È di questi tempi il cinquantesimo anniversario del film di Steven Spielberg Lo squalo (20/06/1975), che consacrò Spielberg come regista, ma che suscitò reazioni fortemente contrastanti: dalla standing ovation all’esecrazione dell’autore per aver rovinato la reputazione degli squali, provocando un allarmismo popolare ingiustificato, a detta di certi animalisti. In realtà, tanto clamore produsse solo una grande confusione, di cui ahimè paghiamo ancora oggi tristi conseguenze, perché contribuì a portare l’animalismo radicale, divinizzante, su posizioni ancora più rigide, fanatiche e intransigenti.
C’era bisogno infatti del film di Spielberg per capire la pericolosità degli squali?
Assolutamente no, perché la realtà è ben peggiore del film. E questo dimostra che la gente spesso non si documenta, ma conosce gli eventi attraverso la finzione cinematografica. Ciò soprattutto in quei tempi quando mancava internet, che avrà pure mille difetti, ma che ha inequivocabilmente il pregio di essere una biblioteca infinita, che ti permette di accedere con grande facilità a notizie provenienti da ogni parte del mondo, che una volta ti sognavi di poter trovare. Allora i mezzi di comunicazione erano più limitati e quindi le notizie più facilmente censurabili, se scomode.
D’altra parte uno dei motivi che spinse Quint, novello Acab, uno dei protagonisti del film, alla caccia spietata e vendicativa dello squalo, fu proprio un fatto vero di cui fu superstite e cioè l’affondamento della nave Indianapolis, di cui ho già parlato, i cui naufraghi a centinaia furono uccisi o divorati dagli squali.
A confronto, le poche vittime del film sono una miseria.
Guarda caso, il racconto del naufragio fu bruscamente interrotto. E da chi? Dallo squalo che proprio in quel momento decise di attaccare la barca, metafora della censura animalista che in maniera anche brutale cerca di rimuovere, di negare, di nascondere la realtà ai più perché la gente non si faccia delle “strane idee” sul dio squalo, e ne abbia giovamento anche il turismo, il cui possibile danno dagli eventi tragici, colse anche il sindaco di Amity, l’isola del film, ritardando perciò di dare i dovuti allarmi.
Si realizza così una singolare sacra alleanza tra animalismo e sfruttamento turistico che invece dovrebbero essere tra loro agli antipodi.
Nella realtà, Thadeus Kubinski, in Florida, fu divorato sotto gli occhi della moglie, impotente, la quale disse che le pareva di rivivere una scena orribile del film di Spielberg. Peccato che questa non fosse una finzione, e che fatti così atroci siano accaduti molte volte, tra i quali uno dei più spaventosi fu quello della povera australiana Shirley Ann Durdin.
A volte capita che uno squalo non divori completamente un essere umano. Basta che lo ammazzi, come successo al fotografo Maurizio Sarra nel 1962 al Circeo o alla 18enne brasiliana Bruna Da Silva Gobbi, morta dissanguata appena arrivata in ospedale, dopo che uno squalo le aveva strappato un polpaccio.
Ma a volte basta molto meno per suscitare un giustificato timore, come nel caso di Connor Baker in Florida, al quale uno squalo il 5 luglio 2024, procurò gravi lesioni tendinee a un piede alle quali sopravvisse, ma con la prospettiva di mesi di riabilitazione prima di rimettersi a camminare. Connor non fu attaccato al largo, ma con l’acqua alle ginocchia mentre giocava a pallone coi familiari.
In altri casi è stato amputato un braccio, una gamba, una mano o entrambe, come successo a una turista canadese nel febbraio scorso alle isole Turks e Caicos. S’era avvicinata per fotografare il pescecane che non ci pensò due volte a staccarle entrambe le mani. Forse qualche animalista le aveva detto che si poteva fare, che gli squali non sono pericolosi, come alle Maldive.
Alla piccola Leah Lendel, 9 anni, è andata meglio. L’11 giugno scorso di mani uno squalo gliene ha staccata una sola, ma l’hanno poi ritrovata e pare anche riattaccata.
Che dire quando si vedono adolescenti senza un arto, due, o con una protesi al loro posto. Valeva la pena rischiare? A quanto pare sì, visto che tutti o quasi, dopo l’incidente si fanno riprendere sorridenti, gli anglosassoni in particolare, come se quell’arto meccanico o quell’invalidità permanente fossero dei trofei!
C’è poi chi decide di rimanere senza protesi: monchi a vita, come la surfista Bethany Hamilton, alla quale all’età di 13 anni alle Hawaii, uno squalo staccò un intero braccio. È rimasta senza! Così bella che era! Eppure di fortuna poi ne ha avuta, visto che s’è sposata, ha avuto quattro figli e che è diventata famosissima grazie anche allo squalo.
