Le tette al vento hanno compiuto il miracolo. Hanno risvegliato Cremona dal torpore. Una scossa elettrica ha attraversato la città. Uno tsunami ha investito la calma piatta provinciale. Niente di straordinario, il seno in questione era della Madonna, specialista in miracoli. È stata una cavalcata delle valchirie, un crescendo rossiniano di prese di distanza, disdegno, di vesti stracciate. Di distinguo, alcuni dotti, altri rozzi, molti banali. Un fuoco di fila. Un minestrone di argomenti seri e di stronzate immonde contro il manichino blasfemo portato a spasso per le vie della città durante il Cremona Pride, processione laica del 4 giugno. È stata una schiera di lavandaie impegnata per cancellare l’onta di un’offesa ai cittadini e alla città. Per ribadire il dovuto e doveroso rispetto verso i fedeli di una religione. È stata l’armageddon del torrone e della mostarda senza la colonna sonora degli Aerosmith e nessun Bruce Willis tra i protagonisti. Come nella pascoliana Cavallina storna, alto si è alzato un grido: vade retro satana.
Sono intervenuti tutti. Dal Lorenzo de’ Medici del Torrazzo, Cavaliere per antonomasia, Signore dell’acciaio, Giovanni Arvedi al vescovo misurato e discreto, monsignor Antonio Napolioni. Dal sindaco sorridente Gianluca Galimberti ai riservisti incerottati dei partiti. Dal presidente del club ex giocatori di lippa a quello dell’associazione degli origami. Dai benpensanti ai malpensanti. Dagli intellettuali ai bisognosi di iperossigenazione. Dagli intelligenti ai coglioni. In un lampo il consiglio comunale ha approvato un documento di dura condanna dell’episodio con due astenuti: Stella Bellini e Lapo Pasquetti. Fuori dal coro, meritano una citazione. I guardiani dell’ortodossia hanno recitato, in piazza Duomo, un rosario riparatore dell’oltraggio.
Matteo Salvini, condottiero della Lega con le polveri bagnate, è salito sul cavallo della propaganda e ha tuonato «Giù le mani da Maria». (Cremonaoggi, 6 giugno). Cazzutissimo, ha fatto tremare i polsi agli autori della provocazione. Poi è sparito, inghiottito da nuovi twitter e da altre crociate, la campagna di Russia in primo piano. Isabella Rauti, senatrice, responsabile nazionale del Dipartimento di Fratelli d’Italia Pari opportunità Famiglia e Valori non negoziabili, ha presentato un’interrogazione a risposta orale ai ministri di Interno e Cultura. «Il governo – ha precisato con piglio militaresco e decisionista – ha il dovere morale di far rispettare i simboli religiosi, e quello che si è verificato al Gay Pride di Cremona è un atto blasfemo». Conquistato il titolo sui media, l’amazzone di Fratelli d’Italia e della cristianità si è dileguata. Una pioggia di critiche si è abbattuta sull’amministrazione comunale per il patrocinio concesso alla manifestazione, ma solo dopo il fattaccio. Non prima. Se il suggello comunale al corteo era inopportuno e slegato dalla presenza della Madonna a seno nudo, allora il chiodo bisognava piantarlo al momento dell’imprimatur. Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Se la sua coscienza è intonsa ed è pronto per lanciarla attenda ancora un attimo per un salto nel passato. La verifica potrebbe evitargli l’accusa di doppiopesismo. La memoria è infatti corta e la rimozione in politica è pratica quotidiana e abusata.
Nel giugno 2o09, il centrodestra governava Crema con un sindaco convinto leghista. La città ospitava Art Shot, manifestazione artistico-culturale organizzata dalla consulta giovanile, Orientagiovani, e la benedizione dell’assessorato alle politiche giovanili. Nel programma una mostra di trenta artisti al Sant’Agostino. Tra i cento lavori esposti e selezionati dagli organizzatori si distingueva Save the Children, quadro enorme contro i preti pedofili firmato dal ventitreenne Nemo. Il quotidiano La Provincia così descriveva l’opera: «Raffigura un prete alto, massiccio e imponente che ha di fronte inginocchiato un bambino. La testa del fanciullo è all’altezza del pube del prelato che brandisce una croce. Di fianco sulla sinistra lo stesso bambino (o forse un altro) che si pulisce la bocca disgustato per quello che è stato costretto a fare». (20 giugno 2009). L’articolo è corredato dalla foto di Save the Children. Il lavoro resta in mostra per cinque giorni. Poi qualcuno se ne accorge. Scoppia il finimondo, ma poca cosa in confronto con quello del Cremona Pride. La pietra dello scandalo viene rimossa. Il sindaco chiede scusa al vescovo. La polemica finisce.
Pochi anni dopo, un prete cremasco viene condannato per abusi sessuali su minori. Il mese scorso Crema News ha pubblicato (21 maggio) la notizia che l’ex prete è stato escluso da un’associazione cremasca che si occupa di accoglienza di minori. Associazione alla quale il tizio ancora apparteneva in qualità di socio fondatore. Ma questo non fa rumore. Il silenzio regna sovrano. I provocatori della Madonna a seno nudo sono in buona compagnia. Anche Chiara Ferragni, la cremonese famosa nel mondo, è stata denunciata per blasfemia dal Codacons, la più nota delle associazioni dei consumatori. In una foto pubblicata dal settimanale Vanity Fair nel settembre 2020, il volto dell’influencer sostituiva quello della vergine Maria nel dipinto Madonna con bambino di Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato. Per i Torquemada dei diritti dei cittadini, lo scambio rappresentava una «grave mancanza di rispetto per i cristiani, per l’intero mondo religioso e per l’arte in genere». Partiva la denuncia alla Procura della Repubblica e al Ministro dei beni culturali. Da un estremo all’altro.
