L’inquinamento a Cremona ignorato dai politici, tutto il resto è fuffa

29 Maggio 2024

GLI EDITORIALI DI ADA FERRARI

‘Sapessi com’è strano sentirsi innamorati a Milano’ cantava Memo Remigi.  Sarei tentata di replicare “Sapessi com’è strano sentirsi sani a Cremona’. Nel bombardamento incessante di inquietanti notizie sullo stato di terra, acqua e aria,  è in effetti sempre più difficile evitare una logorante diffidenza pregiudiziale verso tutto quel che si mangia, beve, tocca o respira. Si può vivere così?  No. Quante paure sono fondate, e quante, pur abilmente indotte, non lo sono? Non c’è risposta finché un’informazione, per ora discontinua e a macchia di leopardo, non ricompone l’intero quadro dei fattori inquinanti non solo singolarmente presi ma in quei processi di reciproca interazione chimica per cui, per dirne una, i fertilizzanti agrari, di cui ben conosciamo lo sgradevole odore, agiscono da potenziatori delle famigerate polveri sottili. Molto impegnativo dunque dipanare la complessa matassa e definire ordine e gravità delle rispettive responsabilità. Il che, nelle ansie propagandistiche della vigilia elettorale, si riduce spesso a stucchevole botta e risposta fra allarme ambientalista e minimalismo negazionista. Al cittadino qualunque, profano in materia, non resta che sentirsi inerte ostaggio di opposte verità di parte senza speranza di raggiungere qualche incontrovertibile certezza.  Gli agricoltori puntano il dito contro gli industriali, i quali rispediscono l’accusa al mittente. Il traffico automobilistico, fra i principali imputati, invita a prendersela con le caldaie domestiche che a loro volta scaricano il peso sul famigerato inceneritore. Su un solo punto la concordia regna sovrana: fra peccatori veniali, l’unico peccatore mortale non può essere che  il mitico Signore dell’acciaio. Già,  perché nel mutevole andamento delle umane inclinazioni  il sottile piacere di far coincidere il più colpevole col più ricco resta granitica costante antropologica. 

Ma eccoci a più sostanziose considerazioni.. Siamo nel terzo millennio. nonché nella terza rivoluzione industriale, con un piede ormai nella quarta, visto il crescente impiego dell’intelligenza artificiale. E tuttavia l’impressione è che il potenziale di saperi e strumenti operativi virtualmente a disposizione per intervenire sui malanni cremonesi sia largamente sotto utilizzato.  Non appena si passa dalla generica denuncia a più incalzanti analisi di contesto, tutto svapora nella nebbia dei ‘ma’ e dei ‘forse’. Non a caso le analisi delle condizioni ambientali, più che per correnti scientifiche, si configurano per schieramenti politici. La Sinistra se la cava assolvendo dall’accusa d’inquinare tutto quel che non ha saputo o voluto cambiare. Al che la Destra ribalta la frittata giungendo a opposte conclusioni ma praticando identico metodo. Chi coltivasse residue speranze circa la capacità di queste classi dirigenti  di un approccio razionale e intellettualmente onesto alla realtà è servito. Né è di conforto chi, come i pentastellati, più o meno esplicitamene si propone come unica alternativa alla morte per cancro.

Non c’è limite al peggio che ritenevo toccato quando l’ex premier Draghi, intervenendo  sul covid, si abbandonò a un plateale e incauto ‘O vaccino o morte’. Parli, e parli chiaramente, chi è istituzionalmente  preposto al controllo, alle analisi e alla elaborazione di costanti flussi informativi.  Ats Valpadana e Arpa abbandonino lo stile che, spesso trattando come segreti di stato questioni inerenti la salute dell’ambiente e di chi ci vive,  giustifica qualche dubbio sulla loro effettiva indipendenza.

Seconda considerazione: guai se la cultura ambientalista, pur mossa dai migliori intenti, scivola lungo il piano inclinato del pregiudizio antimoderno e oscurantista. Pregiudizio agevolmente smontabile grazie a dati oggettivi come l’evoluzione del diritto alla salute o l’allungamento  della vita media negli ultimi settant’anni. 

Diciamo piuttosto che la città deve attualmente misurarsi con tre fattori obbliganti. Le è storicamente impossibile tornare indietro.  La  gravità della questione ambientale le vieta  di restare ferma. E’ pertanto costretta ad andare avanti. Già, ma che significa ‘andare avanti’? 

Registro al riguardo una crescente ostilità diffusa verso la parola  ‘progresso’, punto cruciale del ragionamento. A sproposito tirato in ballo per nobilitare poli logistici, nuovi centri commerciali e nuovo cemento, la reazione collettiva è comprensibile. Ma il progresso è tutt’altro. Se è vero che ogni epoca ne riscrive a modo proprio i contenuti, non ne cambia la direzione di marcia: il miglioramento della qualità complessiva della vita collettiva. Un paio di pericolosi vizi concettuali gravano sulla parola. L’uno è il feticismo acritico che, per ragioni fin troppo intuibili, evita di chiedersi cosa significhi oggi ‘progresso’ in una città già afflitta da gravissimi problemi di inquinamento, consumo del suolo, disattesa creazione di una cintura boschiva. Ma altrettanto rischiosa è la demonizzazione che lo ripudia a scatola chiusa, di fatto identificandolo con la speculazione economica. Al riguardo l’evidenza storica parla chiaro: propulsore decisivo del progresso è proprio l’economia, con tutto quel che contiene e presuppone: ricerca scientifica, applicazione tecnologica, produzione industriale, distribuzione di beni e così via. Incriminiamola pure quando produce guai ma non dimentichiamo che è proprio dal mondo della ricerca e dell’evoluzione tecnologica che dobbiamo attendere e pretendere iniziative di autocorrezione e  risanamento ambientale.

