L’occasione era quella giusta per raccontare i problemi e le contraddizioni della editoria di casa. Il pretesto: la presentazione dei primi tre romanzi pubblicati da Fernando Cirillo che lo ha fatto a Varese nella bella cornice della biblioteca LeggerMente il pomeriggio del 14 scorso. Pubblico eterogeneo, attento, curioso.
L’argomento è ghiotto. L’editoria in Italia è un business: da un lato le regole imposte agli autori dalle case editrici che chiedono enormi compensi per la pubblicazione di un libro – peraltro con minimali diritti d’autore, a maggior ragione se si tratta di un autore sconosciuto – dall’altro il ruolo degli agenti letterari che pretendono grandi provvigioni per avvicinare l’autore al mondo dell’editoria. Con ciò, in Italia si legge poco, al contrario si pubblica molto. Solo il 40% della popolazione italiana ha letto almeno un libro nel corso di un anno solare (dati 2023) e di 200 milioni di libri stampati nel 2021 ne sono stati venduti solo 12 milioni. E venduti non significa necessariamente letti (se regali un libro non è detto che possa essere un dono gradito…). La parte invenduta finisce per riempire gli scaffali delle librerie in attesa di essere destinata al macero. Un disastro, se si pensa che il costo della carta è esorbitante. A solo titolo di esempio, la parte cartacea di un quotidiano va dai 30 ai 60 centesimi. Questo è il motivo per il quale molte case editrici preferiscono stampare il libro solo dietro richiesta: una scelta green che fa bene al portafoglio degli editori e all’ambiente.
In questo bailamme di contraddizioni, oggi scrivono tutti. Dal professionista del libro al neofita, dai ghost writer ai redattori che devono rimediare alle sbavature anche di professionisti affermati: racconti, novelle, romanzi, saggi, libri illustrati. Ce n’è per tutti i gusti.
Una breve discussione, un buon bicchiere di vino novello e poi tutti a casa.