«Non c’è più religione», direbbero ambigue, ambivalenti, sconcertate le nonne di un tempo. Se la perplessità alberga anche nelle pie donne, casa e chiesa, allora non è illogico porsi una domanda. Il seno al vento della Madonna meritava tanta pubblicità? Difficile rispondere. È innegabile però che abbia giovato agli autori. La visibilità mediatica ottenuta vale molto di più del marchio di blasfemi che si sono guadagnati sul campo. Tanta disapprovazione è stata una medaglia al valore. Un 30 e lode per il master di provocazione organizzata. Un vaffanculo di ringraziamento e il dito medio alzato per baciabalaustre e simili. Per l’establishment in generale.
Sarebbe interessante ampliare il discorso al situazionismo, ma è materia per filosofi, sociologi e mass mediologi. Si potrebbe discutere della Virgin Mary, alias Toxic Mary di Banksy, osannato esponente della street art. È una Madonna che allatta un bambino con un biberon sul quale c’è un teschio. Insomma, è un avvelenamento. Più traumatica del manichino di Cremona, l’immagine non scandalizza alcuno e la gente paga per vederla alle mostre.
E qui finisce il condizionale e subentra l’imperativo che impone di riflettere sui comportamenti della città e della politica. Entrambe reattive e toste nello stigmatizzare la provocazione del seno nudo della Madonna, sono mosce e abuliche nel difendere i diritti dei cittadini e gli interessi del territorio. Perché non impiegano altrettanto zelo per migliorare la qualità dell’aria e togliere Cremona dal secondo posto tra le città più inquinate d’Europa? Perché non sollecitano la conclusione dell’indagine epidemiologica? Perché non pretendono di conoscere i dettagli sui servizi del futuro nuovo ospedale, ottava meraviglia del mondo e la destinazione di quello attuale? Perché non urlano a chi li rappresenta nelle istituzioni di smetterla di scannarsi per i consigli di amministrazione di società pubbliche, enti e organismi che prevedono prebende? Perché non si battono con maggior impegno per l’unità del territorio? Perché non sputano sangue per una politica protagonista e non succube dell’economia e della tecnica?
La Madonna con il seno al vento non è stata il massimo della raffinatezza. È stata una volgarità. Ha urtato la sensibilità di molti, ma non è stata il male assoluto. C’è di peggio: il territorio sfilacciato, la carenza di leader, l’incapacità di programmazione. E ai politici piace il consenso facile. Scandalizzarsi per il seno nudo della Madonna è la scorciatoia per il trionfo. Scontrarsi per l’ambiente è più faticoso e si rischia la sconfitta.
Spiegato il busillis. Elementare Watson.
Antonio Grassi
Una risposta
Come sovente accade, Grassi dice cose condivisibili.
È arduo riassumere, ma direi che quella volgare esibizione in vilipendio della Madonna è esplosa negli occhi e nelle coscienze perché era innegabilmente visibile e circoscritta. La classica goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Era attaccabile: altro – e di molto più grave – non lo è mai, perché è così parte del sistema e dallo stesso protetto, che ogni possibile reazione viene vanificato a prescindere. Diverso sarebbe se nelle singole coscienze ci fossero, saldi, quei valori che emergono solo a provocazioni tanto brutte quanto inutili, innocue al sistema, briciole sulle quali azzuffarsi perché nulla di più concreto accada.
Siamo ridotti così.
Viviamo immersi nel degrado e non facciamo neanche un girotondo.
Viviamo circondati dalla bellezza, e non pensiamo che tocca a ciascuno difenderla.
Siamo pagliacci dolenti di un circo dove un manichino fetish viene paragonato ad opere d’arte dove la nudità era sacra, e dove nessuno mai per secoli ci ha visto qualcosa di diverso dal mistero della maternità divina e dal mistico ideale femminile.
Siamo bassi, spogli, bavosi nella polemica quanto incapaci di un vero riscatto nel costume e nell’etica del comportamento.
La Madonna è stata vilipesa perché la religione ha represso per secoli la sessualità alternativa a quella finalizzata alla procreazione e oggi, nei clamori delle piazze, anche i puri di cuore che parlano d’amore vengono sopraffatti da chi vede nella libertà sessuale il primo e principale obiettivo da rivendicare al mondo. Usare il simbolo di purezza e di amore assoluto per eccellenza significa piegare al potere del sesso qualsiasi principio che se ne distacchi. Sporcare la Madonna non è stato un caso. Nella memoria ancestrale degli autori era ben chiara la volontà di affermare l’esatto contrario. Sfregiando l’immagine di una donna che si è data pura all’amore assoluto, era chiarissima l’intenzione di dichiarare che la battaglia non è tanto per i diritti, quanto per il semplice sesso.
Ed è questa la grande tristezza.
Così come non arriva la reazione matura e orgogliosa della gente davanti alle tragedie vere, non arriva nemmeno la voce corretta e dignitosa di chi invoca diritti e riconoscimento.
Questa è una storia di decadenza, dove le voci nobili di pochi illuminati si perdono in masse di parole e slogan che arrivano da ogni dove, ma purtroppo sempre più a corta gittata.