L’onore salvato dalla Topolino B

10 Giugno 2023

A Persichello, una frazione del Comune di Persico Dosimo a quattro chilometri da Cremona, alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso era stato inaugurato un dancing all’aperto. All’epoca si trattava di un’attività difficile da avviare, per l’opposizione del clero. Gli alti prelati ritenevano il ballo una tentazione al peccato. Il potere derivava dal dominio delle anime e, soprattutto, dal sostegno della Democrazia Cristiana, il partito di governo, che alle elezioni politiche del 1958 aveva ottenuto il 42,35 % dei voti. Nonostante gli ostacoli burocratici spesso pretestuosi, il dancing all’aperto celebrò la serata inaugurale agli inizi dell’estate. La superficie era stata individuata nel parco dell’asilo materno, nel centro del paese, grazie al fatto che sindaco e giunta, eletti dai 1900 votanti di Persico Dosimo, appartenevano al Partito Comunista.
Come nei racconti di Giovannino Guareschi, a Persichello esisteva un’accesa rivalità tra il parroco e il sindaco. L’inversione di tendenza, che si registrò a Persico Dosimo rispetto all’elettorato italiano che aveva votato DC, si spiegò con il voto dei giovani, conquistati dal programma elettorale, in cui era prevista l’apertura del dancing con la pista da ballo rotonda e il pavimento di legno, con attorno tavolini e sedie, illuminata da palloncini e nastri colorati e con il palco rialzato riservato all’orchestra. Il locale, aperto sabato e domenica sera, aveva attirato fin dall’inaugurazione giovani in cerca di fidanzata e coppie di promessi sposi provenienti anche dai Comuni limitrofi e dalla città. In pista si facevano notare, per i movimenti concitati richiesti dai balli tradizionali, anche coppie mature. Sulle sedie del tavolino vicino all’orchestra sedeva un gruppetto di zitelle, attirato, oltre che dalla voglia di spettegolare su questa o quella ragazza, anche da qualche avventura fuori stagione. Non pochi ragazzotti del paese, essendo l’ingresso libero, stavano a osservare l’ondeggiare ritmico delle coppie danzanti. Paralizzati dalla timidezza, non osavano avvicinarsi alle ragazze rimaste sole al tavolino con la speranza che qualcuno le invitasse a ballare. Erano pochi coloro che, alla ripresa dell’orchestra, trovavano il coraggio avvicinarsi e dire sottovoce: “Balla?”.

Le sere del fine settimana la piccola località era sconvolta nelle sue tradizionali caratteristiche di paesino silenzioso e tranquillo. La gente arrivava in bicicletta, con la Vespa, la Lambretta o in moto, più raramente con l’utilitaria. Il rumore, sommato al volume degli altoparlanti e al vociare della moltitudine, infrangeva la quiete delle sere d’estate.

Il parroco aveva perso il controllo delle anime di numerosi parrocchiani attirati dall’atmosfera peccaminosa del ballo. Alla messa della domenica, durante la predica, tuonava contro quel luogo di perdizione, minacciando il castigo divino, ma le invettive restavano senza risultato. La voglia di tenere stretta tra le braccia una ragazza al suono di un ritmo lento rendeva i giovani, sessualmente a secco perché la mentalità corrente imponeva che la donna doveva tassativamente arrivare vergine al matrimonio, sordi a ogni minaccia di dannazione eterna. Alle 20,30 l’orchestra iniziava con una breve sigla e poi dava il via al repertorio eseguendo gruppi di quattro canzoni intervallati dal “Riposino!”, che annunciava il cantante al microfono. La pista si vuotava, ma dopo pochi minuti riprendeva la serie degli slow, seguiti dai balli veloci con qualche ardita irruzione nella musica americana, che la radio stava facendo conoscere alla gente.

Un sabato sera d’agosto di quell’anno, l’orchestrina stava suonando un brano dal ritmo veloce, che all’epoca incominciava a diffondersi in Italia, il cui titolo, difficilmente pronunciabile, veniva italianizzato in “Ehi! Ba-bu-rì-ba”. Un giovanotto, che stava ballando con la fidanzata, di colpo rimase senza ballerina. Lei, una bella ragazza bruna, siccome il ritmo sincopato richiedeva veloci allontanamenti dei ballerini e successivi ricongiungimenti, nella confusione generale si era trovata tra le braccia di un altro, il quale la stringeva e lei se ne guardava dal divincolarsi. Marietto, questo il nome del giovanotto, rimase inebetito e non trovò la forza neppure di rivolgersi alla sua ragazza per riprenderla tra le braccia.

A quel punto scese dalla pista, uscì dal dancing, salì sulla Topolino B di suo padre e rimase al volante immobile. Aveva capito tutto e fu assalito da un groviglio di pensieri. Lasciarla o cercare di riprenderla, comportarsi da gentiluomo o vendicarsi?

Avviò la macchina facendo gemere il motore con accelerate fuori luogo. Arrivò a casa e prese dal cestello del rammendo di sua madre, che faceva la sarta, un oggetto che nascose in tasca. Fece ritorno al dancing, entro in pista, si fece largo tra le coppie, e lo conficcò nella natica destra della fidanzata mentre stava ancora ballando. Era la forbicina che sua madre usava per i lavori di ricamo.

 

Sperangelo Bandera

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