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Masterplan 3c vorrei ma non posso, costato una cifra e con mancia a Cremona

1 Maggio 2022

I particolari fanno la differenza.

Il Masterplan 3c, la costituzione dell’Associazione temporanea di scopo (Ats) per implementarlo e la freddezza dei numeri sono dettagli che giustificano alcune perplessità su Cremona capoluogo provinciale e sul suo ruolo di leader, faro e bussola del territorio. Non è lesa maestà credere che sia, invece, una badante con in mano una torcia dalle pile scariche e priva di Google Maps.

La città aspira ad interfacciarsi con il Padreterno, però risulta maggiormente a proprio agio con i mercanti alla fiera dell’usato e del vintage e con i venditori di collanine sulle spiagge, persone degnissime e meritevoli del massimo rispetto, ma privi di una residenza nell’Olimpo.

A Cremona non mancano le eccellenze – la liuteria è ai vertici mondiali – ma sono una nicchia.  Sono il servizio di piatti buono custodito dalla nonna in salotto per essere utilizzato con gli ospiti di riguardo. Sono scampoli di città da sostenere, salvaguardare, pubblicizzare, da non confondere con la normalità. Non sono la carretta tirata ogni giorno, l’inquinamento dell’aria, i servizi sanitari carenti. Non costituiscono termini di confronto e di riferimento per il cittadino. Sono eccezioni.

Per aderire all’Ats, ai Comuni è stato chiesto un contributo economico. Il balzello è stabilito dall’articolo 5 della accordo costitutivo dell’associazione.  Prevede una quota di «euro 0,10 per abitante per i Comuni, con un minimo di euro 100 e un massimo di euro 5.000».

Cremona conta circa 71 mila abitanti.  Se la matematica non è un’opinione, il capoluogo dovrebbe versare 7mila e 100 euro. Si ferma a 5 mila.  Unico Comune ad usufruire di uno sconto, risparmia 2mila e 100 euro. Spiccioli imbarazzanti. È la via cremonese della solidarietà e dell’unità del territorio. Siamo tutti uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri. Succede con gli uomini, capita con i Comuni della nostra provincia.

Cremona è capofila dell’Ats.  Le competono funzioni che gli altri aderenti non hanno, ma la circostanza non giustifica lo sconto sui 0,10 euro per abitante.  Un regolamento funziona se le norme sono generali, non personalizzate. Se per una qualsiasi ragione l’attuale capofila venisse sostituito da un Comune con meno di 50 mila abitanti, verrebbe modificata l’intesa? Si abbasserebbe la soglia dei 5 mila euro?

I particolari fanno la differenza.

Costruire una querelle su 2mila e 100 euro può apparire esagerato e strumentale. Un esercizio da rompicoglioni per partito preso. Se ci si limita alla superficie nessuno nega la reale possibilità di essere tacciati di qualunquismo, disfattismo, sfascismo e altro ancora, anche se i principi valgono sempre e comunque, indipendentemente dalle grandezze e dagli interessi in gioco.

Se si analizza con più attenzione la vicenda è facile accorgersi che la questione è tutt’altro che banale. Possiede una valenza politico-amministrativa non secondaria.   Porre l’accento sulla mancetta a Cremona non è un mero esercizio dialettico mirato a stressare il prossimo, ma un atto politico.

«Per un punto Martin perse la cappa».  Per 2mila e 100 euro la nostra provincia perde una fetta di credibilità, che riduce ulteriormente quella poca di cui ancora dispone.

Il documento sull’Ats è stato preparato e concordato dalle segreterie di partito con l’Associazione industriali, senza il coinvolgimento dei Comuni. Contattati a partita terminata, con l’ordine quasi categorico di salvare il Masterplan 3c vicino alla senescenza, i sindaci sono stati invitati a ratificare, aderire e pagare la quota di adesione all’Ats. Graditi gli applausi.  Bandite le discussioni. Silenziati i chiarimenti degni di questo nome. È storia vecchia come il cucco.

«Paga somaro lombardo», «Paga e tass» hanno fatto la fortuna della Lega all’esordio, quella di Umberto Bossi. Dopo la costituzione dell’Ats è necessario aggiornare gli slogan: «Paga ancamò e tass sempre».

I particolari fanno la differenza.

Coloro che hanno concordato l’articolo 5 dell’Ats o non erano lucidi, oppure avevano motivi precisi e consistenti per accettare di spararsi nelle parti intime. Motivi, ancora oggi, sconosciuti, di sicuro poco pubblicizzati. Si potrebbe considerare l’incoscienza, ma è incompatibile con la politica, dove nulla succede per caso, e con l’intelligenza degli estensori del documento. L’accordo è stato raggiunto dopo un lavoro di settimane, particolare che rende improbabile la mancanza di lucidità e di consapevolezza sulle conseguenze dello sconto a Cremona.