In alcuni casi la sorte è stata rocambolescamente fortunata.
Il sudafricano Shannon Ainslie, il 17 luglio del 2000, all’età di 13 anni, mentre surfava fu attaccato da uno squalo bianco che puntò dritto alla sua testa. L’avrebbe decapitato se qualcun altro non fosse intervenuto in suo soccorso. E cioè chi? Un altro squalo bianco che contemporaneamente lo stava attaccando (di duplice attacco dunque si trattava) , il quale mordendolo a una mano, lo spostò dalla traiettoria dell’altro che stava arrivando di gran carriera, mancando perciò il bersaglio.
A Matt Wilkinson, campione australiano di surf, andò ancora meglio. Stava padellando sulla sua tavola, quando a sua insaputa uno squalo bianco incomincio ad attaccarlo. Gli girò attorno, ma quando gli arrivò ai piedi, sorprendentemente e repentinamente scappò come spaventato senza toccarlo. Che fosse stato l’odore dei piedi di Matt, che magari non s’era lavato? Nel dubbio, meglio non lavarsi affatto prima di immergersi, potrebbe essere un ottimo repellente salvavita dagli squali.
Più sicuro comunque fare il bagno in piscina.
A Paradise Island, un resort di lusso delle Bahamas, si erano inventati una “figata”: ” la passeggiata con gli squali “, in una delle piscine con tanto di muta e istruttore dai 10 anni in su.
Nel gennaio del 2024 una famiglia del Maryland decise di mandarvi dentro il figlioletto di 10 anni che fu immediatamente aggredito. Un testimone disse: “Ho visto solo una pozza di sangue” . Ricoverato in condizioni gravi ma stabili, non si seppe mai il nome del ragazzo, né come andò a finire.
Un rilievo inquietante fu scoprire che tipi di squali avevano messo in piscina: 1) i nutrice, ritenuti super innocui, quelli in mezzo ai quali la gente nuota e si fa immortalare alle Maldive, e gli squali della barriera corallina caraibica che proprio così tranquilli non sono!
Ebbene, colpo di scena! Da chi era stato aggredito il ragazzino? Da un nutrice, quello innocuo!
Documentandomi ho scoperto che il nutrice ne ha combinate di belle! A partire proprio dalle Maldive. Due influencer russe, Nastya Vitonova ed Elena Boyko, nel febbraio scorso, sono state aggredite a una mano, e nel 2024 un ‘influencer brasiliana, LilianTagliari, a una gamba. Una modella 19enne, Katarine Zarutskie, alle Bahamas però, mentre si faceva immortalare a fare il bagno coi nutrice, fu morsa a una mano.
In altri casi, il nutrice ha attaccato senza poi mollare la presa, neppure da morto. È successo in Florida alla Jenessen Beach a un uomo che si fece ritrarre sorridente con lo squalo penzolante a un braccio., e a una ragazza sempre in Florida, alla Boca Raton Beach.
Erwin McCarty, invece, nel 2017, lo squalo se lo trovò attaccato alla pancia, e le manovre di distacco del pesce non furono né brevi né indolori.
Ebbene, se tutto questo è successo grazie agli squali più innocui, figuriamoci cosa può succedere con gli altri, i più aggressivi, a partire dal grande squalo bianco, al leuca (bull), al tigre, al mako, al pinna bianca longimano, agli squali tappeto (Wobbengong Shark ), ai grigi, ai lemon…
Non rimane allora che stare sulla terra e giocare a golf. Sempre che ad uno squalo non venga in mente di saltarti in testa, piovendo dal cielo. S’è rischiato che questo succedesse veramente il 18 maggio scorso a Myrtle Beach, nella Carolina del sud (Usa), ove uno squalo martello è letteralmente volato su un campo di golf.
Come sia capitato il fatto lascio a voi andarlo a scoprire, ma certamente a inventarsi anche questo, Spielberg non ci sarebbe arrivato!
