La responsabilità della attuale crisi del sistema sanitario nazionale viene fondamentalmente attribuita al de-finanziamento della sanità pubblica, certificato da tagli per 37 miliardi in 10 anni.
Nonostante le iniziali buone intenzioni dell’attuale Ministro della Salute che prometteva 4 miliardi, ridotti dopo pochi mesi alla metà, arriviamo ora alla proposta di “razionalizzare” la spesa sanitaria, termine che può essere tradotto con “non c’è il becco di un quattrino”, di fatto prospettando ulteriori tagli alla Sanità pubblica. Ovviamente il discorso è assai più complesso e riguarda pure le differenze tra le varie Regioni, ma, almeno a livello ministeriale, sembra di capire che soldi per la sanità non ce ne saranno proprio. Al di là di queste considerazioni ed entrando nel dettaglio dell’emergenza attuale e delle liste d’attesa per prestazioni sanitarie, dovremmo riconoscere anche altre e differenti cause: organizzazione migliorabile delle strutture ospedaliere, carenza di personale sanitario, ridotta azione di filtro della medicina del territorio e conseguente ingorgo del Pronto Soccorso, migliorabile gestione delle risorse, nuove esigenza legate ad una medicina moderna, ritardi nell’aggiornamento tecnologico, supporti informatici da rivedere, inflazione che sta erodendo i soldi del fondo sanitario nazionale, disinvoltura con la quale troppo spesso i soldi della sanità pubblica, proprio perché pubblica, vengono impiegati (anche per iniziative che con l’efficienza sanitaria hanno ben poco da spartire).
Peccato, soprattutto perché la popolazione invecchia e, mentre da giovani si è per lo più sani e si fanno spallucce all’idea di dover ricorrere a medici e ospedali, chi ne ha invece bisogno si accorge delle carenze del servizio pubblico quando è ormai troppo tardi. Il ricorso alle prestazioni a pagamento diventa quindi, per chi se lo può permettere, un elemento di sopravvivenza. Per tutti gli altri vale forse la pena di ricorrere al mitico cero alla Madonna, che qualche volta funziona benissimo.
A fronte di tale situazione, nella quale il problema più importante sembra la carenza di fondi, giunge la notizia che, almeno a Cremona, i soldi ci sono. Ci riferiamo alle centinaia di milioni di euro che, invece di venire impiegati per migliorare i servizi sanitari e venire incontro alle esigenze di una popolazione sempre più anziana e sempre meno assistita, saranno destinati alla demolizione dell’ospedale attuale e alla costruzione di un nuovo edificio.
Abbiamo capito bene? Mancano i soldi per far funzionare meglio gli ospedali, per pagare dignitosamente i dipendenti e invece se ne trovano a bizzeffe per nuove iniziative edilizie? Roba da non credere: nel momento in cui la sanità pubblica sta andando a rotoli e mancano i fondi per personale e attrezzature, qualcuno pensa di impiegare tutti gli spiccioli disponibili per edificare una sorta di monumento alla memoria. Nessuno si domanda perché questi soldi (ma allora ci sono o non ci sono?) non possano venire utilizzati per migliorare l’assistenza. Magari per l’acquisto di nuove apparecchiature diagnostiche, in grado di ridurre anche le liste d’attesa.
Solo per fare un esempio, in Italia la maggior parte delle Radiologie ospedaliere è dotata di un unico apparecchio per TAC e Risonanza Magnetica, utilizzato in prima istanza per i pazienti ricoverati, poi per le urgenze ed il Pronto Soccorso ed ovviamente disponibile per i pazienti esterni solo in seconda battuta. E’ facile pensare che una maggiore (migliore?) disponibilità di strumentazione potrebbe magicamente ridurre i tempi di attesa per tutti i non-ricoverati e quindi ristabilire quel “diritto alla salute” di cui ci si riempie la bocca ma che nei fatti sembra diventato un vascello fantasma.
Lo stesso potrebbe valere per ogni prestazione diagnostica, ovviamente a patto di una migliore organizzazione del lavoro per i sanitari, non disgiunta da una maggiore considerazione nei loro confronti. Troppo semplice? Certo, ma ormai siamo di fronte ad una serie di personaggi (non solo sanitari) che volano alto, troppo in alto per comprendere le sofferenze della gente comune e che considerano l’uso disinvolto del pubblico denaro come un dovere istituzionale.
Spiace dirlo, ma a questo punto l’unica cosa da fare è recuperare la Fede, comportarsi bene, rivalutare il ruolo della preghiera e magari farsi una bella scorta di candele da accendere ai Santi e alla Madonna. E’ vero che non le passa la mutua, però costano poco e non si sa mai che possano dare una mano ad una sanità pubblica passata in pochi anni dall’essere una delle migliori del mondo all’attuale danza sull’orlo del baratro.
Pietro Cavalli
2 risposte
Editoriale da stampare e da rileggere di frequente e da far leggere ed è quello che farò.
Grazie al dottor Cavalli
Emanuela
Al posto dell’attuale direttore generale dell’ospedale metterei il dottor Pietro Cavalli, persona di molto buonsenso e preparato nell’ambito ospedaliero. Chissà!! un primo passo verso impegni sempre più alti nel complicato universo della Sanità. Sicuramente Cavalli farebbe bene!!!