in bei cespi, ahimè però parzialmente distrutto forse da qualche animale domestico ma più probabilmente dall’uomo che è avvezzo a scalciare i funghi che non conosce o che pensa siano velenosi. Grave segno non solo di incultura ambientale, ma anche di inciviltà, perché i funghi sono parte integrante dell’ambiente naturale in cui crescono e con un preciso scopo che non è certo quello di essere messi nella pancia dell’uomo. E a lasciarli stare comunque non fanno male a nessuno.
Avviandomi alla conclusione, non potevo non farvi vedere questi esemplari che servono a sfatare un altro importante pregiudizio, e cioè che le piante siano sempre dotate di clorofilla. Ebbene non è così, soprattutto tra le erbacee, vedi ad esempio le Orobanche e vedi questa, l’Equisetum arvense L. (ù foto 12) i cui fusti fertili, quelli fotografati, non hanno alcuna parte verde proprio perché sprovvisti di clorofilla, ma anche di fiori e di frutti, e che perciò usano le spore per riprodursi, raccolte in dischetti a forma di scudo, gli sporangi, distribuiti sulla superficie di foglie modificate, gli sporofilli, poste nella spiga apicale chiamata strobilo.
Non mi soffermo oltre per arrivare rapidamente alla parte finale: questa bellissima fioritura gialla di Brassica napus L . (foto 13) chiamata comunemente Colza. Una visione spettacolare in questo grande campo alle porte della città.
Che splendida campagna, verrebbe da dire, eppure non è tutto oro quello che luccica. Il colore omogeneo è dovuto al fatto che ci troviamo di fronte a una monocoltura ed è ampiamente risaputo che le monocolture sono per definizione l’antitesi della biodiversità; perciò meglio sarebbe chiamarle le BIOAVVERSITA’ , considerato tra l’altro che spesso comportano l’alto impiego dei cosiddetti impropriamente fitofarmaci in realtà diserbanti e veleni vari finalizzati a ridurre al minimo lo sviluppo delle specie vegetali e quindi animali coesistenti. Non sarebbe sempre il caso della colza per la quale la competizione sarebbe più di natura biologica, e quindi meno dannosa, attraverso la pratica delle piantumazioni serrate chiamata SOVESCIO, finalizzata anche a rendere più fertile il terreno, il che si traduce però in un suo sfruttamento intensivo, che a lungo andare porta a un impoverimento del terreno stesso e della sua diversificata ricchezza biologica.
Non vado oltre su questo argomento che meriterebbe uno sviluppo a se stante. Rimango sul tema: un piccolo esempio di quanto ho potuto fotografare, tra una chiamata e l’altra di lavoro, il secondo giorno di primavera di quest’anno. Una vera esplosione di vita e di colori ma con una mesta consapevolezza relativa a quanto l’ingordigia o l’ignoranza umana possano deturpare ciò che di bello e di puro questa magnifica stagione ci può donare.
Stefano Araldi
12 risposte
Le foto sono bellissime complimenti per l’articolo e magnifico
Come sempre resto ammirata dallo studio e dalla precisione con cui il dottor Araldi sa presentare i diversi aspetti della natura. Grazie all’autore del pezzo e al blog che dà spazio ad argomenti interessanti ma per amatori.
C’è sempre qualche mistero, qualche scoperta/ sorpresa negli articoli del dottor Araldi che rendono più interessante la lettura.
Grazie all’autore per la ricerca minuziosa, per la bellezza delle foto, per la capacità di cogliere e trasmettere l’incanto di un mondo che porta in sé l’impronta del divino.
Complimenti per i suoi articoli che fanno conoscere la nostra splendida natura…si spinga oltre Cremona e venga nel piadenese…
Chapeau!!!
Colgo con piacere l’invito e , casini vari permettendo, prendo in considerazione anche una escursione nel piadenese.
Grazie Stefano, per come hai presentato questo articolo, dimostri come sempre la tua preparazione, minuziosa come li presenti ,per me è stata una bella lezione. Bravissimo…..
Complimenti all’autore dell’articolo interessante e corredato da termini precisi e da meravigliose foto.
In effetti la primavera, con i suoi cambiamenti e i suoi colori, ha da sempre suscitato in me uno stato di magiche suggestioni e la poesia nasce spontanea:
Il tempo passa.
Il passo si fa più lento,
ma ciò mi permette di guardare
i meravigliosi colori dei giardini.
Mi stupiscono
l’ostinata e piccola margherita
che si fa spazio nell’asfalto;
la meravigliosa e superba magnolia in fiore;
il prugno e il pesco diventan
macchie di colore bianche e rosa
incastonate nell’azzurro del cielo.
E riempiono gli occhi e
il cuore di magiche realtà.
Se alla natura ci accostiamo con attenzione ed affetto, essa ci ripaga con tante “magiche realtà”
Sempre bello e interessante seguire gli articoli di Stefano, foto stupende e tante cose da imparare.
Grazie per le informazioni sull’equinozio che ritengo veramente preziose come insegnante e per le sorprese botaniche……
Articolo molto bello e interessante anche per la spiegazione relativa al giorno effettivo di inizio della primavera; il Dott. Araldi colpisce sempre per la sua competenza e precisione.
Bellissime le foto dei fiori primaverili i cui colori, ogni anno, ci regalano un magico incanto.
Complimenti al Dott. Araldi , per la sensibilita` , la competenza e soprattutto per la doverosa denuncia critica rivolta ad un uso esagerato di prodotti diserbanti, mai giustificato neppure dal risultato economico, perche`soprattutto quando viene praticato (in prevenzione) durante le stagioni di riposo vegetale autunno/invernali si dimostra un feroce accanimento assolutamente inconcepibile.