Lusingato o sollevato

26 Agosto 2022

All’incirca mezzo secolo fa, Quinzano d’Oglio, località di seimila abitanti in provincia di Brescia, incominciava a recuperare il benessere, di cui godeva fin dal tempo degli antichi romani, perduto a causa delle invasioni dei barbari, attirati qui dalla presenza del fiume Oglio. Come conseguenza della congiuntura favorevole che si stava sviluppando, nonostante la crisi attanagliasse il resto d’Italia, sorsero, tra altre attività, anche un paio di autosaloni che offrivano macchine di lusso. Michele, quarant’anni, si era trasformato da mediocre ragioniere di banca in un abile venditore di automobili, che stipulava contratti non soltanto con clienti del posto, ma anche con persone di zone vicine. In paese, accanto all’italiano parlato dalle persone istruite, era in uso il dialetto, la cui melodia era talmente marcata che contagiava anche l’italiano, rivelando l’origine bresciana del parlante. Anche l’eloquio, pur brillante, di Michele era segnato dalla cantilena del dialetto bresciano, ma aveva un modo di esprimersi che gli conferiva simpatia e fiducia. Volto pulito, espressione furbetta, un corpo non particolarmente atletico, amava indossare capi di moda tra i giovani, nonostante non lo fosse più, convinto, sensibile com’era al fascino femminile, di poter
conquistare ragazze. Lo si notava, in ufficio o nel tempo libero, con jeans attillati e con scarpe da ginnastica. E quando il trend impose ai maschi di non indossare più le calze neppure in pieno inverno, fu tra i primi a seguire questa moda, incurante dell’offesa al buon gusto che
recavano le sue caviglie grasse e dei malanni di stagione che poteva prendere. Quando incominciò l’uso del foulard, lui si presentava al bar o all’autosalone con il collo fasciato con seta multicolore.

Una mattina di marzo 2017 ebbe una visione. Seduto alla scrivania del suo ufficio, alle cui pareti facevano bella mostra quadri raffiguranti le dee dell’Olimpo, mentre stava preparando unpreventivo, la porta si aperse: una donna dallo sguardo penetrante, con le rotondità al punto giusto, tendendogli la mano: ‘Piacere Lucrezia’. La voce era armoniosa e attraente come il canto di una sirena. Ma Michele non ebbe l’accortezza di Ulisse, che si era fatto legare all’albero della nave per resistere al richiamo e, buttato nel cestino il preventivo, alzatosi rispose con una voce che tradiva l’emozione: ‘Piacere mio…’, dimenticando di pronunciare il proprio nome.

La signora, di Brescia, intendeva acquistare una Audi TT nuova, che non era disponibile nell’autosalone. Michele le propose un test stradale con un’altra auto simile, ma non nuova. Proposta accettata. Michele, che, come tanti, riteneva che accadesse ciò che si augurava senza una disamina razionale della situazione, pensò che la conquista fosse cosa fatta, anche se emerse che che la signora era signorina e la sarebbe diventata di lì a pochi mesi. Ciò non lo fece desistere e, scendendo dalla vettura al termine del breve giro, le disse che avrebbero potuto continuare la prova la sera successiva. L’aveva poi tempestata di messaggi in cui ne elogiava la bellezza e rivelava la sua ammirazione. Lucrezia, tuttavia, era di quelle donne che illudono di concedersi, ma che, al momento giusto, si ritraggono con loro soddisfazione e altrui delusione. Pregò il marito di andare all’appuntamento con la solita scusa del mal di testa improvviso. Michele non si perse d’animo e fece buon viso a pessima sorte e riuscì a vendere la TT. Gli fu facile dal momento che l’acquisto era già stato deciso.

Tornando a Quinzano, deluso e anche un po’ abbattuto, si riprese ricordando la pillola di saggezza che un amico gli aveva somministrato: ‘Se una donna ti dice sì: lusingato. Se ti dice no: sollevato’. E accelerò verso casa, dove l’aspettavano moglie e figlio.

 

Sperangelo Bandera

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