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Macché città della cultura, morte del teatro a Cremona

12 Ottobre 2021

Con la cultura non si mangia’. Questa infelice frase è stata pronunciata anni fa  da un politico allora in auge. Parole  diventate l’emblema della scarsa sensibilità degli italiani nei confronti delle attività intellettuali che un tempo ci appartenevano.

La cultura stimola il pensiero e il pensiero, a sua volta,  conferisce un’autonomia di giudizio che risulta sovente scomoda per i potenti. 

Cremona non è stata da meno nel seguire quel processo di omologazione che è andato diffondendosi in modo capillare nell’arco di pochi decenni. Ciò ha portato il Paese  ad arenarsi nelle secche dell’inedia culturale. 

‘Cremona città della cultura’ recita uno slogan politico molto sfruttato. E allora come mai si è assistito alla morte lenta del teatro cittadino senza che nessuno facesse niente?

Gli anni mi consentono di ricordare i racconti dei ‘vecchi’ quando nel primo dopoguerra, mentre le macerie ingombravano ancora le strade, sentirono il bisogno di rinascere, di incontrarsi, confrontarsi e parlare, in altre parole  fare cultura. Allora, era il 1949, prese corpo la prima effimera, ma fondamentale, esperienza del teatro stabile della città.  Benzoni, De Marchi, D’Amora e tanti altri furono gli animatori di questa coraggiosa iniziativa.

Effimera, dicevo, perché dopo pochissimo (era il 1951) Leonardo Palandi scriveva:” .. si farà ogni sforzo per attivare il programma culturale pur dovendo superare ostacoli gravi quali situazione finanziaria, l’apatia del pubblico e delle autorità...”.

Fu però un’iniziativa  fondamentale, in quanto diede l’abbrivio per la nascita di compagnie amatoriali che riuscirono, con autentica passione, a dare un significativo contributo alla cultura cittadina. I cremonesi poterono così conoscere testi allora all’avanguardia e che poi sono diventati classici. Bisogna tener conto del fatto che negli anni Cinquanta Pirandello, Beckett, Ionesco  e altri potevano risultare inquietanti  ad un primo approccio, tuttavia questi artisti coraggiosi seppero correre il rischio esponendosi in prima persona.  Alla fine però l’ottimismo della volontà non riuscì ad arginare  il pessimismo della ragione; la mancanza di fondi e di spazi vanificò lo sforzo di mantenere in vita quello straordinario progetto culturale.  

E oggi? Per me la situazione non è  cambiata: sia i fondi che l’apatia sembrano essere  gli stessi di settant’anni fa; dei teatri cittadini solo il ‘Ponchielli’ funziona a tempo pieno.

Il Politeama -Verdi ha chiuso definitivamente i battenti nel 1969 (non era agibile secondo i criteri vigenti e nessuno ha cercato di ovviare alla situazione). 

Nel  teatro Monteverdi è attiva una scuola amatoriale, ma da solo non riesce a soddisfare le richieste di ‘ospitalità’ di altri gruppi.

Il teatro Filodrammatici  ospita una scuola amatoriale e non c’è  posto per altri gruppi in quanto funziona come cinematografo per quattro giorni a settimana. Questo la dice lunga sulla sensibilità dei membri del circolo afferente al teatro stesso. A tal proposito ricordo che tanti anni fa fui chiamato, insieme ad altri miei coetanei, a far parte  del circolo in qualità di ‘socio giovane’. Di quel luogo ricordo teste canute chine sulle carte da ramino e una soffitta i cui scaffali erano stracolmi di riviste e copioni teatrali di ogni tipo, tenute insieme  in voluminosi raccoglitori; un vero e proprio patrimonio. Nessuno, né giovani né anziani, si sognava di consultare o riordinare quel prezioso materiale, forse destinato  ad essere divorato dalla muffa o dai topi. Non saprei dire se in  tutti questi anni qualcuno si sia preso cura di quella biblioteca. 

