Lista unica. Una fregatura nella fregatura della legge Delrio

18 Agosto 2024

Manca poco più di un mese alle elezioni del presidente e del consiglio provinciale.  Sarà una risata che vi seppellirà. Ma potrebbe anche essere un rassegnato non ci resta che piangere.  La considerazione nasce dopo la lettura di un comunicato di Vittore Soldo, segretario dimissionario del Pd.  Il documento illustra i motivi di un possibile accordo tra tutte le forze politiche per la presentazione di una lista unica. Finalizzata a tranquillizzare chi non condivide questa scelta, la dichiarazione fallisce l’obiettivo. Xe pèso el tacòn del buso. Anzi, Soldo rafforza negli scettici la convinzione che il listone sia una iattura. Più prosaicamente, una furbata. Mandrakata. 

Il ragionamento del segretario piddino è semplice. Lineare. 

Siamo nella cacca fino qui. Per uscire dal pantano l’opzione migliore è la lista unica. Tutti insieme appassionatamente. Destra, sinistra, centro, Lega e il resto del mondo. Un’ammucchiata.

Il pensiero corre al Listone di Mussolini e al Comitato di salute pubblica di Robespierre.  Ma – sia chiaro – questi collegamenti sono solamente frutto di ciò che la psicoanalisi considera associazioni libere. Niente di più.

Punto uno. Lo spiegone di Soldo in versione maestrina dalla penna rossa inizia con un tono presuntuoso. Con la prosopopea di coloro che adesso vi chiarisco io ogni incertezza.

 «Prima di tutto bisogna conoscere la legge in vigore che regola l’elezione del consiglio provinciale e del presidente. Sono due elezioni contestuali ma distinte …».  

Prima di tutto, se si sale in cattedra è un dovere scrivere i nomi esatti. Non Del Rio come fa Soldo.  Ma Delrio. E non si tratta di un refuso. Del Rio compare nel documento due volte e non su un unico organo di informazione, ma su tutti quelli (Cremonasera, Vittorianozanolli.it, Cremonaoggi) che il 13 agosto hanno pubblicato la lectio non tanto magistralis del segretario piddino.

Dettaglio, ma in questo contesto non sciocchezza. Del Rio potrebbe significare conoscenza appiccicaticcia della legge. Lettura superficiale del testo. Farina del sacco altrui fatta propria, ma poco assimilata e riportata in maniera approssimativa. Altro ancora.  Non importa. Resta il fatto che Del Rio è sbagliato. 

Punto due.  Il segretario Pd afferma che la legge Delrio «si prefiggeva di trasformare le Province italiane da luoghi in cui si manifestava la direzione politica della maggioranza del momento, a luoghi di coordinamento e programmazione territoriale».

Ma di cosa parla? Quale luogo immaginario e metafisico di coordinamento? Che cazzo vuol dire? Significa che per le Province, enti istituzionali elettivi, contemplate dalla Costituzione, l’intenzione del legislatore era la rottamazione della politica e del principio di maggioranza e minoranza?  Questo fantomatico organo indicato da Soldo con quale criterio assumerebbe le decisioni se politica e maggioranza del momento sono estromesse. Sostituite da un alieno che potrebbe essere una brutta copia di un comitato centrale, di un consiglio di amministrazione di una società per azioni. Di un vattelapesca ancora nella fantasia di chi l’ha proposto. 

Per Soldo «La legge Del Rio doveva fare in modo che le Province italiane diventassero le case dei Comuni e dei sindaci della provincia, di tutti i sindaci e non solo quelli dalla fazione vincente».  Ma per cortesia. 

Punto tre.   Soldo sottolinea: «La compagine di centrodestra, in provincia di Cremona, sconta molte divisioni al suo interno, si capisce bene che la situazione, per chi dovrà governare il prossimo consiglio provinciale, rischia di essere molto complicata. Questo stallo rischierebbe di influire negativamente sull’organizzazione e sulla gestione dell’ente e sulla sua capacità di rispondere alle ancora tante, funzioni a cui sono chiamati i suoi uffici».

Quindi, secondo il segretario Pd, per l’occasione in versione pasdaran, la causa di tutti i mali della provincia affonda le sue radici nell’inaffidabilità del centrodestra. 

I monellacci di Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega, rissosi e attaccabrighe, se lasciati allo stato brado potrebbero infastidire il futuro manovratore provinciale.  Manovratore che sarà un bravo, pacato ragazzo del centrosinistra. Un cherubino rosa pallido. Tutto questo Soldo non lo dice, ma s’intuisce che lo pensa.

Nel contempo scorda che qualche frizione si registra anche nel centrosinistra.  Vede la pagliuzza nell’occhio altrui, non la trave nel proprio.

Smemorato di Collegno, non dice che anche nel Pd allignano angeli ribelli e fuori dal coro.  In rotta di collisione con il partito sul biometano a San Rocco e sul nuovo ospedale. Critici sull’autostrada Cremona-Mantova e sullo strapotere di A2a. Perplessi sulla discarica di Grumello. Senza dimenticare lo scazzo tra Luciano Maverick Pizzetti e altri compagni sulla nomina del consiglio di amministrazione di Padania Acque. 

