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Mamma sono gay

29 Settembre 2023

“Mamma devo dirti una cosa, ma non dirla al papà. Lo sanno tutti, comprese le mamme dei miei amici, solo tu non lo sai: sono gay. Sto con uno”. La notizia è arrivata dritta  come una freccia nel tirassegno. Carlotta avrebbe voluto stabilire un contatto, visivo, fisico, un abbraccio, un segno di accoglienza, anche se lui era serafico, non sembrava averne particolare bisogno, ma stava guidando e non poteva accostare, nella sua mente frullavano un milione di pensieri, tutti accartocciati. Lui proseguì, tranquillo: “Ci ho riflettuto a lungo, a me le ragazze piacciono molto, sto benissimo con loro, ma non mi attraggono”. Carlotta voleva mettere ordine nei suoi pensieri prima di parlare, quindi prese del tempo, ma a bruciapelo si lasciò sfuggire: “Non sei troppo giovane per avere le idee così chiare? Alla tua età ci può essere un po’ di confusione, soprattutto in una società come la nostra che è sempre più fluida. E poi, scusa, quanti anni ha il tipo con cui stai?” Nella sua testa aveva improvvisamente fatto incursione la storia narrata nel best seller di André Aciman “Chiamami con il tuo nome” con il relativo adattamento cinematografico, storia d’amore e passione sbilanciata per età, fatto che l’aveva un po’ infastidita, quando lo aveva letto. Era lontanissima dall’avere il pathos per fare un discorso toccante come quello del padre di Elio, il protagonista più giovane e ferito per l’abbandono di Oliver. “Strappiamo via così tanto di noi per guarire in fretta dalle ferite che finiamo in bancarotta già a trent’anni”, sono queste le parole pronunciate dal padre. Un invito ad arrendersi all’amore, alla sua forza, ma anche al dolore della perdita, perché è solo passando attraverso il lutto che Elio può tornare ad amare. Carlotta non ce la poteva fare. Volava a frequenze basse. “Quanti anni ha?” “Ha la mia età”. “Ma avete 15 anni, troppo giovani per essere così sicuri, magari ti fabbrichi addosso con le tue mani un’etichetta, che non è definitiva”. Nel libro l’amore non è raccontato come un semplice accadimento, bensì come una scelta. Una scelta che richiede coraggio, ma anche capacità di abbandonarsi, di rischiare per provare qualcosa che renda la vita degna di essere vissuta. Quella storia d’amore si era consumata con passione ed era finita. A Carlotta invece balenava il dubbio che suo figlio non fosse sicuro. “Anzitutto, papà lo deve sapere. Facciamo poi due chiacchiere con uno psicologo, per chiarirti le idee”. “Sono anni che ci rifletto: le mie idee sono chiarissime, rispose lui. Io ho scelto”.  “Non si sceglie di essere gay. Puoi scegliere l’amore. Quello sì. Metti l’amore al primo posto, sempre”, concluse Carlotta.

Erano arrivati a destinazione: un paesino del mantovano dove viveva il nipote di uno scienziato importante, un famoso geofisico, sul quale Carlotta aveva fatto una ricerca tempo prima. Giulio, il nipote, l’ultimo erede, l’aveva aiutata moltissimo, le aveva aperto gli archivi, i ricordi, mostrato strumentazioni e documenti. Erano diventati amici e di tanto in tanto si sentivano al telefono o si vedevano la domenica. Giulio era uno psichiatra, viveva a Milano e solo di tanto in tanto si rifugiava nella casa di famiglia, con tutti i ricordi del nonno, che aveva insegnato a Roma, Napoli e anche alla Sorbona. La casa edificata su una collinetta su un’ansa dell’Oglio era piena di quadri, ricordi di viaggio, soprattutto cimeli africani, ed era circondata da piante e fiori. Giulio collezionava rose. Ne aveva più di 300 tipi. Impreziositi di iris e agapanti. Entrare nella dimora significava entrare in una bolla fiorita e profumata. Giulio conosceva molto bene anche il figlio di Carlotta, la ricerca era durata parecchio e spesso Carlotta portava con sé il figlio. Giulio lo aveva visto crescere. Parlavano spesso insieme. Lo faceva giocare in giardino. Gli raccontava di viaggi e avventure.  

Giunti a destinazione, suonarono il campanello. Nessuno rispose. Carlotta si affacciò, sbirciò dietro al cancello, sembrava tutto chiuso. La sorprese non vedere il badante filippino intento ad armeggiare con qualche foglia secca. Si preoccupò, chiese notizie ad una vicina di casa, che le diede la tristissima notizia: “Giulio è morto due settimane fa. E’ seppellito nella cappella di famiglia”. “E la casa?”. Il pensiero di Carlotta volò immediatamente a tutto il materiale storico che conservava. Quella doveva diventare una casa museo, erano troppo preziose le cose che conteneva. “Il compagno del Dottor Giulio ne ha disposto la vendita”, rispose la vicina. 

Dopo una visita al cimitero, Carlotta e il figlio, rattristati, si sono rimessi in macchina. “Sai mamma, Giulio lo sapeva”. “Che cosa?, rispose Carlotta ormai sopraffatta dagli eventi” “Che io sono gay”. 

Qualche settimana più tardi arrivò una lettera di un notaio di Milano che comunicava a Carlotta di essere stata inclusa nel testamento. Giulio aveva voluto lasciarle un ricordo tangibile della loro amicizia, in segno di affettuoso ringraziamento per aver voluto onorare la memoria del nonno. Soprattutto libri. Ma a sentirsi in debito era Carlotta: Giulio aveva affiancato suo figlio in una fase delicata di scoperta e accettazione. Per primo aveva intuito questa tribolazione interiore e l’aveva ascoltato, con sensibilità e competenza. Giulio aveva aiutato suo figlio a leggersi dentro, come due anime pure sanno fare. 

 

Francesca Codazzi

P.S. Tocchiamo un tema sensibile, speriamo di aver usato grazia, tanti genitori si identificheranno. Il coming out (dichiarare il proprio orientamento sessuale) ai genitori è ultimamente un fatto diffuso. Per questo motivo il figlio del racconto non ha nome. 

 

 

 

 

 

10 risposte

  1. Meraviglioso, seppur breve, racconto. Sei piacevolissima da leggere sempre, ma questo racconto mi ha toccata particolarmente per la sua grazia, appunto. Brava Francesca 🤗

  2. Grazie Francesca, questo tuo racconto mi è piaciuto tanto!
    È molto delicato e toccante…
    La narrazione è sobria , l’ argomento pur delicato viene trattato con una ragionevole serenità.
    Bravissima!

  3. “Io ho scelto”….è la cosa più rassicurante che un genitore può sentir dire da un figlio, per il suo futuro. “Cosa” ha scelto è relativo. Delicatezza sicura Franci. Come sempre

  4. È come uno spezzone di un film….ad un certo punto, scene di vita quotidiana, routine, l’auto, un tratto di strada, la conversazione tra figli e genitori, l’immediatezza dell’adolescenza che passa attraverso la scelta dei momenti che per un adulto non sono mai opportuni, adeguati, consoni…ma per loro, si. Lo sono. La lunga premeditazione si risolve in una frazione di minuti che si riempiono di contenuti che, pensando al contesto del brano, arrivano come una sassata sul vetro anteriore.
    Tac, un rumore secco, ma non per questo la macchina si ferma e il viaggio non si interrompe….così è la vita, semplicemente, con amore, continua.
    Bel racconto Francesca 😊

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