Dopo 10 anni dall’entrata in vigore della legge Delrio (56/2014), limitante le competenze gestionali delle Province e l’abolizione dell’elezione diretta dei presidenti e degli organi provinciali, sostituita con un sistema di secondo livello riservato solo ai consiglieri comunali e sindaci, nonostante i ripetuti impegni politici quella normativa colpevolmente non è ancora stata archiviata.
La legge, che doveva essere temporanea in previsione della completa cancellazione delle Province, è nel limbo a decorrere dalla bocciatura del referendum costituzionale tenutosi nel dicembre 2016.
Aver assecondato la ventata anticasta e antipolitica è stato un grave errore, oggi largamente condiviso dai principali partiti a fronte delle criticità conseguenti nei riordini amministrativi, negli accentramenti dei poteri in capo alle Regioni e nei tagli delle risorse assegnate.
I ripensamenti al riguardo si moltiplicano, ma la formalizzazione di un testo legislativo unitario che ripristini il ruolo delle Province, le loro storiche rappresentatività, funzioni e competenze unitamente all’elezione diretta del presidente e dei consiglieri ancora langue nelle commissioni parlamentari.
Nelle more dell’urgente archiviazione della Legge Del Rio, mi paiono del tutto incoerenti, con le modifiche in approvazione, le proposte per “spoliticizzare” le competizioni elettorali da parte delle principali forze politiche.
In nome dei rituali proclami sulla unità territoriale, si ipotizzano liste e candidature unitarie, naturalmente previ intese e accordi politici e amministrativi, penalizzando ulteriormente il già sottovalutato apporto degli amministratori dei piccoli Comuni, nonché le aspettative dei cittadini che, esclusi dal voto, reclamano almeno chiarezza circa le responsabilità gestionali operanti nei rispettivi ambiti territoriali.
Esempi di soluzioni concordate tra centrosinistra e centrodestra, ci sono, ma non credo che il contesto cremonese debba acriticamente uniformarsi a tale prospettiva.
Quale credibilità potrebbe avere una canditura unica alla presidenza della nostra Provincia, quando alle elezioni comunali di Crema, nel 2022, si sono confrontati 6 candidati sindaco, espressione di altrettanti programmi, cosi come è accaduto, nel 2024, anche a Cremona.
Di fronte a ingessate coalizioni di potere, come agli schieramenti pregiudizialmente ostili nei confronti delle parti avverse, va opposta una via alternativa dialettica, che metta insieme una reale prospettiva politica, un programma distintamente “per” e non contro.
Se i potenziali costruttori di tale processo, presenti tra gli amministratori comunali e negli ambiti politici, non si rassegneranno agli eventi in fieri, le elezioni del presidente e del consiglio provinciale previste per il prossimo 29 settembre, potrebbero rivelarsi meno scontate, a vantaggio di una consultazione di adeguata dialettica politica.
Virginio Venturelli
Una risposta
La mia impressione è che si tenda ad una lista unica in assenza di una visione progettuale sulla Provincia. Questa assenza è apparsa evidente in occasione della ristrutturazione dei servizi sanitari che ha spostato il baricentro della sanità cremonese verso Mantova. Nessuna forza politica si oppose con decisione. Altrettanto dicasi per l’accorpamento delle camere di commercio.
L’andazzo sembra questo, brontii, pettegolezzi, ma nessuna opposizione seria e documentata.
Cercare una soluzione unitaria e condivisa non è di per sé un maleficio, anzi.
Il problema sta nella condivisione di che. Dei posto fra i vari attori? Va pur bene purché, come ogni, politico di solito premette, ci sia accordo sul programma. Programma che non c’è.
Stante così le cose una seria discussione scaturira’ forse, solo se qualche pezzo da novanta ( si fa per dire perché in giro non ne vedo) non vedrà soddisfatte le sue aspettative.
Non so se augurarmelo o confidare nella sempre invocata “buona stella”.