La risposta ai nostri problemi  va dunque cercata nella crescita e nel buon uso dei saperi e non nell’irrazionale rifiuto pregiudiziale del ‘progresso’. Ma la questione, a questo punto, è tutta e solo politica. Esiste nella classe dirigente cremonese questa consapevolezza e questa volontà? E’ tollerabile che nel terzo millennio e nel cuore del ricco e avanzato nord del Paese  una comunità, alle prese con impressionanti dati epidemiologici, sia indotta a scegliere fra diritto alla salute e diritto al lavoro o a ritenere lo sviluppo economico incompatibile con la salute ambientale?  E’ tempo che amministratori, portatori d’interessi  e portatori di competenze tecnico scientifiche si misurino nella ridefinizione di un ‘progresso’ rispondente alle reali esigenze del territorio e trovino, senza miracolistiche attese, un ragionevole punto di caduta su cui convergere per un serio e vincolante percorso d’interventi. Il resto, chiunque vinca le elezioni, è la solita fuffa.

 

Ada Ferrari

 

 

 

5 risposte

  1. D’accordo su tutto, o quasi. Perché, piaccia o no, nessuno affronta l’argomento, e non solo tra i candidati sindaco, tranne Paola Tacchini. Anche altre agenzie restano mute, come se il problema non esistesse. Grave, gravissimo. Se pensiamo che lo studio epidemiologico è stato osteggiato e bloccato, al punto che il responsabile ha preferito mollare la presa e andarsene in pensione. Meglio non sapere, meglio che tutti noi non siamo a conoscenza. Se pensiamo che nei giorni scorsi ci siamo palleggiati container contaminati, con il prefetto di Cagliari che non li accetta e li rispedisce a Cremona e quello di Cremona che rassicura e che promette che saranno svolti ( in futuro?) controlli più accurati. A chi dare fiducia? Nessuno sa o ci dice da dove è venuto il Cesio che c’era nei container ( perché c’era, su questo non ci piove) e qui è passato inosservato. Un sindaco, seppur in uscita, maggiore responsabile della salute dei cittadini, non dovrebbe sentirsi in dovere di “guardarci” dentro? E se non lui il suo vice, che guarda caso è candidato e ci promette continuità… Questo non è progresso, in nessun senso. Mi piacerebbe sentire il suo autorevole parere anche in proposito al silenzio assordante su questa ennesima vicenda. Cremona deve sapere, poi i cremonesi decideranno in coscienza.

    1. Circa quest’ ultima vicenda che, se possibile, accresce lo sdegno dei cremonesi mi riservo un più articolato commento. E, come sempre, la ringrazio per l’ attenzione

  2. “Allarme ambientalista e minimalismo negazionista” termini che con appropriatezza assoluta definiscono l’inadeguatezza della classe politica, i cui componenti si comportano come i ciarlatani di un tempo: provano a sedurre ricorrendo a una demagogia di basso profilo, ma sappiamo bene che non sanno come affrontare i problemi concreti. Questo avviene da molto, troppo tempo e loro continuano a giocare ai guelfi e ghibellini come se il tempo si fosse fermato.

  3. Bellissimo come sempre. È sul discorso “progresso” che in generale vertono le maggiori difficoltà, perché non si riesce a non collegarlo al benessere economico. Poi di chi è relativo. E non solo, ma è una visione parziale. C’è un altro progresso che si fa fatica a vedere,vuoi forse ma a mio avviso a torto perché lo si collega ai posti di lavoro da garantire. È il progresso inteso come salvaguardia dell’ambiente, come sua tutela che non sembra direttamente incidere sul benessere economico, ma se pensiamo che un ambiente più salubre significa anche minore morbilità, l’apparente non correlazione è ampiamente smentita e poi cominciamo anche a pensare ad un valore per l’umanità intera come bene in sé, non necessariamente collegato allo stato di salute e lungi ovviamente da logiche di sfruttamento meramente danarose.

  4. L’articolo è perfetto : il potenziale dei saperi e strumenti operativi non è adeguatamente utilizzato; ed è veramente inaccettabile avere come giustificazioni, da parte di chi dovrebbe occuparsi del benessere dei cittadini, il diritto al lavoro!
    Personalmente dubito che si voglia risolvere qualcosa, lascio la città appena mi è possibile: dove abito attualmente non posso neppure aprire le finestre anche per odori nauseabondi . Quali soluzioni possiamo aspettare? Solo pochi denunciano, come sempre ringrazio Ada Ferrari per l’impegno civile in cui si prodiga ogni giorno.

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