«Lo scrivente ritiene che, nelle condizioni attuali, Acciaierie d’Italia non disponga di una disponibilità di cassa nemmeno sufficiente ad assicurare la continuità aziendale per il solo mese di febbraio; infatti la società prevede a fine febbraio un valore delle disponibilità liquide pari a euro 93 milioni a cui decurtare gli 85 milioni che non arriveranno da Invitalia ed euro 30 milioni addebitati in data odierna (5 febbraio, ndr) da Unicredit». Lo scrivente in questione è Cesare Giuseppe Meroni, l’esperto indipendente incaricato dalla Camera di commercio di Milano per la procedura di composizione negoziata per l’ex Ilva. Lo ha messo nero su bianco nella relazione inviata al tribunale di Milano (un testo di 23 pagine visionato dal Corriere) che ha definito «impraticabile» il percorso di risanamento presentato da Acciaierie d’Italia (società partecipata dal gruppo franco-indiano ArcelorMittal e dallo Stato tramite Invitalia) alla base della domanda presentata. Ne dà notizia il Corriere della Sera.
Nel dettaglio, Meroni sottolinea che «alla luce degli eventi succedutisi nel pur breve periodo intercorso dall’apertura della composizione negoziata ad oggi e, soprattutto, in ragione di quelli accaduti successivamente al deposito del parere sull’inibitoria nei confronti di Invitalia», si prende atto che «da una parte, la posizione dei soci è rimasta sostanzialmente immutata» facendo cadere, almeno nel brevissimo periodo, «il raggiungimento di un accordo tra Invitalia e ArcelorMittal idoneo ad assicurare quel sostegno finanziario indispensabile a garantire la continuità aziendale»; dall’altra parte «le preliminari (seppur generiche) aperture di alcuni intermediari finanziari rispetto a un intervento nel breve periodo paiono allo stato venute meno o, comunque, non realizzabili con le tempistiche imposte dalla attuale situazione», poiché attualmente nessun soggetto terzo interessato ad entrate nel capitale di AdI si è fatto avanti.
A questo si aggiunge «la comunicazione con cui Invitalia ha negato l’erogazione in tempi brevi dei finanziamenti previsti dal piano per il corrente mese di febbraio» e «l’addebito in data odierna da parte di Unicredit della rata da 30 milioni di euro». Per tutti questi motivi «non pare – si legge ancora nel parere – che si possa giungere ad una conclusione diversa dalla sopravvenuta impraticabilità del percorso di risanamento posto a fondamento della domanda di accesso alla composizione negoziata».