Si parla  di ristrutturare il Cittanova allo scopo di dare nuovi spazi ai gruppi amatoriali, restiamo in fiduciosa attesa degli sviluppi. 

Carmina non dant panem” recitava un detto latino  anticipando di qualche secolo le parole del politico cui accennavo prima. Tutto questo testimonia  la  radicata convinzione che artisti e teatranti siano perditempo che preferiscono divertirsi invece di lavorare. Forse nella Roma antica chi viveva di canti e recite faticava a sbarcare il lunario (sinceramente non penso fosse così per tutti), ma oggigiorno è  necessaria una revisione di questo luogo comune.

Il teatro è parola e gesto  che stimolano la riflessione,  forse è questa la ragione per cui non c’è molto entusiasmo  nel riattivarlo? 

La risposta sembra essere  quella di sempre: dai politici (quelli che da decenni promettono treni puntuali) e dai potenti (quelli che non vogliono che Cremona abbia collegamenti moderni con i centri viciniori) non ci si può aspettare altro che atteggiamenti deludenti. Come sempre. 

E i cremonesi? Continuano ad aggirarsi con occhio attento alle buone occasioni fra le bancarelle del mercato. Come sempre, anzi, come da copione.

 

 

Giuseppe Pigoli

5 risposte

  1. Vorrei ricordare che il presidente Mantovani e il Consiglio con lungimiranza decisero di affidare all’Archivio di Stato di Cremona tutto l’archivio della Società Filodrammatica Cremonese con la ricca biblioteca.
    In Archivio il materiale è stato diligentemente riordinato a disposizione di tutti.
    L’archivio del Filo è stato dichiarato di notevole interesse storico dal competente Ministero

  2. Un tempo ogni parrocchia aveva il suo “cinema-teatro” e la sua brava filodrammatica. Alcune funzionano ancora egregiamente (San Michele), Alcune, a suo tempo gloriose come lo “Zaccaria”, pur massacrate da interventi devastanti, in parte dovuti a mani grossolane e in parte a madre natura, potrebbero essere facilmente recuperate. Altri teatrini (persino in palazzi privati) sono raramente usati e quello esistente presso il locale provveditorato agli studi credo sia abbandonato da oltre mezzo secolo. Certamente altre forme di comunicazione e spettacolo oggi sottraggono tempo e appassionati alla attività teatrale, forse troppo dimenticate soprattutto dalle scuole superiori. Credo esistano però ancora ampi spazi e occasioni di recupero, o almeno lo spero, Recuperando l’ex Asilo Martini, il Comune di Cremona, creò le premesse perché l’eccezionale esperienza del bravissimo Gruppo Studio Teatro non andasse dispersa, ma i risultati concreti sono ancora da vedersi.

  3. Desidero ricordare che alla scuola media Virgilio la nobile arte del teatro fa parte integrante del piano dell’offerta formativa. La prof. Cinzia Cavalli porta avanti l’esperienza teatrale con le sue classi e anche con un laboratorio opzionale molto apprezzato dagli alunni. Qualche anno fa la terza A vinse un prestigioso premio nazionale a Crema nell’ambito del Franco Agostino Teatro Festival che porto’ l’intera classe a esibirsi al Piccolo Teatro di Milano in una indimenticabile serata. Insieme alle colleghe Alessandra Fiori e Silvia Cibolini e’ stato allestito lo spettacolo ‘ Figli di 21 madri’ sul ruolo delle donne nell’Assemblea Costituente. Qualche anno fa i laboratori pomeridiani di teatro, viste le richieste avanzate dalle famiglie, furono addirittura due, con la prof. Ornella Arcuri a dirigere il secondo. I ragazzi amano il teatro, bisogna lavorare al loro fianco.

  4. Mi conforta non poco sapere che il teatro viene coltivato dai ragazzi, questa nobile iniziativa didattica lascerà un segno che , ci auguriamo, stimolerà la “tranquillità “ cremonese. Complimenti vivissimi.

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