C’era una volta Lgh. Era controllata al cento per cento da Aem Cremona Spa, Cogeme Spa Rovato, Asm Pavia Spa, Astem Spa Lodi, Scs Srl, cassaforte con dentro le azioni del Comune di Crema e di Scrp.
C’è ancora. Nel 2016. però, ha ceduto ad A2A il 51 per cento del capitale per un valore concordato di 113.297.686 euro.
Probabilmente diventerà una colonia di un impero. Alcuni giorni prima dello scorso Natale, i soci di minoranza di Lgh hanno chiesto ad A2A di prendersi anche il restante 49 per cento.
Se l’operazione andrà in porto, per Cremona, Crema e il Cremasco sarà la fine di un’epoca. L’addio ai sogni di gloria.
Accolta con una standing ovation dei politici, l’operazione Lgh-A2A è stata bocciata dall’Anac e il Tar del Lazio ha respinto un ricorso cremasco contro questo parere avverso. Sugli sviluppi successivi della vicenda mancano notizie ufficiali. Nei giorni scorsi Manuel Draghetti, consigliere comunale Cinque Stelle di Crema, ha presentato un’interrogazione con la quale sollecita il sindaco a fornire delucidazioni in proposito.
A2A è una società per azioni quotata in borsa. Una multiservizi, una multiutility per i fichi bocconiani e per i frustrati bisognosi di sentirsi qualcuno. Ufficialmente si proclama Life company, definizione che sul sito web della società i suoi comunicatori spiegano in questo modo: «Ci prendiamo cura della vita, il capitale più prezioso» e il neretto è loro. Da fare impallidire Orietta Berti e Gigi Marzullo. Manna per le emozioni. Da orgasmo ambientale. Ma è un attimo, l’inceneritore smorza l’entusiasmo. Di proprietà di A2A, non ha ancora la certificazione di elisir di lunga vita per i cittadini. L’ha ottenuto per se stesso. Dato per morto in un paio di occasioni ha smentito i becchini e prosegue imperterrito a bruciare rifiuti.
A2A eroga servizi pubblici per soddisfare i bisogni dei cittadini. Bisogni che diventano fonte di utili, obiettivo prioritario per una società quotata in borsa.
Il 50,8 per cento di A2A è controllato da istituzioni pubbliche, il 49,2 da privati.
Il 30,9 per cento del flottante pubblico è detenuto da investitori statunitensi, il 18 da investitori britannici, il 10,4 da investitori italiani e l’8,2 da investitori francesi. Poi ci sono investitori istituzionali, con sede legale in Lussemburgo (5,8%) e tedeschi (4,7%). Il 25 per cento del capitale azionario è in mano al comune di Milano. Altrettanto, quello di Brescia.
In questo contesto credere che Cremona possa avere un peso nelle scelte strategiche di A2A è l’illusione di chi si considera Gordon Gekko se vince a Monopoli con i figli. O di chi è convinto che piova mentre gli fanno pipì in testa.
La borsa è cinica. Non si interessa alla politica, ma la condiziona. La borsa è denaro. Il resto, fuffa. La borsa esclude la beneficienza. Se si mette la mano sul cuore lo fa per togliere il portafoglio. La borsa è democratica. Non distingue tra società private e pubbliche. La borsa è interessata ai bilanci societari e ai diagrammi delle oscillazioni azionarie.
L’acquisizione da parte di A2A del restante 49 percento di Lgh trasformerà il territorio in provincia dell’impero milanese-bresciano e ne condizionerà il futuro. Scelte e priorità saranno finalizzate a produrre utili e dividendi, ad incrementare il valore del titolo e rendere felici gli investitori. Comportamento più che rispettabile, ma poco allineato con lo spirito che aveva generato la nascita delle partecipate di casa nostra. Spirito che aveva nel bene comune e nella solidarietà dei Comuni i suoi punti fondanti.
Da padroni ci ritroveremo camerieri. Era già successo con le banche locali passate sotto il controllo di quelle maggiori. Ma la memoria è utile se funzionale al proprio scopo. In caso contrario, subentra un’improvvisa e duratura amnesia collettiva che al confronto lo smemorato di Collegno è poca roba.
E i primi segnali di questo nuovo corso giungono dalle polemiche sul protocollo per il piano energetico. Discusso dal sindaco di Cremona con Lgh, alias A2A, non ha visto la partecipazione dei sindaci della provincia.
La retorica dei vantaggi derivati dalla confluenza in A2a di Lgh, della governance garante e baluardo a difesa dei diritti e dei paria, degli impegni a rispondere alle esigenze del territorio e dal resto della paccottiglia, rituale standard di queste situazioni, sono lo zucchero per deglutire la pillola di Mary Poppins, sforzo apprezzabile ma, dalle nostre parti probabilmente pleonastico.
Sotto il Torrazzo e nella Repubblica del Tortello sono state infatti inghiottite pastiglie simili a siluri e sciroppi amarissimi senza ricorre ad acqua e dolcificante. E’ successo con la scuola incompiuta di Ombriano e con il tradimento del referendum per l’inceneritore. Sempre lui e viene da citare Lucio Battisti. Ancora tu, ma non dovevamo vederci più.
Le domande sono banali. Perché è stato venduto il 51 per cento e ora si vuole cedere il restante 49? Perché insieme al patrimonio è stato rimosso un pezzo importante della storia locale?
Le risposte sono molte. La più plausibile è anche la più frustrante: il pacco di milioni incassati da A2A ha permesso ad alcuni soci di ripianare i debiti delle proprie società.
La ricerca delle cause del fallimento di un progetto politico ammirevole – una società dei Comuni – è un obbligo nei confronti dei cittadini. Ma è una pia illusione. E’ il cammello che passa nella cruna dell’ago. Nessuno può lanciare la prima pietra dei senza peccato. Tutti colpevoli, nessun colpevole. E lo straniero è passato. Ma generali e strateghi non hanno battuto ciglio. E il conto l’hanno pagato i cittadini.