L’Associazione industriali non ha alcun interesse a interferire sulle quote di partecipazione all’Ats. Al contrario, è molto preoccupata di tradurre al più presto in pratica le indicazioni del Masterplan 3c da lei voluto, finanziato e imposto alla Provincia. I principali indiziati del pasticcio sono i segretari di partito. Per la proprietà transitiva, sul banco degli imputati finisce anche la politica.  Vittore Soldo, guida del Pd provinciale, dà forza a questa ipotesi. Con una dichiarazione sul Masterplan 3c, più volte citata e già nell’elenco delle frasi mitiche, ha ammesso «c’è bisogno di spiegarlo ai sindaci, non basta la condivisione tra le segreterie politiche» (Cremonaoggi, 4 febbraio 2022).

La spiega non è arrivata. Ma non è mai troppo tardi ha insegnato il maestro Alberto Manzi con un programma entrato nella storia della televisione italiana.

Perché i partiti hanno optato per due pesi e due misure?

Perché dalla trattativa sono stati esclusi i sindaci, soggetti principali dell’operazione?

Perché Cremona ha accettato di indossare un abito da questuante bisognosa della carità?

Perché per un piatto di lenticchie ha scambiato l’immagine da leader disponibile con gli alleati, con quella del padrone rapace borioso, forte della sua posizione dominante?

I particolari fanno la differenza.

La mancia di 2mila e 100 euro è un’accusa al sistema Cremona, autoreferenziale e miope. Egoista. Definizione inusuale in politica, frequente nel lessico dei moralisti, sintetizza bene l’impressione che lo sconto produce. E’ una riflessione su una provincia ridotta ai minimi termini da una politica bolsa e subalterna all’economia.

La mancia è un campanello d’allarme contro il disinteresse.  Parcheggiata tra i ricordi, le rare volte che torna in pista, la partecipazione, priva di continuità si riduce a un sussulto positivo.  Una botta di vita insufficiente per fermare il vento della delega-salvacondotto, comoda illusione per assicurarsi un quieto vivere fasullo e aleatorio.

 «La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero libertà è partecipazione».  Ma il signor G è archeologia, giurassico.

La mancia è forma trasformata in sostanza, mutazione che raggiunge l’apice con la presentazione del Masterplan 3c al Ponchielli.  Inno al vorrei ma non posso ed esaltazione degli imbonitori del terzo millennio, tecnologici e multimediali e in grande spolvero, l’esibizione meriterebbe un posto nel teatro dell’assurdo. Ma non è un capolavoro. Non è Ionesco. Non è La cantatrice calva.

La mancia è la narrazione dell’assenza di dibattito politico, dialettica, ascolto reciproco. È la diserzione di alcune categorie che potrebbero avviare e alimentare un confronto costruttivo. È la latitanza degli intellettuali, organici o tradizionali, ai quali compete la responsabilità sociale di produrre, diffondere la conoscenza e favorire la trasformazione della società.

I particolari fanno la differenza.

Con l’Ats non si migliora la provincia. Con gli sconti si fallisce. Senza partecipazione si soccombe.  Probabilmente Cremona avrà un ospedale nuovo, ottava meraviglia del mondo.  Non è però escluso, se non cambia rotta, che fra qualche anno si ritrovi con le tende canadesi piantate in piazza Duomo, eventualità non contemplata nel Masterplan 3c.

Documento di orientamento e posizionamento strategico griffato da The European House Ambrosetti, lo studio è venduto per il Nostradamus del nostro territorio. Pagato centinaia di migliaia di euro può solo essere una figata pazzesca.  Letto da pochi, è scivolato sulla miseria di 2mila e 100 euro. Anche questa è la nostra provincia. Ne esiste un’altra. Forse migliore. Ma rimane in silenzio. Se riprendesse a parlare, Cremona sarà faro e bussola.

 

Antonio Grassi

4 risposte

  1. Il panorama, plasticamente descritto, praticamente un cimitero, non lascia campo a ipotesi propositive. Il vuoto della politica occupato malamente dall’economia, la diserzione degli intellettuali, il passivo fatalismo della società civile e il capoluogo di provincia in eterno ruolo di sorellastra cattiva. Allora? Chi realisticamente può spezzare il perverso circuito? Da qualche tempo mi torna in mente la parola MUNICIPALISMO. Vedi Partito Popolare, Sturzo ..e taccio un altro nome per evitare riferimenti forse impropri ma il metodo operativo proposto da uno dei candidati alle ultime amministrative di Roma è una delle poche novità di metodo in un panorama generale sconfortante.

  2. …. non ne usciamo…. fino a quando continueremo a dare audience a certe voci che spesso non sanno cosa dicono questa provincia resterà una “PROVINCIA” senza coraggio, senza grinta, …senza palle!. E se la mettessimo in vendita? ci facciamo comperare da una bella multinazionale che ci mette un AD che parla solo tedesco o inglese così se ne fotte dei commenti del sabato mattina al bar Pierrot perchè semplicemente non conosce il dialetto, se ne frega e va avanti verso il futuro. Ehhh si, il futuro arriva comunque, anche per chi non lo vuole.

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