Punto quattro. Il Soldo-pensiero ipotizza che i birbantelli del centrodestra potrebbero rientrare nei ranghi e addivenire a più miti consigli se condividessero la medesima barca delle mammolette ed educande piddine e degli altri unti dal signore del centrosinistra. Giustappunto il listone unico. L’arca di Noè.

Ma se si sbatte sul muso del centrodestra la sua presunta inaffidabilità.  Se lo si accusa di destabilizzare la provincia.  Se si bollano i suoi simpatizzanti d’essere dei rompicoglioni. Se si pensa d’interpretare il ruolo di king maker senza possederne il carisma. Se si crede in  questo ambaradan non è da escludere la possibilità d’incassare dal centrodestra un lapidario vaffanculo e buona notte al secchio.  Sempre che i discoli abbiano le palle. Che siano estranei a interessi coincidenti con quelli del Pd. Che non abbiano letto il comunicato di Soldo. 

Punto cinque.  Lo scenario descritto dallo stratega piddino è identico, sovrapponibile, a quello delle ultime elezioni provinciali.  Una fotocopia. Perché già allora il Pd non aveva proposto la lista unica, ma al contrario aveva imposto il proprio candidato al grido garibaldino o Roma o morte?

La legge Delrio era già in vigore e quindi anche la casa dei Comuni e dei sindaci citata da Soldo già in cantiere.  Il centrodestra già indisciplinato. E lui, già segretario Pd. Ogni tessera del puzzle identica a quelle di oggi.  Un noiso déjà vu.

Cosa è cambiato di tanto radicale da spingere Soldo a ipotizzare un desco unico con acerrimi avversari che condividono d’amore e d’accordo pranzo e cena?  In soldoni, sia concessa la battuta, cosa spinge Soldo a proporre ad Alessandro Portesani e Andrea Virgilio di giocare nella stessa squadra provinciale?

Punto sei.  Il segretario Pd avverte «Scrivere periodicamente del rischio di “inciucio”, di accordo precostituito che esclude i cittadini e via dicendo, non aiuta l’istituzione e non aiuta i cittadini e gli imprenditori che nella Provincia e più in generale, nelle Istituzioni, hanno ancora un riferimento».

Gli imprenditori non sono cittadini? Pleonastico citarli. Perché non metterci anche commercianti, artigiani, pendolari, studenti? Un’inezia, ma potrebbe aiutare ad una lettura più precisa e approfondita  dell’intera vicenda.

Punto sette.  Soldo non valuta che la lista unica potrebbe fare incazzare i sindaci dei piccoli Comuni? La legge Delrio impone il voto ponderato, proporzionale al numero di abitanti rappresentati da ogni singolo elettore.  Crema e Cremona valgono 58 comuni al di sotto di tremila abitanti. Due Comuni contano più del 50 per cento dei 113 dell’intera provincia. I voti non si contano, si pesano.

 I sindaci e i consiglieri dei piccoli Comuni ringraziano.  Per quale motivo dovrebbero recarsi il 29 settembre a Cremona a una votazione che li relega al ruolo di portaborracce e non valere un piffero?  Nessuno.  A maggior ragione se è impedita la possibilità di scelta. Se c’è un unico piatto e non contemplato un quorum sotto il quale la consultazione non è valida.

Nel saggio La democrazia dei signori, Luciano Canfora disserta sul passaggio del potere nelle mani dell’esecutivo e la contemporanea riduzione delle assemblee elettive a ruolo di passacarte, che ratificano decisioni già prese. 

È la casa dei sindaci e dei Comuni. Sono i luoghi di coordinamento e programmazione territoriale di Soldo. È la fregatura della lista unica, grimaldello per decidere senza controllo. L’Abracadabra della magia che trasforma l’inaccettabile in accettabile.  C’è poco di divertente.  Non ci sarà una risata che vi seppellirà.  Non resterà che piangere.

E poco importa se in altri territori più vasti del nostro la lista unica sarà utilizzata. Se altri fanno cazzate non esiste alcun obbligo di imitarli.  Piccoli ma non ciula.

 

Antonio Grassi

4 risposte

  1. Sono contrario alla lista unica che rappresenta una abdicazione ad un minimo di discussione politica e, nel caso di Cremona, un’ammucchiata amorfa che confermerebbe ancora una volta il trasformismo e il consociativismo che caratterizza da anni il panorama politico cremonese. Se poi la lista unica è la soluzione preferita dall’ ex on. Pizzetti, beh, questa è una ragione in più per essere contrari

  2. Troppo bello l’articolo Antonio !!! Mi auguro che in molti lo leggano….dubito però di una lettura di massa , troppo dentro nelle scabrose tematiche del sistema per un consenso ragionato da parte di noi comuni cittadini che come sempre saremo in balia di questi scienziati della politica, che sicuramente fanno di tutto per complicarci la vita a loro vantaggio. Comunque bravo Antonio 10 +

  3. Ottimo articolo; questi “minestroni “ proposti come strategie innovative non fanno che confermare l’agonia di una politica che si agita invano perché imbrigliata nella propria inettitudine. E “chissene” degli elettori.

  4. Ennesimo attacco al PD e al segretario cremonese. Chissà che cos’hanno fatto a Grassi? Al di là di questo, però, il centrodestra che dice delle osservazioni elencate? Nulla?

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