Stefano Araldi
10 risposte
Buongiorno dott. Araldi, ciao Vittoriano. Il film “Lo squalo” fece talmente tanta risonanza che, dopo la sua uscita, molte località balneari statunitensi ebbero una caduta nelle prenotazioni per la “sindrome da squalo”. Madre natura, l’unica vera statista al mondo che sa capire ed adattarsi sempre al meglio, può essere spietata, del resto nella piramide alimentare un predatore in cima alla stessa non esiste realmente se non la Natura stessa. Gli squali sono pericolosi, gli orsi pure, anche un cane o alcuni tipi di felini lo sono, ma anche rettili o anfibi, l’aggressività, il bisogno di protezione o le necessità di sopravvivenza degli stessi determinano la pericolosità, Se un crotalo è meno velenoso di un serpente di mare laticauda ne compensa la pericolosità con la sua aggressività. Oltre al film lo squalo, a questo punto, andrebbe ricordata la pellicola “L’orca assassina” film di poco successivo ma molto meno ricordato di quello di Spielberg che mette al centro un mammifero marino tra i più pericolosi – anche per gli squali – esistenti sulla terra. A Miyakojima e Okinawa i cartelli posti nelle zone per bagnanti mettono in guardia da squali, barracuda, pesce scorpione, polpo blu e similia ma, soprattutto, al più pericoloso di tutti, “l’innocente” a prima vista cono geografico, detto anche la conchiglia assassina, per questo le zone per bagnanti sono delimitate da boe e reti. Saluti
Grazie Marco Bragazzi. A proposito di orche ricordo la storia di Tilikum e dell ‘errore di mantenere animali del genere in cattività per il divertimento circense.
Grazie Dott.Araldi per la meticolosa ricerca di queste notizie. Credo che non sia così semplice e tranquillo pensare di fare un bagno in un mare dove potresti avere la possibilità di perdere un arto o addirittura la vita.
Bravo dottor Araldi! Complimenti per la corposità dell’articolo, per la ricchezza delle citazioni – frutto evidente di una ricerca seria ed accurata – e… bravo per quel gran finale a sorpresa, al quale persino la fantasia fatica ad arrivare. Il tema affrontato è profondo e mette bene in luce come, troppo spesso, per motivazioni economiche o per timore di entrare in conflitto con posizioni divergenti ( come quelle dell’animalismo radicale), si preferisce tacere o minimizzare la pericolosità di certe realtà. Un atteggiamento che, purtroppo, comporta rischi enormi per le persone. Occorrerebbe un’informazione più coraggiosa e meno condizionata.
Gli squali e la loro pericolosità, sono ben descritti dal dottor Araldi che ci guida nella riflessione per elaborare pareri personali.
Dalla fantasia nei film di Spielberg alle tragedie via via verificatesi in tempi diversi, è dimostrato che gli squali, e direi gli animali in genere, non meritano di essere divinizzati come spesso sentiamo nelle cronache.
Opportuno invece riconoscere che il fanatismo può portare a sottovalutare situazioni di reale pericolo anche irreversibili.
La natura è arbitro e gli uomini sono giocatori che possono disputare la partita solo alle sue condizioni.
Complimenti dottore per la completezza della sua ricerca!
Non metterei sullo stesso piano ogni specie di animale, ma farei un distinguo indispensabile tra animale domestico e quello che non lo è, peggio se predatore. Concretamente, trovo una certa diversità, non solo morfologica ma soprattutto comportamentale, tra squalo, lupo, orso e altri animali dal comportamento aggressivo e i miei golden retriever che pensano solo a mangiare, bere e dormire.
Grazie Dott.Araldi per questo articolo che ci induce ad una seria riflessione sulla pericolosità di questi animali.
Complimenti per la ricchezza dei particolari, frutto di uno studio approfondito ed accurato, con cui vengono descritte le situazioni di chi purtroppo ha avuto il contatto con uno squalo.
Complimenti per le ricerche e l’articolo
Complimenti dottore per la tempestività: è arrivato prima di tutti nel ricordare il compleanno della pellicola di Spielberg. Ci sono guide di snorkeling, che portano i loro “clienti” a visitare il mare e la barriera corallina, che lì sanno risvegliare emozioni con incontri a tu per tu con creature viste solo a Superquark. Non nascondo di avere partecipato a esperienze di questo tipo facendomi conquistare: era come nuotare in un acquario. La fiducia nella guida che conduceva il gruppo era dunque probabilmente mal riposta? Mi si accappona la pelle! Per fortuna sono qui a chiederglielo tutta intera. Della partita facevano parte anche dei bambini, tra cui mio figlio. Una madre incosciente e snaturata?
A mio avviso c’è molta sottovalutazione del problema e quindi una grave irresponsabilità, ovviamente da parte di chi gestisce certe attività in mare/oceano. Poi se tutto va bene tutti contenti, ma se capita una disgrazia, allora è colpa del caso, della sfortuna, e ti dicono scioccamente che gli attacchi sono rari. Meglio non essere uno di quegli attacchi rari. La gente spesso non sa perché si fida e non si documenta. Un amico mi disse che in una località esotica, l istruttore voleva convincerlo a buttarsi ma lui, prudenzialmente, non lo fece. Non si fido ‘ . Ad un amico di un collega che senza andare tanto lontano, e cioè in Toscana al largo con una barca di pescatori e buttatosi in mare, alla sua domanda perché anche loro non si buttavano, la risposta fu : ” perché non sappiamo cosa c’è sotto “.